Sanatoria di un capannone industriale realizzato in un parco

Sanatoria di un capannone industriale realizzato in un parco


Edilizia – Sanatoria – Capannone industriale realizzato in un parco – Non è sanabile. 

 

    Non è sanabile il capannone industriale realizzato in un parco (1). 

 

(1) La Sezione ha ricordato come l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 del 2016, ha evidenziato che il nulla osta dell'art. 13, l. n. 394 del 1991 ha a oggetto la previa verifica di conformità dell'intervento con le disposizioni del piano per il parco (che - a norma dell'art. 12 - persegue la tutela dei valori naturali ed ambientali affidata all'Ente parco) e del regolamento del parco (che - a norma dell'art. 11 - disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco).
Quegli atti generali rappresentano gli strumenti essenziali e indefettibili della cura dell'interesse naturalistico e ambientale in ragione della quale è istituito il parco con il suo "speciale regime di tutela e di gestione".
Essi disciplinano in dettaglio e per tutto il territorio del parco gli interventi e le attività vietati e quelli solo parzialmente consentiti, le loro ubicazioni, destinazioni, modalità di esplicazione e così via, secondo un disegno organico inteso a "la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale".
A differenza di una valutazione di compatibilità, la detta verifica di conformità - che solo accerta la conformità degli interventi concretamente prospettati alle figure astrattamente consentite - non comporta un giudizio tecnico-discrezionale autonomo e distinto da quello già dettagliatamente fatto e reso noto, seppure in via generale, mediante i rammentati strumenti del Piano per il parco e del Regolamento del parco.
L'interpretazione dell'Adunanza Plenaria è puntuale: "Questi strumenti, dettando i parametri di riferimento per la valutazione dei vari interventi, inverano l'indispensabile e doverosa cura degli interessi naturalistico-ambientali.
I limiti di cui si tratta sono del resto intesi essenzialmente alla preservazione del dato naturalistico e si esplicano per lo più in valutazioni generali di tipo negativo con l'indicazione di opere reputate comunque incompatibili con quella salvaguardia. Sicché detti strumenti assorbono in sé le valutazioni possibili e le traducono in precetti per lo più negativi (divieti o restrizioni quantitative), rispetto ai quali resta in concreto da compiere una mera verifica di conformità senza residui margini di apprezzamento. Il che è reso ontologicamente possibile dall'assenza, rispetto all'interesse naturalistico, di spazi per valutazioni di tipo qualitativo circa l'intervento immaginato: si tratta qui infatti, secondo una distinzione di base ripetutamente presente in dottrina a proposito delle varie declinazioni della tutela ambientale, di salvaguardare l'"ambiente-quantità", il che tecnicamente consente questo assorbimento, negli atti generali e pianificatori, della cura dell'interesse generale. Questi strumenti così definiscono ex ante le inaccettabilità o limiti di accettabilità delle trasformazioni che altrimenti caratterizzerebbero un congruo giudizio di compatibilità rispetto a quella salvaguardia
." 

Il citato art. 13 della legge quadro subordina il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti od opere al nulla-osta dell'Ente parco che ne verifica la compatibilità con la tutela dell'area naturale protetta (art. 13, comma 1). 

Ma non riguarda opere in sanatoria. E ciò si spiega. 

Si tratta infatti di evitare che l'antropizzazione del Parco segua una logica casuale e connotata dalla creazione di stati di fatto quale quella che connota talvolta inevitabilmente lo sviluppo urbano, una volta introdotta la regola generale di ammissibilità delle valutazioni postume (art. 36 del t.u. edilizia). 

Con specifico riguardo alla natura del nulla-osta in argomento si evidenzia come esso sia, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, "atto diverso dall'autorizzazione paesaggistica agli interventi, agli impianti e alle opere da realizzare, in quanto atto endoprocedimentale prodromico rispetto al rilascio dell'autorizzazione stessa" (Corte cost., sentenza 29 dicembre 2004, n. 429) dotato di una sua autonomia essendo l'interesse naturalistico ambientale diverso da quello paesaggistico. 

Infatti la valutazione paesaggistica postuma, entro certi limiti, dall'art. 167 comma 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che recita: "L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: 

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; 

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; 

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380." 

Nulla di analogo è prescritto per il nulla osta ad interventi nell'ambito dei parchi. 

Se ne deve desumere la radicale inammissibilità dei pareri postumi dell'Ente Parco e la natura preventiva dell'autorizzazione di cui all'art. 13 della legge quadro sulle aree protette. 

Il nulla-osta si inserisce, nella trama normativa della legge quadro, come punto terminale di contatto, come elemento di congiunzione tra le esigenze superiori della protezione naturalistica e le attività economiche e sociali e va letto coordinandolo con le altre previsioni di meccanismi operativo-funzionali. In un'area integralmente protetta, infatti, sono vietate tutte quelle attività che non siano espressamente consentite dal piano e dettagliatamente disciplinate nel relativo regolamento. 

Ne deriva che il legislatore, stante la prioritaria esigenza di salvaguardia e tutela di valori costituzionalmente rilevanti quali l'ambiente e la natura oggetto di protezione integrale nell'ambito delimitato dal Parco, ha costruito il nulla-osta come atto necessariamente destinato a precedere il rilascio di provvedimenti abilitativi puntuali che riguardino un singolo, specifico intervento da valutarsi preventivamente… La differenza tra immobili o aree oggetto di puntuale tutela paesaggistica e le aree integralmente protette, rimesse alla tutela tramite specifici Enti Parco, e le finalità di tutela, in funzione all'antropizzazione del territorio, non consentono quindi un'applicazione della sanatoria prevista nell'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 (Cons. Stato Sez. VI, 6 luglio 2021, n. 5152).
In sostanza, pertanto, in base all'art. 13 della legge sulle aree protette, possono essere ammessi solo nulla osta preventivi.
Ne deriva che, in ogni caso, il permesso di costruire in sanatoria non avrebbe potuto essere rilasciato e il provvedimento di diniego si presentava con un atto vincolato. 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

EDILIZIA e urbanistica, CONDONO EDILIZIO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri