Ricusazione di giudice relatore di causa pendente al C.g.a. designato dalla Regione e retribuito dalla stessa

Ricusazione di giudice relatore di causa pendente al C.g.a. designato dalla Regione e retribuito dalla stessa


Processo amministrativo – Astensione e ricusazione – Causa pendente al C.g.a. - Giudice relatore designato dalla Regione e retribuito dalla stessa – Reiezione - Ratio. 

 

          Deve essere respinta l’istanza di ricusazione del giudice relatore del Collegio decidente una causa incardinata al Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione siciliana, che si fonda sulla circostanza che lo stesso, essendo stato designato dalla Regione e retribuito dalla stessa, non potrebbe trattare le cause di cui è parte la Regione ed essendo stato Assessore all’agricoltura non potrebbe trattare cause in cui è parte detto Assessorato, non essendo addotta alcuna delle cause di astensione obbligatoria del giudice previste dall’art. 51 c.p.c. (1). 

 

L’ordinanza ha escluso la sussistenza di cause di astensione obbligatoria del giudice previste dall’art. 51 c.p.c., sul rilievo che: a) i giudici “laici” del CGARS non sono nominati dalla Regione, che si limita a designarli, ma dal Presidente della Repubblica, a seguito di un parere vincolante dell’organo di autogoverno della magistratura amministrativa; b) in ogni caso la designazione dei giudici “laici” da parte della Regione non determina nessun dovere, in astratto e di per sé sola, di astensione dalle cause in cui è parte la Regione stessa; seguendo tale ragionamento, nessun giudice ordinario potrebbe trattare le cause in cui è parte il Ministero della giustizia, che concorre al procedimento di nomina; nessun giudice “laico” del Consiglio di Stato potrebbe trattare le cause della Presidenza del Consiglio dei ministri che concorre nel procedimento di designazione; nessun giudice “laico” designato dalle province autonome di Trento e di Bolzano potrebbe mai trattare le cause in cui è parte la relativa Provincia (artt. 1 e 2, d.P.R. n. 426 del 1984); c) presso il C.g.a., il collegio giudicante deve essere necessariamente composto con la partecipazione di due giudici “laici”; essendo tutti i giudici laici designati dalla Regione, a seguire il ragionamento della parte ricusante, sarebbe impossibile formare i collegi giudicanti nelle cause in cui è parte la Regione, perché nessun giudice laico potrebbe farne parte (analogamente, nei collegi del Tar di Trento e della sezione autonoma di Bolzano, a partecipazione necessaria dei laici designati dalle rispettive Province autonome, sarebbe impossibile formare i collegi giudicanti se i relativi giudici laici dovessero astenersi dal trattare le cause in cui è parte la Provincia); d) non può rilevare la distinzione tra componente del collegio e giudice relatore, perché le cause di ricusazione e astensione si applicano a tutti i componenti del collegio e non solo ai giudici relatori; e) la “garanzia di indipendenza e imparzialità” dei giudici “laici” è assicurata dai rigorosi requisiti di legge prescritti e dal complesso procedimento di nomina in cui da un lato interviene un parere vincolante dell’organo di autogoverno che oltre a verificare il possesso dei requisiti formali, accerta la piena attitudine allo svolgimento imparziale delle funzioni, e dall’altro lato la nomina avviene con decreto del Presidente della Repubblica; oltre che dalla circostanza fattuale che il “mandato” del giudice laico eccede quello del governo regionale che lo designa, e non è automaticamente prorogabile; la previsione normativa dei giudici “laici” ha già superato positivamente il vaglio della Corte costituzionale; f) il procedimento descritto sub e) garantisce che la persona “designata dalla Regione” dopo la nomina a magistrato non ha alcun legame con la Regione sussumibile sotto l’art. 51 c.p.c. per il solo fatto della precedente designazione; mentre eventuali e diversi legami riconducibili all’art. 51 c.p.c. devono essere specificamente provati da chi li eccepisce; g) nemmeno rileva il rapporto di credito-debito inerente il pagamento dello stipendio del giudice laico (che in ogni caso non è a totale carico della Regione, ma solo nella misura del 50%); così ragionando, nessun giudice della Repubblica italiana potrebbe decidere le cause in cui sono parti il Ministero della giustizia, o dell’economia, o la P.C.M., quali soggetti erogatori della retribuzione dei magistrati o comunque partecipanti alla loro determinazione; non è questo il rapporto di credito-debito cui si riferisce l’art. 51 c.p.c.; le sezioni unite della Cassazione hanno statuito che la dipendenza del giudice dallo Stato non gli inibisce la trattazione di controversie in cui sia parte quest'ultimo, o altro ente pubblico cui egli sia collegato per ragioni di residenza (ad esempio comune) o di utenza (azienda erogatrice di servizi pubblici), non essendo credibile in queste fattispecie che il giudice sia portato ad avvantaggiare o danneggiare, a seconda dei casi, il proprio debitore o creditore [Cass., sez. un., 11 aprile 2012, n. 5701]; h) la circostanza che il consigliere relatore sia stato, in anni risalenti a prima della nomina a magistrato, Assessore all’agricoltura non determina di per sé sola un obbligo di astensione sulle cause di cui sia parte detto Assessorato, in difetto di impugnazione di atti di tale Assessorato a cui il relatore abbia concorso in veste di Assessore. 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri