Risarcimento del danno da mancato ottenimento di frequenze televisive

Risarcimento del danno da mancato ottenimento di frequenze televisive


Risarcimento danni – Attività di impresa – Danno da perdita di chance – Danno da lucro cessante - 1227 c.c. –Rivalutazione monetaria – interessi compensativi - Mancato ottenimento frequenze televisive -

 

L’art. 1227, comma 1, c.c., è una norma che disciplina la causalità tra condotta e danno, fissando un limite al principio della condicio sine qua non, per cui al danneggiante non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile. L’art. 1227, comma 1, c.c., ha, dunque, la funzione di regolare, ai fini della causalità di fatto, l’efficienza causale del fatto colposo del soggetto leso, con conseguenze sulla determinazione dell’entità del risarcimento.

Detta norma trova il suo inquadramento nel principio causalistico, secondo cui se tutto l’evento lesivo è conseguenza del comportamento colposo del danneggiato, il nesso di causalità risulta interrotto con le possibili cause precedenti, mentre se egli ha in parte dato causa al verificarsi dell’evento dannoso, la responsabilità dell’autore materiale va ridotta in proporzione.

Il comportamento omissivo del danneggiato va dunque valutato al fine di appurare se risulti idoneo a costituire causa esclusiva o si ponga quale mera concausa dell’evento lesivo. Si tratta di un’indagine da affrontare caso per caso. Se è vero, infatti, che non ogni comportamento genericamente imprudente può essere fonte di responsabilità per il danneggiato, non può escludersi la rilevanza dello stesso come fattore concausale del danno, ogni qual volta il soggetto assuma un rischio che si pone ingiustificatamente sopra la soglia della normalità, e si caratterizza per essere un rischio anormale o anomalo.

Ciò impone una diminuzione delle somme spettanti alle appellate a titolo risarcitorio, che va commisurata in via equitativa in misura pari al 50% di quanto alle stesse dovute, tenuto conto degli obblighi di condotta violati, della gravità delle violazioni e della durata nel tempo delle omissioni alle stesse imputabili (riduzione che ex 1227 può incidere anche sul danno emergente)

L'obbligazione di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale costituisce un debito, non di valuta, ma di valore, sicché va riconosciuto il cumulo della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT e degli interessi compensativi, questi ultimi da liquidare applicando al capitale rivalutato anno per anno un saggio individuato in via equitativa, in quello di riferimento per gli interessi legali (da ultimo, Cass., civ. Sez. II Ord., 19 gennaio 2022, n. 1627), con decorrenza dal momento dell’insorgenza del rapporto e fino all’adempimento (1).

 

(1) Ha precisato la sezione che è orientamento consolidato della Corte di Cassazione (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 24406/2011) e condiviso dalla prevalente dottrina, che l’art. 1227, comma 1, c.c., novità introdotta dal codice del ‘42, sia una norma che disciplina la causalità tra condotta e danno, fissando un limite al principio della condicio sine qua non.

Questa previsione legislativa affonda le proprie radici nell’opinione dottrinaria secondo cui il concorso di colpa della vittima esclude la risarcibilità sia dei danni patiti da questa direttamente (oltre che dei danni patiti dai suoi congiunti in caso di decesso) che vanta una tradizione secolare a partire dai Commentatori e dalla Giurisprudenza Colta del XVI sec.

In tale contesto non si può non citare il noto passo di Sesto Pomponio “Quis ex culpa sua damnum sentit, non intelligitur damnum sentire” (Dig., L, XVII, 203), poi condiviso dal Cujacio (Opera Omnia, VIII, 887, § CCIII) e dal Grozio “Omnes ita teneri, si vere causa fuerint damni, id est momentum attulerint aut ad totum damnum, aut ad partem damni” (De jure belli ac pacis, II, XVII, 10). Tale principio restò fermo anche dopo l’età delle codificazioni.

Sebbene non espressamente previsto dalla legge, era affermato già dalla giurisprudenza formatasi sul codice del 1865 (tra gli altri, Cass. Torino 26 giugno 1874, in Raccolta, XXVI, I, 656), la quale lo aveva mutuato dalla giurisprudenza d’Oltralpe formatasi sul Code Napolèon (tra gli altri, App. Parigi, 19 gennaio 1867, in Dalloz, 1867, V, 370; App. Liegi, 17 dicembre 1864, in Pasícrisie, 1867, II, 371).

Abbandonata l’idea che l’art. 1227 c.c. sia espressione del principio di autoresponsabilità, che imporrebbe ai potenziali danneggiati doveri di attenzione e diligenza allo scopo di prevenire eventuali danni. La giurisprudenza della Cassazione (Cass., civ., Sez. III Ord., 7 maggio 2021, n. 12166), condivisibilmente, ravvisa piuttosto nell’art. 1227 c.c. un corollario del principio della causalità, per cui al danneggiante non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile. L’art. 1227, comma 1, c.c., ha, dunque, la funzione di regolare, ai fini della causalità di fatto, l’efficienza causale del fatto colposo del soggetto leso, con conseguenze sulla determinazione dell’entità del risarcimento.

Detta norma trova il suo inquadramento nel principio causalistico, secondo cui se tutto l’evento lesivo è conseguenza del comportamento colposo del danneggiato, il nesso di causalità risulta interrotto con le possibili cause precedenti, mentre se egli ha in parte dato causa al verificarsi dell’evento dannoso, la responsabilità dell’autore materiale va ridotta in proporzione.

Il comportamento omissivo del danneggiato va dunque valutato al fine di appurare se risulti idoneo a costituire causa esclusiva o si ponga quale mera concausa dell’evento lesivo. Si tratta di un’indagine da affrontare caso per caso. Nella fattispecie in esame le condotte omissive riconducibili in capo alle appellate non hanno rilevanza tale da avere un’efficacia tale da elidere in nesso di casualità tra l’inadempimento dell’amministrazione e il danno alle stesse cagionato, ma di certo si atteggiano quali concause dello stesso. Le condotte omissive serbate dalle appellate risultano rilevanti, sia perché violano obblighi tipici (ritardata presentazione dei progetti radioelettrici relativi alle frequenze aggiuntive e mancata attivazione dei relativi impianti nonostante l’intervenuta autorizzazione.), sia perché violano di regole di prudenza, imputabili in capo all’operatore di settore (mancato ricorso all’affitto di impianti di altri operatori). Se è vero, infatti, che non ogni comportamento genericamente imprudente può essere fonte di responsabilità per il danneggiato, non può escludersi la rilevanza dello stesso come fattore concausale del danno, ogni qual volta il soggetto assuma un rischio che si pone ingiustificatamente sopra la soglia della normalità, e si caratterizza per essere un rischio anormale o anomalo.

Ciò impone, in definitiva, una diminuzione delle somme spettanti alle appellate a titolo risarcitorio, che va commisurata in via equitativa in misura pari al 50% di quanto alle stesse dovute, tenuto conto degli obblighi di condotta violati, della gravità delle violazioni e della durata nel tempo delle omissioni alle stesse imputabili (riduzione che ex 1227 può incidere anche sul danno emergente ).

Va poi considerata anche la natura indeterminata del danno lamentato (in termini di lucro cessante e/o di perdita di chance ).

Come è noto i due tipi di danno per un certo orientamento giurisprudenziale, sono concettualmente alternativi: il danno da perdita di chance è alternativo rispetto al danno da lucro cessante futuro da perdita del reddito in quanto o il danneggiato dimostra di avere perduto un reddito che verosimilmente avrebbe realizzato, ed allora gli spetterà il risarcimento del lucro cessante, ovvero il danneggiato non dà quella prova, ed allora gli può spettare il risarcimento del danno da perdita di chance (Cass. Sez. III, 13.10.2016 n. 20630).

Il giudizio tuttavia in entrambi i casi è in termini di verosimiglianza o di probabilità e – per quanto qui interessa sia che la valutazione sia ricondotta al primo sia che sia ricondotta al secondo genus di danno - la liquidazione del danno può quindi essere equitativa, ossia può avvenire valutando, dopo aver effettuato la disamina analitica delle evidenze acquisite, sinteticamente il pregiudizio subito.

Va in proposito ricordata la complessità e la variabilità e grandezza dei danni reclamati in questo giudizio che, per essere stimati, impongono la ricostruzione della redditività di un’ipotetica attività imprenditoriale (di cui si erano apprestate le condizioni per lo svolgimento) mai ricostruibile in termini di certezza.

Sicché, pur a fronte di una condotta dell’amministrazione che, pur dopo un lungo contenzioso, non è stata puntuale nell’osservare l’accordo per cui è processo - è ben possibile – oltre all’applicazione doverosa dell’art. 1227 cod. civ. per le ragioni sopra esposte - ricorrere sinteticamente alla valutazione equitativa ( arg. ex Cons. St., Sez. IV, n. 6287 del 2014 ove si dispone una riduzione del 50% per effetto dell’applicazione dell’art. 1227 cod. civ.; ex Cons. St., Sez. V, n. 4225 del 2018 ove il danno fosse qualificato come perdita di chance essendo necessaria anche in tal caso la valutazione percentuale della probabilità del conseguimento dei vantaggi economici perduti per effetto della perdita di chance; Cons. St., Sez. V n. 3796 del 2002 per il ricorso all’equità ai fini della stima dei danni di incerto ammontare) e tener conto – anche dopo la considerazione delle valutazioni consulenze economiche come sopra ricostruite su dati che permangono ipotetici – dei fattori di specifica rischiosità dell’attività imprenditoriale in esame ( in particolare osservando che essa notoriamente non sembra aver comportato un successo nazionale delle trasmissione dagli impianti dopo il venir meno dell’inadempimento dell’amministrazione ), mitigando così doverosamente gli importi del risarcimento concedibile per la singolarità e per l’unicità di questa fattispecie ( con ciò per altro verso confermandosi la riduzione al 50% degli importi stimati dai consulenti ).


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

DANNI (in materia civile, penale, amministrativa, contabile, alternativi)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri