Tutela del patrimonio culturale e promozione dello sviluppo sostenibile

Tutela del patrimonio culturale e promozione dello sviluppo sostenibile


Consiglio di Stato – Ambiente – Patrimonio culturale - Proporzionalità

Negli ordinamenti democratici e pluralisti si richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. Così come per i ‘diritti’ (sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 2013), anche per gli ‘interessi’ di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi) va ribadito che a nessuno di essi la Carta garantisce una prevalenza assoluta sugli altri. La loro tutela deve essere «sistemica» e perseguita in un rapporto di integrazione reciproca

La primarietà di valori come la tutela del patrimonio culturale o dell’ambiente implica che gli stessi non possono essere interamente sacrificati al cospetto di altri interessi (ancorché costituzionalmente tutelati) e che di essi si tenga necessariamente conto nei complessi processi decisionali pubblici, ma non ne legittima una concezione ‘totalizzante’ come fossero posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, necessariamente mobile e dinamico, deve essere ricercato – dal legislatore nella statuizione delle norme, dall’Amministrazione in sede procedimentale, e dal giudice in sede di controllo – secondo principi di proporzionalità e di ragionevolezza.

In virtù del principio di integrazione delle tutele ‒ riconosciuto, sia a livello europeo (art. 11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del d.lgs. n. 152 del 2006, sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) ‒ le esigenze di tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile.

Il principio si impone non solo nei rapporti tra ambiente e attività produttive ‒ rispetto al quale la recente legge di riforma costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1, nell’accostare dialetticamente la tutela dell’ambiente con il valore dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), segna il superamento del

bilanciamento tra valori contrapposti all’insegna di una nuova assiologia compositiva ‒ ma anche al fine di individuare un adeguato equilibrio tra ambiente e patrimonio culturale, nel senso che l’esigenza di tutelare il secondo deve integrarsi con la necessità di preservare il primo. Se il principio di proporzionalità rappresenta il criterio alla stregua del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori costituzionali all’interno di un quadro argomentativo razionale, il principio di integrazione costituisce la direttiva di metodo. La piena integrazione tra le varie discipline incidenti sull’uso del territorio, richiede di abbandonare il modello delle «tutele parallele» degli interessi differenziati che radicalizzano il conflitto tra i diversi soggetti chiamati ad intervenire nei processi decisionali.

A differenza delle scelte politico-amministrative (c.d. «discrezionalità amministrativa») ‒ dove il sindacato giurisdizionale è incentrato sulla ‘ragionevole’ ponderazione degli interessi, pubblici e privati, non previamente selezionati e graduati dalle norme ‒ le valutazioni dei fatti complessi richiedenti particolari competenze (c.d. «discrezionalità tecnica») vanno vagliate al lume del diverso e più severo parametro della ‘attendibilità’ tecnico-scientifica.

Quando la valutazione del fatto complesso viene preso in considerazione dalla norma attributiva del potere, non nella dimensione oggettiva di fatto ‘storico’, bensì di fatto ‘mediato’ dalla valutazione casistica e concreta delegata all’Amministrazione, il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a ‘definire’ la fattispecie sostanziale. Difettando parametri normativi a priori che possano fungere da premessa del ragionamento sillogistico, il giudice non ‘deduce’ ma ‘valuta’ se la decisione pubblica rientri o meno nella (ristretta) gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto. È ben possibile per l’interessato ‒ oltre a far valere il rispetto delle garanzie formali e procedimentali strumentali alla tutela della propria posizione giuridica e gli indici di eccesso di potere ‒ contestare ab intrinseco il nucleo dell’apprezzamento complesso, ma in tal caso egli ha l’onere di metterne seriamente in discussione l’attendibilità tecnico-scientifica. Se questo onere non viene assolto e si fronteggiano soltanto opinioni divergenti, tutte parimenti plausibili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle

forme democratiche) della competenza ad adottare decisione collettive, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato. In quest’ultimo caso, non si tratta di garantire all’Amministrazione un privilegio di insindacabilità (che sarebbe contrastante con il principio del giusto processo), ma di dare seguito, sul piano del processo, alla scelta legislativa di non disciplinare il conflitto di interessi ma di apprestare solo i modi e i procedimenti per la sua risoluzione


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

AMBIENTE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri