Violazione del termine per il deposito della prova dell’integrazione del contraddittorio ed autonomia dell’azione risarcitoria

Violazione del termine per il deposito della prova dell’integrazione del contraddittorio ed autonomia dell’azione risarcitoria


Processo amministrativo – Controinteressati – Integrazione del contraddittorio – Violazione del termine per il deposito della relativa prova – Conseguenza – Improcedibilità del ricorso.

 

Processo amministrativo – Azione di condanna – Improcedibilità dell’azione annullatoria – Irrilevanza ex se.

La violazione del termine per il deposito della prova dell’integrazione del contraddittorio comporta l’improcedibilità del ricorso, atteso che l'art. 49, comma 3, c.p.a. assegna al giudice la fissazione di tale termine e dispone che lo stesso provveda ai sensi del precedente art. 35 "se l'atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato e depositato", attribuendo così distinta rilevanza al rispetto di entrambi i termini giudizialmente fissati (1).

 

L’improcedibilità dell’azione annullatoria per violazione del termine per il deposito della prova dell’integrazione del contraddittorio non si estende all’azione di condanna, salva la necessità di individuare, attraverso l’esame del fatto e del comportamento delle parti, una serie causale autonoma, idonea a cagionare il danno stesso, al di là del carattere antigiuridico del provvedimento lesivo, con conseguente esclusione – e non mera riduzione – del risarcimento, come previsto dall’art. 1227, comma 1, cod. civ. (2).

 

(1) Cons. St., sez. III 27 aprile 2015, n. 2147

Ha aggiunto la Sezione che non può essere ritenuta prova sufficiente la produzione di una semplice attestazione dell’UNEP presso la Corte d’Appello di Roma di una ricevuta di notifica a ventidue soggetti, dei quali, tuttavia, non sono specificate neppure le generalità, anche in considerazione del fatto che solo una dei controinteressati da intimare si è costituita.

 

(2) La Sezione ha ricordato che Anche equiparando, infatti, l’improcedibilità della domanda di annullamento alla scelta di non presentare tale domanda, non può essere ignorato quanto prescritto dall’art. 30, comma 3 c.p.a., secondo cui “nel determinare il risarcimento, il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”. Mediante tale norma è stata superata (o, quanto meno, temperata) la c.d. pregiudiziale amministrativa (ovvero, la condizione di inammissibilità in rito della domanda risarcitoria, se non previo annullamento dell’atto, che si assume lesivo).

L’assenza della domanda di annullamento tuttavia (o il mancato accoglimento della stessa per ragioni di rito) – secondo il disegno del codice del processo amministrativo, che sul punto ha dato continuità (pur senza citarle espressamente) alle previsioni dell’art. 1227 cod. civ.– non è senza conseguenze sul piano risarcitorio; al contrario, come evidenziato, in particolare, nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 23 marzo 2011, il problema del mancato annullamento è stato spostato dal piano dell’ammissibilità in rito a quello del merito della pretesa, con riconosciuta possibilità di individuare, attraverso l’esame del fatto e del comportamento delle parti, una serie causale autonoma, idonea a cagionare il danno stesso, al di là del carattere antigiuridico del provvedimento lesivo (con conseguente esclusione – e non mera riduzione – del risarcimento, come previsto dall’art. 1227, comma 1, cod. civ.).

In particolare l’Adunanza Plenaria, nella pronunzia sopra citata, ha osservato per quanto qui rileva che: - l'art. 30, comma 3, c.p.a., al secondo periodo, evoca implicitamente l’art. 1227, comma 2, cod. civ., per cui l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno, evitabile con l'ordinaria diligenza; - detta norma processuale afferma pertanto la regola, secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede e al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni altrimenti evitabili secondo il canone della causalità civile, imperniato sulla probabilità relativa (secondo il criterio del "più probabilmente che non"), recide, in tutto o in parte, il nesso causale che, ai sensi dell'art. 1223 cod. civ., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili; - il comportamento cooperativo esigibile dal danneggiato è tale in quanto non eccedente la soglia del sacrificio significativo sopportabile anche dalla vittima di una condotta illecita, alla stregua del canone di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. e del principio di solidarietà sociale, di cui all'art. 2 della Costituzione; - deve essere condotto, pertanto, un giudizio basato sulla cd. causalità ipotetica, in forza del quale non deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui era tenuto, secondo regole di correttezza, così circoscrivendo il danno entro agli effetti dell'altrui colpa e secondo il canone dell'auto-responsabilità, di modo che (in accoglimento di una interpretazione estensiva ed evolutiva del comma 2 dell'art. 1227) il creditore è gravato non soltanto da un obbligo negativo (astenersi dall'aggravare il danno), ma anche da un obbligo positivo (tenere quelle condotte, anche positive, esigibili, utili e possibili, rivolte a evitare o ridurre il danno); - anche scelte processuali di tipo omissivo possono, pertanto, costituire comportamenti apprezzabili ai fini della esclusione o della mitigazione del danno, laddove si appuri, alla stregua del giudizio di causalità ipotetica di cui si è detto, che le condotte attive trascurate non avrebbero implicato un sacrificio significativo ed avrebbero verosimilmente inciso, in senso preclusivo o limitativo, sul perimetro del danno.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, AZIONE di condanna al rilascio di un provvedimento

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri