Se la tardività dell’opposizione debba essere dichiarata dal Consiglio di Stato in sede consultiva o dal Tar, se e quando adito in trasposizione

Se la tardività dell’opposizione debba essere dichiarata dal Consiglio di Stato in sede consultiva o dal Tar, se e quando adito in trasposizione


Ricorso straordinario al Capo dello Stato – Opposizione - Termine di sessanta giorni – Dies a quo – Individuazione.  

Ricorso straordinario al Capo dello Stato – Opposizione - Tempestività – Verifica - Spetta al Consiglio di Stato in sede straordinaria.

 

              La data iniziale per il computo del termine di sessanta giorni per la notifica dell’opposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato deve essere individuato non già nel giorno di ricezione del ricorso da parte del competente Ministero della giustizia, bensì nella data di presentazione del ricorso – per quanto inammissibile – all’Autorità che ha emanato l’atto impugnato. 

 

            Spetta al Consiglio di Stato in sede straordinaria la cognizione della tempestività della notifica dell’atto di opposizione anche sotto il profilo della valutazione e della comparazione dei possibili effetti sfavorevoli e delle potenziali controindicazioni che derivino sul piano effettuale dall’una e dall’altra opzione interpretativa (1). 

 

(1) Ha chiarito la Sezione che il dubbio se la competenza sia del Tar o del Consiglio di Stato si pone avendo riguardo alla lettera del codice del processo amministrativo, il cui art. 48 (Giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso straordinario) prevede, nel comma 3, che “Qualora l'opposizione sia inammissibile, il tribunale amministrativo regionale dispone la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria”. L’uso, nel codice processuale, del solo termine “inammissibile”, senza alcun riferimento alla irricevibilità, induce oggettivamente il dubbio che al Giudice amministrativo spetti la cognizione di tutte le questioni di inammissibilità dell’opposizione, esclusa però la (distinta) questione di tardività, che resterebbe di conseguenza attribuita alla Sezione consultiva del Consiglio di Stato chiamata a conoscere del ricorso straordinario.  

Tale dubbio è rafforzato dal rilievo che il c.p.a distingue tra cause di inammissibilità e cause di tardività, poiché, nell’art. 35 (Pronunce di rito), stabilisce che “Il giudice dichiara, anche d'ufficio, il ricorso: a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito; b) inammissibile quando è carente l'interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito; c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito . . . ”, etc. Il fatto, dunque, che l’art. 48, comma 3, parli solo di “inammissibilità” e non anche di “tardività” dell’opposizione non potrebbe essere senza significato.  

Analoga risulta essere peraltro la formula adoperata dall’art. 10, terzo comma, del d.P.R. n. 1199 del 1971, il quale dispone che “Il collegio giudicante, qualora riconosca che il ricorso è inammissibile in sede giurisdizionale, ma può essere deciso in sede straordinaria dispone la rimessione degli atti al Ministero competente per l'istruzione dell'affare”.  

È vero che la giurisprudenza è solita sostenere che “a fronte di un’istanza di trasposizione, il ricorso straordinario va dichiarato improcedibile, senza necessità di verificare se l’originario ricorrente provvede o meno alla trasposizione, e senza possibilità di verificare la ritualità dell’istanza di trasposizione” e che “Una volta notificata l’opposizione alla trattazione della controversia in sede straordinaria, l’amministrazione e il Consiglio di Stato in sede consultiva sono spogliati di ogni potere decisorio, con la conseguenza che ogni questione di ritualità della stessa deve essere decisa dal Tar” (Cons. Stato, Sez. II, 22 giugno 2005, n. 3957; Id., 20 settembre 2016, n. 1941). Tuttavia, a temperamento di tale tesi, si è affermato che nel caso di tardiva opposizione dell’amministrazione ad un ricorso straordinario e di omesso deposito da parte del ricorrente dell’atto di costituzione in sede giurisdizionale, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, non si verifica la trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario e che pertanto, in tal caso, il Consiglio di Stato, in sede consultiva, dopo aver accertato la tardività dell’opposizione, può pronunziarsi sul ricorso straordinario (Cons. Stato, sezz. I e II riun., 18 dicembre 1991, n. 1719/91; Cons. Stato, Sez. I, 29 aprile 2015, n. 1298).

Peraltro la prassi prevalente nelle decisioni della Sezione, in caso di deposito di un atto di opposizione e al fine dell’eventuale pronuncia di improcedibilità del ricorso, è nel senso di procedere alla verifica della  effettuazione della notifica (con ricezione nella sfera giuridica del ricorrente e degli eventuali controinteressati) entro il termine di legge. 

Ha aggiunto la Sezione che l’opzione ermeneutica che voglia affermare l’improcedibilità in ogni caso del ricorso straordinario, anche nell’ipotesi in cui emerga la tardività dell’opposizione, potrebbe provocare un serio rischio di diniego di giustizia per la parte ricorrente che, ricevuta la notifica tardiva dell’opposizione, possa in buona fede astenersi dal gravarsi degli oneri di riassunzione in trasposizione, confidando sulla prosecuzione della trattazione dell’affare nella sede straordinaria, per poi vedersi a un tempo preclusa sia la strada del ricorso straordinario (dichiarato improcedibile a prescindere dall’esame della tardività della notifica dell’opposizione), sia quella della riassunzione in trasposizione dinanzi al Tar, una volta trascorso il termine perentorio di sessanta giorni per la riassunzione. 

L’opposta opzione ermeneutica, qui preferita, della spettanza al Consiglio di Stato in sede straordinaria della dichiarazione della tardività dell’opposizione, potrebbe, sì, creare il rischio che la parte, nelle more del parere e del d.P.R. decisorio, possa riassumere in trasposizione dinanzi al Tar e che il giudice, non rilevando in quella sede la tardività dell’opposizione, possa pervenire comunque alla decisione della causa, con il rischio di bis in idem; ma tale rischio, che pure incide sulla razionalità del sistema e sul principio di economia dei mezzi giuridici, non priva di tutela la parte che abbia ragione ed appare per tali motivi minusvalente rispetto agli inconvenienti prodotti dalla precedente soluzione interpretativa. Tale inconveniente, di duplicazione dei giudizi, si profila inoltre meno probabile, atteso che dovrebbe passare comunque per il vaglio della trattazione in sede giurisdizionale dell’intero affare nel pieno contraddittorio tra le parti (ove dovrebbe essere probabile l’emersione del tema della ritualità dell’opposizione proposta), mentre l’opposta soluzione, che conduce alla declaratoria di improcedibilità in ogni caso, farebbe venir meno per ciò solo ogni spazio di ulteriore difesa per la parte ricorrente. 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

RICORSI amministrativi, RICORSO straordinario al Presidente della Repubblica

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri