Presupposti della rinnovazione della demolizione e sospensione o inefficacia della stessa per effetto della pendenza di sanatorie

Presupposti della rinnovazione della demolizione e sospensione o inefficacia della stessa per effetto della pendenza di sanatorie


Edilizia – Condono - Obbligo di riesaminare l’abusività delle opere – Quando sussiste. 
 

        L’obbligo di riesaminare l’abusività delle opere provocato dalla domanda di condono con la riadozione dei provvedimenti repressivi ha senso solo in presenza di un intervento astrattamente sanabile, ossia quando per effetto della formazione di un nuovo provvedimento esplicito e per il suo concreto contenuto risulti definitivamente vanificata l’operatività del precedente provvedimento demolitorio, adottato senza tener conto della (astratta) condonabilità del bene (1). 


 

(1) Ha chiarito la Sezione che per giurisprudenza pacifica, “la presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l'inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un'automatica necessità per l'amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione; nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l'efficacia dell'ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione (Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 2020, n. 1848; id. n. 4829 del 2020). In caso di abusi edilizi, l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, sez. VI, n. 1552 del 2021).

Ne consegue che, rigettato il condono, la demolizione, temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore. 

L’ordinanza di demolizione non avrebbe poi mai potuto perdere definitivamente efficacia per l’applicazione dell’art. 44, l. n.  47 del 1985, in quanto detta norma si riferisce testualmente alla sospensione dei provvedimenti sanzionatori pregressi e quindi dell’ordine di demolizione adottato precedentemente alla presentazione della domanda di condono (l’ordine di demolizione successivo dovendo essere impugnato deducendone l’illegittimità per mancata previa definizione dell’istanza di condono – che paralizza temporaneamente l’esecuzione delle sanzioni - circostanza – questa dell’impugnazione della demolizione - non verificatasi nella specie essendosi fatta questione solo dell’impugnativa del diniego di condono e, omisso medio, del provvedimento di acquisizione del manufatto abusivo e dell’area di sedime).  

Aggiungasi che, stante la non accoglibilità della domanda di condono, essendo priva degli elementi essenziali (avvenuta ai sensi della l. n. 326 del 2003, la cui sanatoria è riferita solo ad abusi di natura residenziale, ma oggetto dell’opera sine titulo è un deposito), l’esito del procedimento non poteva essere diverso.  

Non sussistono pertanto, nella presente fattispecie, nemmeno i presupposti per l’applicazione dell’ orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente e relativo solo ai provvedimenti di condono (non agli accertamenti di conformità) secondo il quale la presentazione della domanda di condono successivamente alla impugnazione dell’ordinanza di demolizione (e nel caso di specie mai avvenuta) produce l’effetto di rendere inefficace tale provvedimento, e quindi improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse, perché tale orientamento – comunque revocabile in dubbio nel caso in cui il procedimento di condono si concluda con un rigetto a distanza di tempo ragionevole dalla demolizione sospesa dal condono – non può trovare applicazione nei casi come quello in esame, in cui sia palese la mancanza dei presupposti minimi di ammissibilità della stessa domanda di condono

L’obbligo di riesaminare l’abusività delle opere provocato dalla domanda di condono con la riadozione dei provvedimenti repressivi ha senso solo in presenza di un intervento astrattamente sanabile, ossia quando per effetto della formazione di un nuovo provvedimento esplicito e per il suo concreto contenuto risulti definitivamente vanificata l’operatività del precedente provvedimento demolitorio, adottato senza tener conto della (astratta) condonabilità del bene.  

La Sezione ha ricordato il principio di speditezza e non aggravamento dei procedimenti amministrativi repressivi, con una inutile riedizione ex novo di esso, atteso l’identico provvedimento repressivo da adottare in sede di rinnovo, stante la natura abusiva del manufatto e dell’impossibilità di condonarla, non rientrando per l’oggettività della sua natura nelle categorie previste dalla normativa di condono. ​​​​​​​


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

EDILIZIA e urbanistica, CONDONO EDILIZIO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri