Sospensione o interruzione del termine di 180 giorni per presentare nuova istanza di fissazione di udienza ed evitare la perenzione

Sospensione o interruzione del termine di 180 giorni per presentare nuova istanza di fissazione di udienza ed evitare la perenzione


Processo amministrativo – Perenzione – Perenzione quinquennale – Termine di centottanta giorni per presentare nuova istanza di fissazione di udienza – Art. 82, comma 1, c.p.a. – Sospensione o interruzione – Esclusione.

 

        Il corso del termine di centottanta giorni per presentare, su richiesta della Segreteria dell’Ufficio giudiziario, nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura e dal suo difensore, ed evitare la perenzione del ricorso sancito dall’art. 82, comma 1, c.p.a.  non può essere interrotto o sospeso per cause di forza maggiore (1).

 

(1) Ha ricordato la Sezione che l’istituto della perenzione ha una “doppia anima”, quella privatistica, legata alla constatazione di una tacita rinuncia agli atti del giudizio, e quella pubblicistica, la cui ratio è individuabile nell’esigenza di definizione delle controversie che vedano coinvolta la Pubblica amministrazione nell’esercizio di poteri amministrativi. Di talché, tale causa di estinzione del giudizio risponde ad un superiore interesse pubblico alla definizione delle situazioni giuridiche inerenti l’esercizio del potere amministrativo entro termini ragionevoli ( Cons. St., sez. V, n. 3564 del 2014).
La Sezione ha altresì affermato la legittimità costituzionale dell’art. 82 c.p.a., in quanto i termini processuali, ed il regime delle preclusioni e decadenze ad essi connesso, opera oggettivamente per tutte le parti del giudizio ed è funzionale alla rapida definizione del giudizio medesimo, in ossequio al principio costituzionale di ragionevole durata del processo, ex art. 111, comma 2, Cost., nonché in coerenza con l’art. 6, comma 1, della Convenzione EDU (Cons. St., sez. IV, n. 4603 del 2016).
La Sezione ha infine escluso che sussistano i presupposti per la concessione del beneficio dell’errore scusabile ai sensi dell’art. 37 c.p.a., secondo cui il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto.
Tale beneficio dell’errore scusabile, al fine di non compromettere il principio della parità delle parti relativamente all’osservanza dei termini perentori processuali, va quindi riconosciuto solo in esito ad un rigoroso accertamento dei presupposti che lo legittimano ai sensi della norma processuale e cioè a fronte di obiettive incertezze normative o in presenza di gravi impedimenti di fatto, non imputabili alla parte.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, PERENZIONE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri