Nelle spese di lite non rileva l’onere tributario connesso con l’instaurazione del giudizio

Nelle spese di lite non rileva l’onere tributario connesso con l’instaurazione del giudizio


Processo amministrativo – Spese di giudizio - Solo costo per la difesa tecnica - Onere tributario – Esclusione. 

     Nel processo amministrativo, il regolamento delle spese di lite, come noto oggetto di lata discrezionalità giudiziale, attiene soltanto al costo per la difesa tecnica, ma non rileva ai fini della ripartizione dell’onere tributario connesso con l’instaurazione del giudizio, viceversa posto dalla legge senz’altro a carico del soccombente; tale principio, affermato per il contributo unificato dall’art. 13, comma 6-bis 1, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 2, comma 35-bis, lett. e), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, è applicabile, a fortiori, anche alla ripartizione dell’onere economico dell’imposta di registro: invero, se il contributo unificato è dovuto per l’instaurazione di un giudizio, l’imposta di registro sottopone ad imposizione l’atto che definisce il giudizio stesso (1). 


 

(1) La Sezione ha ricordato la disciplina prevista, nel processo amministrativo, per l’affine materia del contributo unificato.
In particolare, l’art. 13, comma 6-bis 1,  d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 2, comma 35-bis, lett. e), d.l. n. 138 del 2011, convertito con modificazioni dalla l. n. 148 del 2011, secondo cui “l’onere relativo al pagamento [del contributo unificato nel processo amministrativo] è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio”, veicola il principio generale secondo cui il soggetto vittorioso all’esito di un giudizio amministrativo non può in alcun caso, neppure in ipotesi di compensazione delle spese, sopportare il costo tributario connesso con il radicamento dell’azione processuale, pena la vanificazione ab interno dei principi di cui agli articoli 24 e 113 Cost. (Cass., sez. VI, ord. 12 dicembre 2017, n. 29679; Cons. Stato, sez. III, 10 ottobre 2016, n. 4167; id. 13 marzo 2014, n. 1160).
Nel processo amministrativo, quindi, il regolamento delle spese di lite, come noto oggetto di lata discrezionalità giudiziale, attiene soltanto al costo per la difesa tecnica, ma non rileva ai fini della ripartizione dell’onere tributario connesso con l’instaurazione del giudizio, viceversa posto dalla legge senz’altro a carico del soccombente.
Ai fini in commento, la nozione di soccombenza ha schietta natura sostanziale ed identifica il soggetto che, all’esito della complessiva vicenda processuale, abbia visto rigettate le proprie prospettazioni difensive.
Ad avviso della Sezione i principi stabiliti dalla legge per il contributo unificato possano essere applicati, a fortiori, anche alla ripartizione dell’onere economico dell’imposta di registro: invero, se il contributo unificato è dovuto per l’instaurazione di un giudizio, l’imposta di registro sottopone ad imposizione l’atto che definisce il giudizio stesso.
Emerge, dunque, un’eadem ratio sostanziale, teleologica e pure logico-sistematica, posto che, se il soggetto vittorioso non può, per legge, sopportare le spese connesse con l’instaurazione del giudizio, non può a maggior ragione essere gravato da quelle afferenti alla registrazione della pronuncia giurisdizionale che ne ha dichiarato fondate le ragioni. 
In chiave processuale, ciò comporta che la ripartizione del peso dell’imposta di registro è anch’essa un effetto della sentenza e, come tale, rientra nell’ambito del giudizio di ottemperanza.
Si ponga mente, del resto, al criterio della pienezza ed effettività della tutela stabilito dall’art. 1 c.p.a., disposizione non a caso posta in apertura del codice e che non solo guida l’interpretazione delle relative disposizioni, ma, più in generale, ne lumeggia la ratio legis di fondo.
Per di più, a fianco di tali pur dirimenti considerazioni, vi è un non meno rilevante profilo processuale da considerare: il principio della concentrazione delle tutele, corollario applicativo dell’art. 24 Cost., impone di interpretare le disposizioni processuali in maniera tale che le giurisdizioni risultino al servizio del cittadino, non viceversa.
Come noto, nel nostro ordinamento i plessi giurisdizionali sono plurimi e tra loro distinti al precipuo fine di apprestare, nel complesso, la migliore tutela possibile delle varie posizioni giuridiche soggettive dei consociati.
L’unità funzionale (o, se si preferisce, teleologica) della giurisdizione si realizza pienamente proprio mediante un’opportuna esegesi delle disposizioni processuali, tale da consentire la più sollecita evasione delle istanze di giustizia dei cittadini, scilicet compatibilmente con la preservazione delle ragioni di fondo (anch’esse di valenza costituzionale) che presiedono alla distinzione ordinamentale delle varie giurisdizioni.
In questa prospettiva assiologica, non deve farsi luogo ad una scissione di un contenzioso fra diversi plessi giurisdizionali, ove non ricorrano effettive ed apprezzabili ragioni d’ordine sostanziale.
​​​​​​​Nella specie, la rimessione della questione ad un successivo giudizio di regresso avanti il giudice ordinario non aggiungerebbe nulla dal punto di vista sostanziale, ma, al contrario, si tradurrebbe in un mero aggravio degli oneri formali (recte, processuali) necessari per ottenere la doverosa tutela giurisdizionale, in violazione dello spirito sotteso all’art. 24 Cost. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, SPESE giudiziali

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri