Orazione del giudice della Corte costituzionale Filippo Patroni Griffi per Franco Frattini – Presidente del Consiglio di Stato

Orazione del giudice della Corte costituzionale Filippo Patroni Griffi per Franco Frattini – Presidente del Consiglio di Stato

Per non soffrire la perdita di una persona cara occorrerebbe non averla mai conosciuta. E allora è meglio esporsi a questo dolore.

Franco Frattini ha una caratteristica: eccellere in qualsiasi ambito si cimenti; e in qualsiasi ruolo istituzionale. Non è da molti uomini, da lui sì. Come non è da molti, ma vale sicuramente per lui, lasciare traccia del proprio operato e un ricordo indelebile nelle persone che lo conoscano.

Quando la moglie Stella mi ha chiesto di parlare di lui, io non ho pensato a un “elogio funebre”, a un ricordo del passato, per due ragioni: in primo luogo, mi è difficile parlare di lui al passato, proprio non ce la faccio; e poi perché il suo pensiero e il suo operato sono visibili, e tali resteranno a lungo, ovunque egli sia stato.

In questi giorni è stato detto di lui tanto, da persone di ogni estrazione, da personalità investite di responsabilità istituzionali le più alte. “La sua scomparsa priva la Repubblica di un protagonista di alto profilo che in questi anni ha recato un importante contributo alla vita delle nostre istituzioni”, ha avuto modo di dire Ella, signor Presidente, esprimendo un sentire assai comune nel mondo della politica e delle istituzioni.

Frattini in politica ha sempre vissuto questo impegno come servizio alle istituzioni, in nome di una Politica con la P maiuscola in cui le legittimamente differenti visioni dovessero trovare una convergenza e una mediazione nel comune interesse del Paese. Le cariche da lui ricoperte, da Ministro degli esteri due volte e una da Ministro della funzione pubblica, sono state vissute come incarichi istituzionali, pur nella loro fisiologica politicità. Da parlamentare, anche all’opposizione, ha sempre privilegiato le ragioni del dialogo costruttivo sulla contrapposizione, perché la ricerca della migliore soluzione possibile apparteneva al suo dna e il contrasto fine a sé stesso lui lo considerava, secondo me, proprio stupido, un’offesa all’intelligenza.

Parlavo con lui quando era all’opposizione in occasione delle riforme Bassanini, e naturalmente con lui parlava il Ministro, e insieme si trovava sempre la quadra; e questo “stile” lui conservò da Ministro, in uno splendido

periodo in cui ci ritrovammo, lui Ministro, il compianto Antonio Catricalà capo di gabinetto e io al legislativo. E –se mi è consentito un ricordo in un periodo in cui cercammo di fare qualcosa per il Paese ma ci divertimmo pure tanto insieme- Catricalà gli ricordava scherzosamente che lì era certo il Ministro ma, nell’ordine dei ruoli vero, cioè al Consiglio di Stato, lui era il terzo di noi tre. E Franco conveniva assolutamente.

In Europa, Frattini ricopre l’incarico di Vice Presidente della Commissione Europea, responsabile per la Giustizia, la Sicurezza, l’immigrazione e i Diritti Fondamentali; e di immigrazione e diritti fondamentali si occuperà, con “umanità” e rigore, quale presidente della Terza Sezione del Consiglio di Stato, confermando la sua straordinaria capacità di mettere insieme qualità che nei più vivono separate. Sempre da responsabile per la Giustizia, ha formalizzato e finanziato l’ACA, l’Associazione delle Corti Supreme amministrative dell’Unione, fino a quel momento poco più di un club, pur prestigioso, costituito dai Consigli di Stato e dalle Corti di pochi Paesi. E di ciò gli è stato dato ampio riconoscimento quando, divenuto presidente del Consiglio di Stato, mi è subentrato nella presidenza italiana dell’Associazione. E in questa occasione lui è stato affettuoso, come sempre, nel consentirmi di partecipare a quei lavori cui avevo dato inizio.

Ma per lui l’Europa non è un incarico. E’ il punto di riferimento che, nella sua visione della collocazione geopolitica dell’Italia, costituirà il faro della sua riflessione politica e culturale. E questo varrà per tutte le relazioni internazionali, settore che egli continua a coltivare con passione e competenza.

E poi lo sport. Il suo contributo al riconoscimento del Comitato olimpico internazionale come osservatore all’ONU è stato ricordato dal presidente del Comitato. E l’impegno per gli animali, che spaziava dai sornioni gatti di casa sua agli orsi, tanto da farsi promotore di un importante convegno a Palazzo Spada sui diritti degli animali.

Consentitemi, infine, una breve nota personale. Ci siamo conosciuti sui banchi del concorso al Tar, io seduto avanti e lui dietro, 40 anni fa, lui avvocato dello Stato e io magistrato ordinario. In un mio momento di indecisione sul tema di civile, oramai si può dire, lui intervenne dandomi, con generosità, la dritta giusta (e nemmeno ci conoscevamo). Poi ci siamo

ritrovati al Consiglio, lui l’anno dopo di me, in una splendida Quarta sezione che tanto ci marchierà, in termini professionali ma anche e soprattutto umani. Ed egli, che aveva tanto da dare e ha dato tanto, non ha mai reclamato niente, essendo sempre disponibile a prestare il proprio impegno dove gli fosse richiesto. Quando rientrò in Consiglio, dopo la lunga parentesi politica, andò in Terza Sezione e poi ebbi il privilegio di averlo come aggiunto quando diventai presidente. Ho avuto la fortuna di condividere scelte importanti, ma anche le quotidiane scocciature, con una persona come lui: leale, affettuoso, pur nella sua sobrietà. Tanto che rimasi preoccupato quando, l’ultima volta che l’ho visto in Consiglio, nel salutarmi mi abbracciò: manifestazione esteriore a lui non congeniale. Eppure mi rinfrancai nel vederlo molto meglio a casa alla fine di novembre.

Se il Paese perde un uomo delle istituzioni di spessore, il Consiglio di Stato perde una guida autorevole e sicura, espressione di una generazione che inevitabilmente va a finire, come è nell’ordine delle cose. Sono contento che sia diventato presidente del Consiglio di Stato, la sua massima aspirazione: “Abbiamo avuto già tanto ma ci tengo a finire la mia carriera come Presidente” mi ha detto più volte. Ed è stato un grande presidente, l’uomo giusto al momento giusto, come è sempre stato per lui. Avrebbe avuto bisogno solo del tempo che gli spettava.

Al Paese mancherà un uomo di valore. Però abbiamo avuto il privilegio di averlo, di ascoltarlo, di conoscerlo e frequentarlo. E dobbiamo essere contenti per questo, più che tristi perché si è allontanato. E la memoria in noi di lui lo farà vivere ancora, perché la memoria tiene in vita le persone. Come ammoniva Foscolo: “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dall’urna”. E Franco certo non corre questo rischio.

Caro Franco, sii orgoglioso di quello che hai fatto e di quello che sei stato e sei per tanti di noi. Stella, che hai condiviso con lui in simbiosi lunghi anni di matrimonio, Carlotta, sua figlia adorata, sappiate che potrete sempre contare sull’affetto di quanti lo hanno conosciuto; e sicuramente di me, che ho avuto la fortuna di averlo per amico. E come tale continuerò ad averlo.

Filippo Patroni Griffi