Permanenza dell’interesse alla pronuncia di merito una volta venuta meno l’utilità dell’annullamento

Permanenza dell’interesse alla pronuncia di merito una volta venuta meno l’utilità dell’annullamento


Processo amministrativo – Interesse a ricorrere – Sopravvenuta carenza - Decisione di merito – Solo ai fini risarcitori. 

 

               Ai sensi dell’art. 34 c.p.a., solo l’interesse risarcitorio dà titolo all’accertamento dell’illegittimità di un provvedimento impugnato, una volta divenuto inutile l’annullamento giurisdizionale di un provvedimento non più efficace (1). 

 

(1) Ha chiarito la Sezione che il principio secondo il quale l’interesse meritevole di tutela può correlarsi, una volta venuta meno l’utilità dell’annullamento, a posizioni d’interesse “strumentale o morale” ha riguardo ad utilità giuridiche comunque attuali, funzionalmente collegate agli effetti del provvedimento impugnato: consistenti, in altre parole, nel “vantaggio che il ricorrente può conseguire per effetto dell'accoglimento del ricorso” in relazione alla “concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell'interesse protetto” (Consiglio di Stato, sez. V, 12 maggio 2020, n. 2969).

Il legislatore ha perimetrato con chiarezza che l’unica forma d’interesse che legittima la prosecuzione del giudizio una volta acclarata l’inutilità dell’annullamento è quella che sorregge l’azione risarcitoria. Non esiste, evidentemente, un tertium genus (il cui riconoscimento sarebbe peraltro contra legem, in presenza del chiaro disposto dell’art. 34, comma 3, c.p.a.), ma unicamente il rilievo di posizioni d’interesse comunque connesse ad un bene della vita (ancorché immateriale) in qualche modo inciso dal provvedimento. Il bene della vita cui aspira l’odierno appellante è invece relativo ad una sorta di “interpello” preventivo in merito all’organizzazione e all’attività d’impresa che possa, in futuro, costituire oggetto (non conflittuale) di atti di esercizio del potere amministrativo attribuito dalla disposizione del cui significato si controverte (art. 28, comma 2, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 8). Una simile pretesa non legittima – per il diritto positivo - l’affermazione della permanenza dell’interesse all’accertamento della illegittimità del provvedimento nel giudizio impugnatorio, una volta acclarata l’inutilità della pronuncia caducatoria. In un’ottica di coerenza sistematica va peraltro rilevato che neppure lo stesso interesse che, a determinate condizioni, legittima – ove ammissibile - la proposizione dell’azione di mero accertamento nel processo amministrativo, può essere ancorato alla tutela di situazioni future od eventuali, non potendo “prescindere dall'esistenza di un pregiudizio attuale del diritto” (Tar Toscana  n. 1377 del 2020).


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri