Sospensione del rapporto di accreditamento istituzionale

Sospensione del rapporto di accreditamento istituzionale


Sanità pubblica - Strutture sanitarie accreditate - Sospensione del rapporto di accreditamento – Natura. 

          Il provvedimento di sospensione del rapporto di accreditamento istituzionale ex art. 8 octies, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 502 del 1992, è riconducibile nell’alveo degli illeciti amministrativi, trattandosi di una sanzione amministrativa, comminabile a fronte di un illecito amministrativo qualificabile fra quelli “di mera condotta”, ovvero quelli che si perfezionano per la semplice inottemperanza ad un precetto, a prescindere da ogni accertamento concreto in ordine alla lesione del diritto protetto (o dei diritti protetti) e pur in assenza di un danno percepibile;  non ha solo uno scopo di tipo ripristinatorio ma anche sanzionatorio; più specificatamente svolge una “funzione special- preventiva”, operando sul versante dei rapporti finanziari con il Servizio sanitario regionale, come “penalità economica”, privando temporaneamente la struttura convenzionata della possibilità di imputare al SSR, in tutto od in parte, i costi delle prestazioni erogate nei confronti dei propri pazienti (1). 

 

(1)  Ha chiarito la Sezione che all’orientamento espresso (v. anche Tar Catania, sez. IV, 5 maggio 2017, nn. 981, 982, 983 e 996) si contrappone un secondo orientamento secondo cui qualora le disfunzioni rilevate non vengano rimosse, subito dopo la diffida, scatta la sospensione dell’accreditamento con prescrizioni, allo scopo di indurre l’interessato ad adeguare la propria struttura ai requisiti di accreditamento. 

- ove, invece, le disfunzioni vengano effettivamente e tempestivamente rimosse, sarebbe privo di senso disporre egualmente la sospensione dell’accreditamento di una struttura ormai in linea con le prescrizioni ad essa applicabili. 

Relativamente alla “diffida”, secondo l’impostazione in esame, essa non coinciderebbe né si indentificherebbe con la mera comunicazione di avvio del procedimento, ma sarebbe qualcosa “di diverso e di più pregnante”

Con riferimento alla ratio e alla funzione del provvedimento in esame, è stato precisato che la misura della sospensione dell’accreditamento (non avrebbe una funzione di tipo sanzionatorio ma) svolgerebbe una funzione di tipo ripristinatorio sarebbe volta cioè “a sollecitare le strutture accreditate a rimettersi in linea con i requisiti di accreditamento” costituirebbe, in altri termini, in uno “stimolo al rispetto dei requisiti di accreditamento, attraverso la rimozione delle disfunzioni rilevate”

In conclusione, secondo l’orientamento in esame “opinare diversamente, non soltanto porrebbe la misura in questione avulsa dal contesto del D.A. in cui è inserita, ma renderebbe poco congruente la previsione, in essa contenuta, secondo la quale, unitamente alla sospensione, l’amministrazione deve indicare le prescrizioni alle quali l’interessato deve ottemperare. (…)”

 

Ha ancora chiarito il Tar che sulla questione relativa alla necessità, alla funzione e all’equiparabilità della diffida alla comunicazione dell’avvio del procedimento, il parere del C.g.a. n. 89 del 4 marzo 2021 precisa che la “diffida” prevista dall’art. 5 del decreto assessorile invocato dalla ricorrente ha la funzione di avvisare il destinatario in ordine al fatto che in caso di persistente mancata acquisizione del requisito (e cioè in caso di inottemperanza all’obbligo di conformarsi alle regole) l’Amministrazione avvierà il procedimento volto alla sospensione dell’accreditamento. 

Secondo l’impostazione in esame, la funzione della “diffida” è quella propria di un “invito ad adempiere”, corredato - della contestuale comunicazione di avvio del correlato procedimento sanzionatorio. 

È indubbio che la diffida tanto da un punto di vista sostanziale che da un punto di vista formale ha reso edotta la struttura “in ordine al contenuto e al significato dell’atto che le era stato trasmesso, consistente - all’evidenza - in una intimazione formulata dall’Amministrazione nei suoi confronti”; ed ancora, appare inverosimile che non abbia compreso quali sarebbero state le conseguenze che sarebbero derivate dall’eventuale inadempimento e che quindi non sia stata posta in grado di partecipare al procedimento e di opporre le proprie ragioni con congruo anticipo rispetto al provvedimento conclusivo. 

Viene precisato, altresì, che nel nostro ordinamento vige ed opera - di regola - il c.d. “principio della libertà della forma degli atti amministrativi”, da intendere nel senso che in mancanza di espresse e tassative disposizioni in contrario - e ferma l’obbligatorietà della forma scritta (salvo che per gli ‘ordini’, oralmente impartibili) e del rispetto delle forme stabilite per la corretta notifica o comunicazione degli atti - l’Amministrazione può redigere i provvedimenti secondo l’impostazione che ritiene più adatta a conferire ad essi efficacia. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

SANITÀ pubblica e sanitari

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri