Regolamento elettorale per l'elezione dei Consigli degli Ordini dei dottori commercialisti, degli esperti contabili e dei collegi dei revisori e omessa previsione parità di genere

Regolamento elettorale per l'elezione dei Consigli degli Ordini dei dottori commercialisti, degli esperti contabili e dei collegi dei revisori e omessa previsione parità di genere


Professioni e mestieri - Dottori commercialisti - Consigli degli Ordini dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei collegi dei revisori – Elezione – Regolamento operazioni elettorali – Omessa previsione parità di genere – Illegittimità. 

          È illegittimo il regolamento elettorale per l'elezione dei Consigli degli Ordini dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei collegi dei revisori in carica dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2024, per violazione del principio di parità di accesso alle cariche elettive e della sua obbligatoria promozione di cui all’art. 51 Cost. (1). 

  

 

(1) Ha ricordato la Sezione che il primo comma dell’art. 51 Cost., nel testo novellato a seguito della legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1, dispone che “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”. Viene così sancito il principio di parità di accesso alle cariche elettive e della sua obbligatoria promozione, che costituisce una naturale declinazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost.. 

La giurisprudenza amministrativa, oltre ad affermare, nel solco della richiamata pronuncia del Giudice delle Leggi, che l’art. 51 Cost. ha valore di norma immediatamente vincolante e come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale si è occupata del problema dell’attuazione dell’art. 51 Cost. avuto riguardo all’accesso a cariche elettive presso organi amministrativi, osservando che l’equilibrata rappresentanza di entrambi i sessi in seno a tali organi garantisce “l’acquisizione al modus operandi dell’ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere. Organi squilibrati nella rappresentanza di genere, in altre parole, oltre ad evidenziare un deficit di rappresentanza democratica dell’articolata composizione del tessuto sociale e del corpo elettorale (…) risultano anche potenzialmente carenti sul piano della funzionalità, perché sprovvisti dell’apporto collaborativo del genere non adeguatamente rappresentato” (Tar Lazio, sez. II, 25 luglio 2011, n. 6673). La richiamata pronuncia ha condivisibilmente aggiunto che “l’equilibrio di genere, come parametro conformativo di legittimità sostanziale dell’azione amministrativa, nato nell’ottica dell’attuazione del principio di eguaglianza sostanziale fra i sessi, viene così ad acquistare una ulteriore dimensione funzionale, collocandosi nell’ambito degli strumenti attuativi dei principi di cui all’art. 97 Cost.: dove l’equilibrata partecipazione di uomini e donne (col diverso patrimonio di umanità, sensibilità, approccio culturale e professionale che caratterizza i due generi) ai meccanismi decisionali e operativi di organismi esecutivi o di vertice diventa nuovo strumento di garanzia di funzionalità, maggiore produttività, ottimale perseguimento degli obiettivi, trasparenza ed imparzialità dell’azione pubblica”. 

Ha peraltro chiarito la Sezione che non può dirsi esistente un obbligo generalizzato, costituzionalmente imposto, di inserire all’interno di qualsiasi disciplina elettorale riguardante la composizione di organi amministrativi su base elettiva un meccanismo “correttivo” con finalità di parità di genere. La funzione promozionale e di riequilibrio tra i generi dell’art. 51 Cost. risponde ad una diversa finalità, che è quella di chiedere ai soggetti che operano nell’ordinamento giuridico di valutare la necessità, tenuto conto del contesto normativo, sociale e storico di riferimento, se inserire o meno un siffatto meccanismo e, in caso affermativo, di graduarne l’incisività a seconda del grado di sotto-rappresentanza del genere femminile riscontrato. 

Poiché una corretta lettura dell’art. 51 Cost. implica che la promozione delle pari opportunità non sia demandata soltanto al legislatore ma veda il coinvolgimento di tutti i pubblici poteri, il Consiglio Nazionale avrebbe dovuto adottare in prima battuta e nell’attesa dell’intervento del legislatore le opportune misure per il rispetto della parità di genere sancito dall’art. 51, non essendogli consentito esercitare il potere regolamentare secondo modalità solo formalmente rispettose dalla legge ma sostanzialmente in contrasto, per ammissione dello stesso organo, al precetto costituzionale. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

PROFESSIONI intellettuali

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri