Rito superaccelerato in materia di appalti dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Ue

Rito superaccelerato in materia di appalti dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Ue


Processo amministrativo – Rito appalti – Rito superaccelerato – Presupposti – Individuazione.

 

Processo amministrativo – Rito appalti – Atti impugnabili – Requisiti di partecipazione - Capacità tecnica dell’impresa - Relativa clausola del disciplinare – Quando è immediatamente impugnabile.

 

       In materia di rito c.d. superaccelerato relativo all’impugnazione dei provvedimenti di ammissione e di esclusione dalle gare di appalto, la sentenza della Corte di Giustizia 14 febbraio 2019, in causa C-54/18 ha individuato il punto di equilibrio fra esigenze di celerità del giudizio e tutela effettiva del diritto di difesa nella condizione che l’operatore economico sia stato messo in grado di conoscere agevolmente tutti gli elementi necessari per verificare la correttezza dell’operato della stazione appaltante: conseguentemente, la decorrenza del termine decadenziale di ricorso deve essere vincolata ad una sufficiente conoscenza (o, quanto meno, ad una agevole conoscibilità) degli elementi necessari a formulare una efficace difesa (1).

 

       La qualificazione, in un disciplinare di gara, di un requisito (nella fattispecie: il fatturato del triennio precedente) come relativo alla dimostrazione della capacità tecnica dell’impresa, comporta l’onere di impugnazione della relativa clausola del disciplinare in capo al concorrente che ritenga tale requisito – contrariamente alla sua qualificazione formale - come relativo alla capacità economica, al fine di farne discendere il relativo regime, quando sia proprio la qualificazione ritenuta nella lex specialis ad aver prodotto le conseguenze applicative di cui si duole il ricorrente, non superabile diversamente sul piano interpretativo dal momento che l’interpretazione è diretta conseguenza della qualificazione, non riducibile a mera espressione formale, priva di significato precettivo (2).

 

(1) La Sezione che ricordato di essersi già pronunciata, con sentenza 17 giugno 2019, n. 4025, sulla ricevibilità delle censure dirette contro l’ammissione dell’aggiudicatario, in una fattispecie fortemente analoga a quella dedotta nel giudizio, caratterizzata dalla incompleta conoscibilità dei documenti posti a base del provvedimento.

La citata decisione ha ancorato la decorrenza del termine per la proposizione del ricorso “alla data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti relativi a questa fase ai sensi dell’art. 29 del codice dei contratti pubblici (cfr. Sezione III n. 1312 del 25 febbraio 2019) sempreché idonei a veicolare le informazioni necessarie ad esplicitare i motivi su cui riposano”.

Il criterio ermeneutico su cui poggia tale decisione, che il Collegio condivide e dalla quale non ravvisa ragione per discostarsi, sviluppa in modo coerente il principio di diritto espresso dalla Corte di Giustizia, attribuendogli l’unico significato plausibile: l’onere di immediata impugnazione del provvedimento recante le ammissioni e le esclusioni dei concorrenti non lede il diritto di difesa dell’operatore economico, ma questi deve essere messo in grado di conoscere agevolmente tutti gli elementi necessari per verificare la correttezza dell’operato della stazione appaltante.

Il giudice di primo grado ha fatto corretta applicazione di tale principio, il quale comporta che l’onere di immediata impugnazione delle ammissioni dei concorrenti sia compatibile con le ragioni di tutela giurisdizionale delle imprese, espresse dal diritto comunitario, solo in quanto la decorrenza del termine decadenziale di ricorso, sia vincolata da una sufficiente conoscenza (o, quanto meno, ad una agevole conoscibilità) degli elementi necessari a formulare una efficace difesa.

In tal senso, il codice prevede precise regole finalizzate a mettere i concorrenti in grado di conoscere i documenti di gara, compresi quelli allegati alle offerte, indispensabili per attivare tempestivamente il rimedio giurisdizionale.

In particolare, l’art. 29 stabilisce gli obblighi di pubblicazione e comunicazione gravanti sulla stazione appaltante, puntualmente correlati al funzionamento del rito speciale di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a..

In mancanza di una prova rigorosa circa l’effettiva conoscenza di tali elementi documentali, il termine per la proposizione del ricorso non inizia a decorrere, a nulla rilevando la circostanza che l’interessato, ricevuta la notizia dell’intervenuta pubblicazione del provvedimento recante le ammissioni, avrebbe potuto esercitare il diritto di accesso ai documenti della procedura.

La compressione dei tempi per l’esercizio del diritto di difesa, prevista dal particolare rito, giustifica in questo caso uno spostamento in capo alla stazione appaltante dell’onere di rendere conoscibili non solo gli effetti dispositivi degli atti di gara, ma anche gli elementi fattuali e giuridici presupposti (necessari per valutare consapevolmente l’esistenza di eventuali profili di illegittimità, ed articolare efficacemente le relative censure): di talché la dequotazione dell’accesso non è irragionevole, ma funzionale a garantire il complesso assetto su cui si fonda la compatibilità del rito con le garanzie rimediali imposte dal diritto dell’U.E..

Il punto di equilibrio fra esigenze di celerità e tutela comunque del diritto di difesa è stato infatti individuato dalla Corte di Giustizia nella necessità che l’effettività di tale diritto venga garantita almeno da una adeguata e tempestiva conoscenza di tali elementi: di talché la dequotazione dell’accesso non è irragionevole, ma funzionale a garantire il complesso assetto su cui si fonda la compatibilità del rito con le garanzie rimediali imposte dal diritto dell’U.E.

Nel caso in esame l’applicazione al caso di specie di tali princìpi conduce, come detto, alla conferma della censurata statuizione della sentenza di primo grado.

Sul punto v. anche Corte cost. n. 271 del 13 dicembre 2019.

 

(2) Ha ricordato la Sezione che tra gli interpreti sono state prospettate tesi contrapposte in ordine al corretto inquadramento dei requisiti di partecipazione concernenti il fatturato pregresso dell’operatore economico, proprio con riguardo ai suoi possibili riflessi sulla disciplina dell’avvalimento.

Da un lato, si è sostenuto che il fatturato serve a dimostrare essenzialmente l’adeguata dimensione economica dell’impresa esecutrice: pertanto, in caso di avvalimento, sarebbe sufficiente dimostrare che l’ausiliaria si sia impegnata a mettere a disposizione dell’appaltatore la propria acquisita capacità finanziaria, in particolare ni casi in cui occorra garantire la stazione appaltante dei possibili rischi collegati ai profili economici dell’appalto. Secondo questo punto di vista, l’ausiliaria non si obbliga a fornire mezzi materiali all’esecutore, ma solo a mettere a disposizione la propria affidabilità economica: il contratto di avvalimento ha per oggetto questo elemento, puntualmente determinato.

Dal lato opposto, si è evidenziato che il fatturato non ha solo una valenza economica, ma delinea la dimensione tecnica dell’impresa e la sua reale presenza sul mercato. In tale ottica, in caso di avvalimento, l’ausiliaria deve obbligarsi a conferire all’appaltatore adeguate risorse del proprio apparato produttivo, precisamente indicate nel contratto di avvalimento.

Ora, non vi è dubbio che la lex specialis di gara abbia inteso optare per questa seconda linea ermeneutica, definendo l’inquadramento del requisito del fatturato pregresso quale requisito di capacità tecnica.

È forse opinabile l’esattezza e la ragionevolezza di tale qualificazione, ma è indiscutibile la sua portata precettiva e vincolante nella procedura in contestazione, poiché essa incide sulla attitudine del contratto di avvalimento a soddisfare il prescritto requisito di partecipazione.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri