L’Adunanza plenaria pronuncia ancora sui casi dell’annullamento con rinvio al giudice di primo grado

L’Adunanza plenaria pronuncia ancora sui casi dell’annullamento con rinvio al giudice di primo grado


Processo amministrativo – Appello – Annullamento con rinvio – Art. 105 c.p.a. – Tassatività dei casi.

Processo amministrativo – Appello – Annullamento con rinvio – Art. 105 c.p.a. – Erronea declaratoria d’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse – Esclusione.

Processo amministrativo – Appello – Annullamento con rinvio – Art. 105 c.p.a. – Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o dall’obbligo assoluto di motivazione – Conseguenza.

          L’art. 105, comma 1, c.p.a. indica talune specifiche categorie inderogabili di casi d’annullamento con rinvio, ognuna delle quali è implementabile nel suo specifico ambito dalla giurisprudenza attraverso una rigorosa interpretazione sistematica del testo vigente del Codice, senza possibilità alcuna di pervenire o di tendere alla creazione surrettizia d’una nuova categoria (e, dunque, d’una nuova norma processuale) o, peggio, all’arbitraria interpretazione motivata senza passare al previo vaglio del Giudice delle leggi, dalla prevalenza del solo principio del doppio grado di giudizio rispetto ad altri parametri costituzionali (1).

          La nuova nomenclatura contenuta nel vigente art. 105 c.p.a. non ammette tout court l’erronea declaratoria d’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse quale sussumibile nella categoria della lesione dei diritti della difesa, sol perché su talune questioni di merito non si attua il doppio grado di giudizio; per contro, l’annullamento della sentenza con rinvio al primo Giudice può conseguire  solo a fronte di evidenti ed irrimediabili patologie del complesso della motivazione e non di singole distonie tra il chiesto e il pronunciato, ossia a fronte di quei, per vero, marginali casi in cui è inutilizzabile il decisum (che ridonda quindi nella nullità della sentenza) e sono stati conculcati i diritti di difesa di tutte le parti, P.A. inclusa (1).

          E’ sempre possibile, in linea di principio, riconoscere al Giudice d’appello il potere di sindacare il contenuto della motivazione dell’impugnata sentenza, affinché si possa riqualificare il dispositivo delle sentenze in rito ex art. 35, comma 1, c.p.a., ove s’accerti la patologica eversione del Giudice di prime cure dall’obbligo della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o dall’obbligo di motivazione (artt. 74 e 88 c.p.a.) – trattandosi, com’è noto, di vicende che impingono sulla struttura inderogabile ed essenziale della sentenza, rispetto all’oggetto del processo –, a condizione, però, che tale patologia, foss’anche per evidenti errori sui fatti di causa tali da alterare la stessa possibilità di difesa delle parti, investa il complesso della motivazione stessa e non una sola sua parte (invece emendabile nei modi ordinari) o, peggio, il punto di diritto affermato (specie se questo, al di là della precisione semantica o d’una buona forma espositiva, sia fedele agli indirizzi consolidati o prevalenti della giurisprudenza di questo Consiglio); è evidente che dette ultime ipotesi costituiscano, ovviamente alle condizioni testé evidenziate, tanto una lesione dei diritti della difesa sostanziale delle parti nel grado di riferimento, quanto una vicenda di nullità della sentenza ed implicano, per forza di cose, l’annullamento con rinvio ex art. 105, comma 1, c.p.a. (1).

 

Analoga questione è stato già decisa dall’Adunanza plenaria con le sentenze 30 luglio 2018, nn. 10 e 11 e 5 settembre 2018, n. 14

(1) Ai principi di diritto espressi l’Alto Consesso è pervenuto con una elaborata argomentazione.

Ha premesso che, soprattutto nelle espressioni «mancanza del contraddittorio» e «lesione del diritto di difesa», che, più delle altre, hanno sollevato sospetti d’indeterminatezza, l’art. 105 individua, senza bisogno di ricorrere alla tecnica normativa sulla descrizione analitica delle singole fattispecie, un insieme chiuso, determinato e tipico di vizi.

Le formule «lesione del diritto di difesa» e «mancanza del contraddittorio», pur non costituendo un’endiadi (perché ciascuna nozione ha un suo significato autonomo che non si risolve in quello dell’altra), sono ambedue riconducibili alle menomazione del contraddittorio lato sensu inteso. In entrambi i casi è mancata la possibilità di difendersi nel giudizio-procedimento, nel senso che lo svolgimento del giudizio risulta irrimediabilmente viziato, onde il Giudice è pervenuto a una pronuncia la cui illegittimità va vista non per il suo contenuto, ma per il sol fatto che essa sia stata resa, senza che la parte abbia avuto la possibilità di esercitare il diritto di difesa o di beneficiare dell’integrità del contraddittorio. Nell’ambito di questa macro-categoria, l’ulteriore distinzione, fatta propria dal testo dell’art. 105 c.p.a., tra mancanza del contradditorio in senso stretto e violazione del diritto di difesa attiene alla natura “genetica” o “funzionale” del vizio che ha inficiato lo svolgimento del giudizio-procedimento.

Le ipotesi sono tipiche e presuppongono la violazione di norme che prevedono poteri o garanzie processuali strumentali al pieno esercizio del diritto di difesa, tra cui: a) la mancata concessione d’un termine a difesa (cfr. Cons. St., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3787); b) l’omesso avviso della data d’udienza (cfr. Cons. St., sez. V, 10 settembre 2014, n. 4616; id., sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3683); c) l’erronea fissazione dell’udienza durante il periodo feriale (cfr. Cons. St., sez. VI, 25 novembre 2013, n. 5601); d) la violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a. per aver il Giudice posto a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio e non prospettata alle parti (ex multis, Cons. St., sez. VI, 14 giugno 2017, n. 2921; id. 19 giugno 2017, n. 2974; id., sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3683); e) la definizione del giudizio in forma semplificata senza il rispetto delle garanzie processuali prescritte dall’art. 60 c.p.a. (cfr. Cons. St., sez. VI, 25 novembre 2013, n. 5601); f) la sentenza pronunciata senza che fosse dichiarata l’interruzione nonostante la morte del difensore (Cga 10 giugno 2011, n. 409).

 Dal canto suo, la «mancanza del contraddittorio» è essenzialmente riconducibile al caso in cui si sarebbe dovuto integrare il contraddittorio o non si sarebbe dovuto estromettere una parte. Il vizio è, quindi, genetico, nel senso che a causa della mancata integrazione del contraddittorio o dell’erronea estromissione, una o più parti vengono in radice e sin dall’inizio private della possibilità di partecipare al giudizio-procedimento. Peraltro, in applicazione del c.d. “principio della ragione più liquida”, l’art. 49, comma 2, c.p.a., applicabile anche nel giudizio di appello per evitare un inutile annullamento con rinvio, consente al Giudice di secondo grado di statuire pure a contraddittorio non integro, qualora il ricorso risulti manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato. Ben si vede la ragione d’economia processuale su cui si fonda tal norma e che consente di prescindere da incombenti inutili (l’integrazione del contraddittorio o il rinvio al primo Giudice affinché disponga quest’ultimo), quando le risultanze già acquisite consentano di definire il giudizio in senso sfavorevole per la parte ricorrente (v. Cons. Stato, A.P., 27 aprile 2015, n. 5; id., sez. IV, 1 giugno 2016, n. 2316; Cga 17 giugno 2016, n. 172).

Del pari, di per sé neppure la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato potrebbe giustificare la rimessione al primo Giudice, essendo dirimente la constatazione che, una volta che il Giudice dichiari la domanda irricevibile, inammissibile o improcedibile, la pronuncia v’è stata, ancorché vi ravvisi un ostacolo processuale che gli impedisce l’esame del merito. Ove il Giudice ometta di pronunciarvisi, normalmente vi provvede, nei limiti del principio devolutivo, il Giudice d’appello, tranne in quelle ipotesi patologiche descritte infra, al §7).


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, APPELLO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri