Piano di sviluppo di un aeroporto

Piano di sviluppo di un aeroporto


Processo amministrativo – Sinteticità – Violazione – Conseguenze.

 

Processo amministrativo – Appello - Divieto di nova – Ambito di applicazione.

 

Ambiente - Valutazione di impatto ambientale - Condizione ambientale – Ambito - verifiche di ottemperanza - Necessità.

 

Opere pubbliche – Progettazione - Progettazione preliminare e progettazione definitiva – Modifiche – Conseguenza.

 

Opere pubbliche – Piano di sviluppo di un aeroporto – Immediata progettazione definitiva di tutti i singoli sottosistemi infrastrutturali – Esclusione.

 

        Il principio di chiarezza e sinteticità espositiva di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a. sanziona non già la prolissità in sé di un atto difensivo bensì la mancanza di chiarezza; la sua inosservanza espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’intera impugnazione o del singolo motivo di ricorso; ciò non già per l’irragionevole estensione dell’atto o del motivo ma in quanto rischia di pregiudicare l’intellegibilità delle questioni rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata (1)

 

        Il c.d. divieto dei nova in appello, ex art. 104, comma 1, c.p.a., si applica solo all’originario ricorrente; infatti, solo a quest’ultimo, una volta delimitato il thema decidendum con i motivi di impugnazione articolati in primo grado, è precluso un ampliamento dello stesso nel giudizio d’appello; viceversa, rispetto alle parti resistenti il medesimo divieto va inteso come riferito alle sole eccezioni in senso tecnico, non rilevabili d'ufficio, ma non anche alle mere difese rispetto agli altrui motivi di impugnazione (2).

 

In attuazione della direttiva 2014/52/UE il d.lgs. n. 104 del 2017 ha introdotto nell’ordinamento nazionale il concetto di “condizione ambientale” apposta al provvedimento di VIA non più limitata ai soli “requisiti per la realizzazione del progetto” ovvero alle “misure per prevenire, ridurre e compensare gli impatti ambientali negativi”, ma estesa alla descrizione puntuale delle misure di monitoraggio ambientale (art. 5, lett. o-quater) del d.lgs. n. 152 del 2006, come inserita dal d.lgs. n. 104/2017); all’autorità pubblica competono poi le “verifiche di ottemperanza” delle condizioni ambientali, allo scopo di identificare tempestivamente gli impatti ambientali significativi e negativi imprevisti e di adottare le opportune misure correttive (art. 28, comma 2). Le “condizioni ambientali” del provvedimento di VIA (su cui vedi anche l’art. 25, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006, come sostituito dall'art. 14, comma 1, del cit. d.lgs n. 104 del 2017), sono dunque regole finalizzate a mitigare l’impatto di un progetto sull’interesse ambientale sulla base della misurazione del tipo di impatto qualitativo e quantitativo derivante dall’attività assentita (3)

 

        In presenza di rilevanti modifiche intervenute tra lo stadio della progettazione preliminare e quello della progettazione definitiva, da cui derivino nuovi e/o ulteriori impatti significativi sull’ambiente prima non previsti, si deve effettuare una nuova procedura di VIA, in conformità alle direttive europee, per cui la valutazione ambientale deve sempre coincidere con l’atto che autorizza alla realizzazione dell’intervento (4).

 

Il Piano di sviluppo di un aeroporto – in quanto strumento complesso che individua le principali caratteristiche di adeguamento e potenziamento di ciascuno scalo, tenendo conto delle prospettive di sviluppo dell’aeroporto, delle infrastrutture, delle condizioni di accessibilità e dei vincoli sul territorio in un ampio orizzonte temporale – non consente di redigere immediatamente la progettazione definitiva di tutti i singoli sottosistemi infrastrutturali e, comunque, tale livello di progettazione non è più richiesto, dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 104 del 2017 (cfr. l’attuale testo dell’art. 5, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 152 del 2006) per la generalità delle opere e degli interventi sottoposti a VIA; tuttavia gli elaborati progettuali debbono consentire una lettura integrata dell’insieme dei sottosistemi collegati ed integrati tra loro in riferimento all’assetto dell’aeroporto, sia nello stato di fatto che in quello futuro riferito all’orizzonte temporale assunto nel progetto di piano di sviluppo aeroportuale (5).

 

 

 

(1) Ha ricordato la Sezione che analoghe previsioni sono contenute nell’art. 40  c.p.a., il quale prescrive che il ricorso deve contenere “distintamente”, tra l’altro “i motivi specifici su cui si fonda” (comma 1, lett. d) e che “I motivi proposti in violazione del comma 1, lett. d) sono inammissibili” (comma 2) (Cass. civ., sez. I, 13 aprile 2017, n. 9570).

 

(2) Cons. St., sez. II, 31 ottobre 2019, n. 7467.

 

(3) Ha chiarito la Sezione che secondo la disciplina europea la valutazione di impatto ambientale deve essere svolta ad uno stadio della progettazione tale da rendere possibile da subito la previsione di scenari alternativi, e quindi in modo da tenere conto, nelle definitive scelte progettuali, anche delle osservazioni e degli apporti derivanti dal procedimento di consultazione pubblica. Essa non opera quindi distinzioni formali tra i livelli di progettazione ma pone una questione sostanziale di necessità di esame e valutazione dei fattori presi in considerazione (siccome suscettibili di ripercuotersi sull'ambiente) prima che vengano iniziati i lavori, rimettendo a ciascuno Stato membro la scelta della fase procedurale cui avere riguardo e con l’unico limite che ai fini della VIA siano effettivamente disponibili gli elementi conoscitivi prescritti (Cons. St., sez. IV, 11 dicembre 2016, n. 389).

 

(4) Cons. St., sez. IV, 7 luglio 2011, n. 4072.

Nella stessa ottica, è stato evidenziato che quando l’intervento si fondi su di un progetto, anche di livello definitivo, non adeguato alle reali necessità e oggetto di osservazioni e prescrizioni tali da comporre un quadro complessivo di elementi concordemente negativi su tutti gli aspetti fondamentali dell’impatto ambientale, il giudizio di VIA risulta viziato sotto il profilo funzionale (Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361).

Ha aggiunto la Sezione che la direttiva 2014/52/UE non ha stabilito quale debba essere il livello della progettazione da sottoporre a VIA, lasciando quindi alla discrezionalità dei legislatori nazionali di provvedere in merito. Essa peraltro disciplina con maggior dettaglio rispetto al passato le informazioni che devono essere racchiuse nello studio di impatto ambientale e prescrive (cfr., in particolare, i considerando 7, 14, 15 e 30; l’art. 1, par. 3 che modifica l’art. 3 della direttiva, nonché il nuovo Allegato IV) che la VIA debba dar conto anche degli effetti significativi sui fattori ambientali che derivino dalla vulnerabilità del progetto a rischi di gravi incidenti e/o calamità; impone inoltre che il SIA, e quindi la VIA, debbano anche paragonare lo stato dell'ambiente precedente al progetto, quello previsto a seguito dell’attuazione del progetto e quello previsto nel caso di sua mancata realizzazione. 

Secondo la giurisprudenza europea, qualora il diritto nazionale preveda che il procedimento di autorizzazione si articoli in più fasi, la valutazione dell’impatto ambientale di un progetto dev’essere effettuata, in linea di principio, non appena sia possibile individuare e valutare tutti gli effetti che il progetto può avere sull’ambiente (Corte di Giustizia UE, sentenza 7 gennaio 2004, causa C‑201/02, Wells, punto 53, nonché 28 febbraio 2008, causa C‑2/07, Abraham punto 26). In particolare, qualora la normativa di uno Stato membro preveda che la procedura si svolga in più fasi, consistenti l’una in una decisione principale e l’altra in una decisione di attuazione (che deve rispettare i parametri stabiliti alla prima), gli effetti devono essere individuati e valutati nel segmento relativo alla decisione principale e solo quando i detti effetti siano individuabili unicamente nel segmento relativo alla decisione di attuazione, la valutazione deve essere effettuata in tale ultima fase.

 

(5) Ha ricordato la Sezione che sebbene la normativa di settore (art. 1, comma 6, del d.l. n. 251 del 1995, conv. in l. n. 351 del 3 agosto 1995), non richieda né indichi espressamente che il Masterplan aeroportuale debba essere equiparato ad un progetto definitivo ai sensi della normativa vigente in materia di lavori pubblici, esso deve comunque essere corredato da tutti gli elementi progettuali ed ambientali necessari ad una completa valutazione degli impatti.

Le soluzioni progettuali, relative ad aspetti qualificanti dell’opera e/o intervento sottoposto a valutazione di impatto ambientale, devono essere verificate ex ante, e quindi ai fini dell’espressione del giudizio di compatibilità ambientale e non già ex post in sede di verifica di ottemperanza alle prescrizioni.

Ha ancora ricordato la Sezione che secondo la Corte di Giustizia UE, in considerazione della finalità della direttiva VAS, consistente nel garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente, le disposizioni che delimitano il suo ambito di applicazione e, in particolar modo, quelle che enunciano le definizioni degli atti ivi previsti devono essere interpretate in senso ampio (Corte giustizia UE, sez. II, 7 giugno 2018, Thybaut e a.,  C –160/17, par.40; cfr. anche 27 ottobre 2016, D’Oultremont e a., C - 290/15, punto 40).

Se l’art. 5, paragrafo 3, della direttiva VAS prevede la possibilità di utilizzare le informazioni pertinenti ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o attraverso altre disposizioni della normativa dell'Unione, l’art. 11, paragrafo 1, di tale direttiva precisa che la valutazione ambientale effettuata ai sensi della stessa lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva VIA. Pertanto “una valutazione dell’impatto ambientale effettuata a norma della direttiva VIA non può dispensare dall’obbligo di effettuare la valutazione ambientale prescritta dalla direttiva VAS allo scopo di rispondere ad aspetti ambientali ad essa specifici” (Corte Giustizia UE, sez. II, 7 giugno 2018, cit., paragrafi 64 e 65).

Se la localizzazione di un’opera soggetta a VIA comporta una modifica puntuale del “quadro di riferimento” della pianificazione territoriale, l’esenzione dalla VAS disposta dall’art. 6, comma 12, d.lgs. n. 152 del 2006, presuppone, quantomeno sul piano logico, che tale valutazione sia stata già effettuata in sede di pianificazione generale (Cons. St., sez. IV, 24 aprile 2019, n. 2651).

Ha ancora affermato la Sezione che se è vero che il giudizio di compatibilità ambientale non ha ad oggetto la conformità dell’opera agli strumenti di pianificazione ma la sostenibilità ambientale - e pur potendo convenirsi che, in base all’attuale quadro normativo, interno ed europeo, l’effettuazione di un procedimento di VAS sulla programmazione territoriale o settoriale non è un presupposto di legittimità della VIA (trattandosi di subprocedimenti autonomi e non collegati da vincolo giuridico di presupposizione) - è tuttavia innegabile che l’esistenza di un coerente quadro programmatico costituisca un fattore positivo ai fini della valutazione di impatto ambientale e che, viceversa, l’assenza di una valutazione strategica debba essere ragionevolmente considerata, quantomeno, quale elemento “critico”. In tal senso, la IV Sezione (n. 2569 del 20 maggio 2014) ha già messo in luce che quando il progetto sia conforme alla localizzazione prevista dal Piano già oggetto di VAS “il progetto non dovrebbe, in linea di massima, essere inibito in ragione della sua già vagliata localizzazione”. Nel più delicato caso in cui, invece, il progetto comporti variante localizzativa al Piano, la disposizione secondo cui “ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere” (art. 6 comma 12, d.lgs. n. 152 del 2006) deve interpretarsi nel senso che “quando la modifica al Piano, derivante dal progetto, sia di carattere esclusivamente localizzativo, la VIA è sufficiente a garantire il principio di sviluppo sostenibile, non essendo necessaria una preliminare fase strategica che evidenzi altre opzioni localizzative. Logico corollario è che qualora la localizzazione proposta dovesse essere, secondo la VIA, pregiudizievole per l'ambiente nonostante ogni cautela, il progetto andrà incontro ad una mera inibizione” (sentenza n. 2569 del 2014, cit.). Ne deriva che modifiche alla pianificazione generale attraverso scelte progettuali non prefigurate dalla prima possono essere legittimate dalla valutazione di impatto ambientale, senza la necessità di rinnovare quella ambientale strategica, solo se dette modifiche abbiano carattere “esclusivamente localizzativo” mentre, per contro, “non è consentito apportare alla pianificazione settoriale alcuna modifica della destinazione di un sito in esso compreso, attraverso il rilascio in sede di esame di singoli progetti di autorizzazioni concernenti attività antropiche estranee al novero di quelle considerate nella prodromica attività di pianificazione. Pur rispondendo alla medesima logica, la valutazione ambientale strategica e quella di impatto ambientale si collocano in snodi differenti dell'esame delle possibili ricadute sull'ecosistema di attività potenzialmente nocive: la prima attiene alla verifica dei possibili impatti derivanti dall'attuazione di piani, mentre la seconda è circoscritta al singolo progetto. Conseguentemente, la prima sarebbe vanificata laddove possano essere apportate variazioni connesse ad attività non considerate” (Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 2015, n. 263).

Nel caso di specie la IV Sezione ha valutato che poiché il Masterplan 2014 – 2029 dell’aeroporto di Firenze contempla opere di considerevole impatto ambientale – tra cui lo spostamento di un tratto del Fosso Reale, il sotto-attraversamento dell’Autostrada A11 e la rilocalizzazione del Lago di Peretola – l’assenza di una valutazione strategica del piano territoriale che costituisce il “quadro di riferimento” per la relativa approvazione (ai sensi dell’art. 6 della l. n. 152 del 2016), doveva essere logicamente considerata non già un fattore neutro, come ritenuto dalla Commissione VIA, bensì un fattore obiettivamente critico, se non ostativo, ai fini dell’approvazione del Masterplan.

Il fatto che le prescrizioni e/o condizioni apposte ad un provvedimento di VIA riguardino tutte aspetti non secondari bensì i profili qualificanti di un progetto, espressamente considerati tali dalla stessa Commissione VIA, costituisce rilevante sintomo di un difetto di istruttoria o comunque di irragionevolezza di un giudizio positivo espresso nonostante le rilevate carenze del progetto e/o dello studio di impatto ambientale; è del pari sintomo, quantomeno di difetto di istruttoria, l’inserimento di prescrizioni relative all’effettuazione di studi su temi ambientali che dovrebbero essere oggetto di valutazione ex ante da parte della Commissione VIA e non di verifica ex post in sede di “ottemperanza”.

L’inserimento di prescrizioni che richiedono l’elaborazione di diverse e/o ulteriori soluzioni progettuali relativamente ad aspetti essenziali dell’intervento sottoposto a VIA, denota l’insussistenza di elementi adeguati per valutare l’effettiva incidenza sull’ambiente dell’intervento medesimo.

Ha infine concluso la Sezione che qualora un progetto sottoposto a VIA preveda interventi di compensazione degli habitat naturali di cui è programmata la soppressione, è necessario che gli studi atti a dimostrare l’efficacia di tali interventi - ovvero la possibilità che le aree di compensazione possano ragionevolmente raggiungere caratteristiche ecologiche, strutturali e funzionali comparabili a quelle delle aree che saranno sottratte - vengano presentati in sede di VIA e non già in sede di ottemperanza alla prescrizioni.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, APPELLO

GIUSTIZIA amministrativa

AMBIENTE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri