Obbligatorietà della rimessione alla Corte di Giustizia, da parte del giudice di appello, dopo la revisione dei presupposti ad opera della sentenza della Corte UE del 6 ottobre 2021 nella causa C – 561/19.

Obbligatorietà della rimessione alla Corte di Giustizia, da parte del giudice di appello, dopo la revisione dei presupposti ad opera della sentenza della Corte UE del 6 ottobre 2021 nella causa C – 561/19.


Processo amministrativo – Rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE – Obbligo del giudice di appello – Quando sussiste.

 

​​​​​​​            Soltanto qualora il giudice nazionale concluda per l’assenza di elementi atti a far sorgere un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta del diritto dell’Unione, esso potrà astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità, dovendo l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi (1).

 

(1) Ha chiarito la Sezione che con la sentenza del 6 ottobre 2021 nella causa C – 561/19 la Corte di Giustizia, pronunciando a definizione di una distinta causa pregiudiziale, ha precisato le condizioni che devono sussistere perché, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il giudice nazionale di ultima istanza possa risolvere la controversia interna senza investire la Corte di Giustizia della soluzione di quesiti pregiudiziali relativi alla corretta interpretazione del diritto unionale.

In particolare, secondo quanto rilevato dalla Corte, il giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno, quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione, può essere esonerato dall’obbligo di rinvio ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE solo quando abbia constatato che la questione sollevata non è rilevante, o che la disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte, oppure che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (punto 33 sentenza cit.).

In primo luogo, la questione pregiudiziale afferente alla corretta interpretazione del diritto unionale deve ritenersi irrilevante nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia (punto 34 sentenza cit.).

In secondo luogo, la questione pregiudiziale può ritenersi già oggetto di interpretazione da parte della Corte qualora sia materialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale o nell’ambito del medesimo procedimento nazionale ovvero qualora una giurisprudenza consolidata della Corte risolva il punto di diritto di cui trattasi, quale che sia la natura dei procedimenti che hanno dato luogo a tale giurisprudenza, anche in mancanza di una stretta identità delle questioni controverse (punto 36 sentenza cit.); trattasi di circostanze idonee ad escludere l’obbligo di rinvio pregiudiziale, ma tali da non impedire al giudice nazionale di esercitare comunque la facoltà di adire la Corte qualora ritenuto opportuno.

In terzo luogo, l’interpretazione corretta del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi qualora il giudice nazionale maturi il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe altresì ai giudici di ultima istanza degli altri Stati membri e alla Corte (punto 40 sentenza cit.).

Avuto riguardo a tale ultima condizione (di esonero dall’obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE), la Corte di Giustizia ha precisato che il giudice nazionale:

- deve svolgere le proprie valutazioni in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione;

- deve tenero conto del fatto che le disposizioni del diritto dell’Unione sono redatte in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura, con la conseguenza che una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non potrebbe essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione della disposizione medesima, né potrebbe attribuirsi ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche, dovendo le norme dell’Unione essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione;

- deve tenere conto della circostanza per cui il diritto dell’Unione impiega una terminologia che gli è propria e nozioni autonome che non presentano necessariamente lo stesso contenuto delle nozioni equivalenti che possono esistere nei diritti nazionali;

- deve pure considerare che ciascuna disposizione unionale deve essere collocata nel suo contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione al momento in cui va data applicazione alla disposizione in parola.

La Corte di Giustizia, per quanto di più interesse ai fini della causa nazionale ha, inoltre, evidenziato che:

- il giudice nazionale non può essere tenuto ad effettuare un esame di ciascuna delle versioni linguistiche della disposizione dell’Unione di cui trattasi, dovendo prendere in considerazione le divergenze tra le versioni linguistiche della disposizione esaminata di cui sia a conoscenza, segnatamente quando tali divergenze sono dedotte dalle parti e risultano comprovate;

- non può essere sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta del diritto unionale la mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una disposizione sovranazionale, nei limiti in cui nessuna di queste altre letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato, segnatamente alla luce del contesto e della finalità di detta disposizione, nonché del sistema normativo in cui essa si inserisce;

- quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione.

In applicazione di tali criteri interpretativi, soltanto qualora il giudice nazionale concluda per l’assenza di elementi atti a far sorgere un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta del diritto dell’Unione, esso potrà astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità.

La Corte di Giustizia ha, in conclusione, chiarito che l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi. La configurabilità di siffatta eventualità deve essere valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice non può essere esonerato da detto obbligo per il solo motivo che ha già adito la Corte in via pregiudiziale nell’ambito del medesimo procedimento nazionale. Tuttavia, esso può astenersi dal sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte per motivi d’irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a detto giudice, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa

UNIONE Europea, RINVIO pregiudiziale alla Corte di giustizia UE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri