Partecipazione dei componenti cd. laici del C.g.a. all'Adunanza generale

Partecipazione dei componenti cd. laici del C.g.a. all'Adunanza generale


Consiglio di Stato e Consiglio di Giustizia per la Regione Siciliana – Adunanza generale – Componenti - Componenti cd. laici del C.g.a. – Partecipazione – Solo per affari della Regione Sicilia, ossia rimessi dal medesimo C.g.a.

   I componenti cd. laici del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana possono di partecipare all’Adunanza generale del Consiglio di Stato limitatamente agli affari della Regione Sicilia, ossia rimessi dal medesimo C.g.a. (1). 

 

(1) Ha chiarito il parere, con specifico riferimento ai componenti c.d. laici del C.g.a., che ai sensi dell’articolo 6, comma 1, “il prefetto è designato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per gli affari regionali”, mentre i componenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d) e all'articolo 4, comma 1, lettera d) – cioè i componenti “in possesso dei requisiti di cui all'articolo 106, comma 3, della Costituzione per la nomina a consigliere di Cassazione ovvero di cui all'articolo 19, comma 1, numero 2), della legge 186/1982 ” delle sezioni consultiva e giurisdizionale – sono designati dal Presidente della Regione siciliana. Costoro sono poi nominati “con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, cui partecipa il Presidente delle Regione siciliana ai sensi dell'articolo 21, comma 3, dello Statuto” (articolo 6, comma 3). 
Giova infine ricordare che “i componenti designati dalla Regione e il prefetto durano in carica sei anni, decorrenti per ciascuno di essi dalla data del rispettivo giuramento, e non possono essere confermati” e “alla scadenza del sessennio i componenti del Consiglio di giustizia amministrativa designati dal Presidente della Regione e il prefetto cessano dalla carica e dall'esercizio delle funzioni” (articolo 6, commi 4 e 5).
Sempre la Corte costituzionale, in relazione alla presenza dei c.d. “laici”, ha affermato - come sopra detto - che la peculiare struttura e composizione del Consiglio di giustizia amministrativa delineate dal decreto n. 373 appaiono pienamente giustificate (Corte cost., 4 novembre 2004, n. 316). 
A questo riguardo è significativo ricordare che lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (ed il relativo decreto di attuazione 6 aprile 1984, n. 426) si sia ispirato agli stessi principi di autonomia, riproducendo sostanzialmente, a distanza di anni, il modello organizzativo siciliano basato sulla presenza, nell’organo di giustizia amministrativa, di membri “non togati” designati in sede locale. Si tratta evidentemente di un modello del tutto particolare fondato sulla “specialità” di alcuni statuti regionali i quali possono anche, nel campo dell’organizzazione giudiziaria, contenere norme a loro volta espressive di autonomia. 
Il C.g.a., in considerazione del carattere unitario del complesso costituito dal Consiglio in questione e dal Consiglio di Stato, può deferire l’affare consultivo all’Adunanza generale del Consiglio di Stato e, per le controversie in sede giurisdizionale, rimettere la decisione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in esatta corrispondenza all’analoga facoltà delle altre sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. 
L’articolo 9, comma 3, sancisce al riguardo che “quando il parere riguarda materie che incidano notevolmente sugli interessi generali dello Stato o di altre Regioni, il Consiglio può deferirne l'esame all'Adunanza generale del Consiglio di Stato, sentita sul punto la Regione. In tale caso l'Adunanza generale esamina gli affari su preavviso del Consiglio di giustizia amministrativa e con l'intervento di almeno due magistrati di quest'ultimo”; a ciò si aggiunga che all'Adunanza generale del Consiglio di Stato, composta ai sensi dell’articolo 9, comma 3, è altresì devoluta la cognizione dei conflitti di competenza, in sede consultiva, tra il Consiglio di giustizia amministrativa e il Consiglio di Stato. 
Inoltre, ai sensi dell’articolo 10, comma 4, “ove il punto di diritto sottoposto all'esame del Consiglio di giustizia amministrativa abbia dato luogo o possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali con le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, la Sezione giurisdizionale del Consiglio di giustizia amministrativa può, in qualunque stadio del processo, deferire la cognizione del ricorso all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. In tale caso, l'Adunanza plenaria è integrata da due magistrati della Sezione medesima”. 
Le criticità interpretative
Ai sensi degli articoli 19 e 20 del R.D. n. 1054/1924, il Segretario Generale è tenuto ad avvisare della fissazione delle sedute i componenti dell’Adunanza generale legittimati a parteciparvi. In tale veste, anche in esecuzione di quanto stabilito dal CPGA nella delibera del l4 novembre 2005 – che, come riferito al paragrafo 1.1., ha ritenuto che i componenti c.d. laici del CGARS, possano partecipare all’Adunanza generale limitatamente agli affari della Regione siciliana rimessi dallo stesso CGARS – il Segretario generale ha sempre avvisato i consiglieri di Stato assegnati al CGARS, mentre i componenti c.d. laici sono stati invitati soltanto quando dovevano essere trattati gli affari della Regione siciliana rimessi dallo stesso CGARS. 
Il quesito relativo alla sussistenza o meno in capo ai componenti laici del CGARS del titolo a partecipare all’Adunanza generale nonchè all’esistenza o meno di limitazioni a tale diritto, dipende, a giudizio del Segretario generale, dalla formulazione, da un lato, dell’articolo 3, comma 1, della l. 186/1982, ai sensi del quale l’Adunanza generale è composta da tutti i magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato e, dall’altro lato, dell’articolo 9 del d.lgs. 373/2003, per il quale nel caso in cui il parere richiesto al C.g.a. riguardi materie che incidono notevolmente sugli interessi dello Stato o di altre Regioni, la questione può essere deferita all’Adunanza generale del Consiglio di Stato, con l’intervento di “almeno due magistrati” del C.g.a.. 
In particolare, sarebbero prospettabili due letture diverse. Secondo la prima lettura, i componenti del C.g.a. non sarebbero qualificabili come magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato e la loro partecipazione all’Adunanza generale sarebbe consentita dall’articolo 9 cit., che costituirebbe una norma legittimante di natura speciale e derogatoria. 
In base ad una diversa lettura, invece, essendo il C.g.a. una sezione staccata del Consiglio di Stato, i magistrati in servizio presso il C.g.a., compresi i componenti c.d. laici, dovrebbero intendersi magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato con conseguente legittimazione a partecipare all’Adunanza generale. 
A sostegno di quest’ultima lettura deporrebbero gli articoli 2 e 7 del d.lgs. 373/2003 e l’articolo 23 dello Statuto della Regione siciliana. In questa prospettiva, diversamente dalla prima, l’articolo 9 cit. non sarebbe una norma legittimante di natura speciale e derogatoria ma si limiterebbe a prescrivere un requisito ulteriore di validità stabilendo che, nel caso di affari deferiti all’Adunanza generale del Consiglio di Stato dal C.g.a., debbano intervenire almeno due componenti del C.g.a. stesso. Seguendo questo ragionamento, i componenti c.d. laici del C.g.a. dovrebbero essere sempre chiamati a partecipare all’Adunanza generale, costituendo la loro partecipazione adempimento di un obbligo di servizio.
Alla luce del quadro sino a qui delineato, reputa la Sezione che debba darsi continuità all’orientamento espresso nel 2005 dal Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa e alla prassi sin qui seguita nella convocazione dell’Adunanza generale.
Ed invero, l’equiparazione contenuta all’articolo 7, d.lgs. n. 373 del 2003 – ai sensi del quale ai componenti c.d. laici “durante il periodo di durata in carica, si applicano le norme concernenti lo stato giuridico e il regime disciplinare dei magistrati del Consiglio di Stato” – è prevista dalla legge solo con riferimento allo status di magistrato ma non anche in relazione alle funzioni esercitate. 
Il quadro normativo sin qui delineato impone quindi di distinguere tra le funzioni svolte dal componente laico (afferente lato sensu al “rapporto organico” con l’Ente) e il rapporto giuridico del componente laico instaurato con la giustizia amministrativa (il rapporto di servizio). 
In relazione al primo profilo (“rapporto organico”) vi è un legame funzionale esclusivamente con l’attività giurisdizionale e consultiva relativa agli affari di interesse regionale. Dalla ricostruzione delle norme vigenti ora richiamate emerge, infatti, che i componenti laici svolgono una funzione legata all’amministrazione della giustizia esclusivamente nel territorio regionale e alle controversie in cui è interessata la regione stessa.
Con riferimento al secondo profilo (“rapporto di servizio”), invece, vi è, per il periodo del mandato, l’equiparazione ai magistrati del Consiglio di Stato. I componenti laici, nel periodo in cui svolgono il loro mandato, hanno il medesimo stato giuridico dei consiglieri di Stato e, conseguentemente, sono assoggettati al regime disciplinare di questi ultimi. 
Ciò, peraltro, giustifica la ragione per cui hanno sempre goduto, durante il loro mandato, dell’elettorato attivo in occasione delle elezioni dei componenti del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa.
Le conclusioni ora raggiunte sono avvalorate anche dalla ragione storica dell’istituzione del Consiglio di Giustizia Amministrativa nonché dalla specifica competenza a quest’ultimo demandata dallo Statuto siciliano e dalla legge. 
In primo luogo, risulta innegabile che al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana sono devolute solo le questioni relative a “gli affari concernenti la Regione” e conseguentemente a tale oggetto deve risultare limitata la “competenza” e le “funzioni” dei componenti laici.
Ulteriore conferma, in secondo luogo, la si ritrova nel fatto che le ipotesi in cui i predetti componenti laici possono partecipare all’assunzione delle decisioni presso il Consiglio di Stato – ossia i casi previsti dagli artt. 9, comma 3, e 10, comma 4, d.lgs. n. 373 del 2003 – sono riferibili esclusivamente a controversie che interessano la Regione Siciliana. 
Ed invero, l’articolo 9, comma 3, ora cit., nel prescrivere che “l'Adunanza generale esamina gli affari su preavviso del Consiglio di giustizia amministrativa e con l'intervento di almeno due magistrati di quest'ultimo”, si limita ad affermare unicamente che è necessaria la presenza di due magistrati del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la validità della adunanza quando si discute di affari inerenti la Regione Siciliana. Nessuna indicazione espressa, invece, vi è nel senso della possibilità di partecipare alle decisioni dell’Adunanza generale e dell’Adunanza plenaria quando non vengono in discussione questioni che riguardano la Sicilia.
In terzo luogo, l’impossibilità di operare una totale assimilazione discende anche dalla disposizione secondo cui, ai fini della validità delle deliberazioni della Sezione consultiva del C.g.a., “occorre il voto di non meno di quattro membri della Sezione, tra cui almeno un magistrato del Consiglio di Stato” con conseguente distinzione funzionale tra i componenti laici e i consiglieri di Stato. 
Ed invero, se i primi fossero assimilati in toto ai secondi, tale disposizione non avrebbe ragion d’essere. 
​​​​​​​In coerenza con tale assunto, infine, si spiega la ragione per cui all’Adunanza generale del Consiglio di Stato devono partecipare i consiglieri di Stato anche se in servizio presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

CONSIGLIO di Stato

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri