Risarcimento del danno ingiusto derivante mancato esercizio dell’attività amministrativa obbligatoria

Risarcimento del danno ingiusto derivante mancato esercizio dell’attività amministrativa obbligatoria


Risarcimento danni – Danno da ritardo – Presupposti – Individuazione.  

    L’ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell’azione amministrativa è configurabile solo ove il provvedimento favorevole sia stato adottato, sia pure in ritardo, dall’autorità competente ovvero sarebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico effettuabile sia in caso di adozione di un provvedimento negativo sia in caso di inerzia reiterata, in esito al procedimento (1).

​​​​​​(1) Ha ricordato la Sezione che il tempo dell’azione amministrativa non è un bene in sé, ma la misura di un bene consistente nella soddisfazione dell’interesse ottenibile soltanto mediante il legittimo, tempestivo, esercizio della stessa azione amministrativa.
La Sezione ha quindi aderito all’indirizzo secondo cui l’espresso riferimento al danno ingiusto – contenuto nell’art. 2-bis, l. n. 241 del 1990, così come nel comma 2 dell’art. 30 c.p.a., secondo cui può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal «mancato esercizio di quella obbligatoria» – induce a ritenere che per poter riconoscere la tutela risarcitoria in tali fattispecie, come in quelle in cui la lesione nasce da un provvedimento espresso, non possa in alcun caso prescindersi dalla spettanza di un bene della vita, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante tanto dal provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione quanto dalla sua colpevole inerzia e lo rende risarcibile (Cons. St., sez. IV, 22 luglio 2020, n. 4669; id. 27 febbraio 2020, n. 1437; id. 2 dicembre 2019, n. 8235; id. 15 luglio 2019, n. 4951).
​​​​​​​Il giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita si presenta come un’applicazione particolare dei principi generali in tema di nesso di causalità materiale e mira a stabilire quale sarebbe stato il corso delle cose se il fatto antigiuridico non si fosse prodotto e, cioè, se l’amministrazione avesse agito correttamente (Cons. St., sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751 sui criterî per l’accertamento della causalità materiale, sulla base dei principi generali di cui agli artt. 40 e 41 c.p. declinati secondo la regola della c.d. “causalità adeguata” e temperati in base al canone del “più probabile che non”; id., sez. V, 2 aprile 2020, n. 2210; id. 9 luglio 2019, n. 4790; id., sez. VI, 22 giugno 2018, n. 3838).


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

DANNI (in materia civile, penale, amministrativa, contabile, alternativi)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri