Natura preventiva dell’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero ritenuto vicino all’estremismo islamico

Natura preventiva dell’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero ritenuto vicino all’estremismo islamico


Straniero – Espulsione - Per vicinanza ambienti terroristici – Misura preventiva – Conseguenza. 

     Il provvedimento di espulsione dal territorio dello Stato dello straniero ritenuto vicino all’estremismo islamico ha finalità di prevenzione, costituendo lo straniero una minaccia per la sicurezza nazionale, con la conseguenza che non è necessario che sia comprovata la responsabilità penale e neppure che il reato sia stato già compiuto (1). 

 

(1) Si tratta di una disposizione che prevede procedure pienamente assimilabili alle misure di sicurezza che si adottano con finalità di prevenzione e che, avendo come finalità quella di prevenire il compimento di reati, non richiede che sia comprovata la responsabilità penale e neppure che il reato sia stato già compiuto.
Infatti il presupposto per l’espulsione è costituito solo dai fondati motivi per ritenere che la presenza dello straniero possa agevolare in vario modo organizzazioni o attività terroristiche e, comunque, mettere in pericolo, con azioni anche proselitistiche, la sicurezza dello Stato. Ed è dunque solo questo il parametro da adottare per valutare la legittimità del provvedimento e, cioè, se esso sia in grado di prevenire la concreta possibilità di comportamenti atti a mettere in pericolo l’ordinamento e i suoi cittadini.
Nella specie, il provvedimento del Prefetto enuncia elementi di fatto più che sufficienti a fornire fondati motivi per ritenere che la permanenza dello straniero nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali e quindi minacciare la sicurezza del Paese
Come è stato ben messo in rilievo dalle Sezioni Unite, infatti, nel caso in cui il provvedimento di espulsione sia stato adottato per motivi di prevenzione del terrorismo o, più in generale, a causa della pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, la posizione giuridica dell’interessato è di interesse legittimo e la giurisdizione nella relativa controversia spetta al giudice amministrativo (cfr. art. 3, comma 4, del già citato d.l. n. 144 del 2005), «essendo rimessa all’amministrazione, non una mera discrezionalità tecnica e ricognitiva al cospetto di ipotesi già individuate e definite dal legislatore nel loro perimetro applicativo, ma una ponderazione valutativa degli interessi in gioco» (Cass., Sez. Un., 27 luglio 2015, n. 15693).
E tale ponderazione comparativa ha correttamente svolto, nel caso di specie, il Ministero dell’Interno, avuto riguardo a tutti i gravi elementi a carico dell’odierno appellante, che dimostrano una pericolosissima vicinanza al fondamentalismo islamico.
Ha aggiunto la Sezione che nella materia in esame, la tutela della vita privata e familiare, sancita anche dall’art. 8 della CEDU, non è incondizionata, posto che l’ingerenza dell’autorità pubblica nella vita privata e familiare è consentita, ai sensi dell’art. 2 della CEDU, se prevista dalla legge quale misura necessaria ai fini della sicurezza nazionale, del benessere economico del Paese, della difesa dell’ordine e della prevenzione dei reati, della protezione della salute e della morale e della protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Come ha ben rilevato la Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sua giurisprudenza, la commissione di gravi reati, come quelli di natura terroristica, ben può legittimare l’espulsione dello straniero senza che ciò implichi una illegittima ingerenza nella vita familiare e al conseguente violazione dell’art. 8 CEDU (v., tra le tante, le sentenze 7 agosto 1996, C. c. Belgio, ric. n. 21794/93; 24 aprile 1996, Boughanemi c. Francia, ric. n. 22070/93; 22 giugno 2004, Ndangoya c. Svezia, ric. n. 17868/03; 13 dicembre 2005, Pello-Sode c. Svezia, ric. n. 34391/05).
La Corte ha invero enunciato precisi criterî ai quali si deve ispirare il giudice nazionale (v. le sentenze, Boultif c. Suisse, ric. n. 54273/00, § 40, Üner c. Pays-Bas, ric. n. 46410/99, §§57-58) per appurare «se una misura d’espulsione è necessaria in una società democratica e proporzionata rispetto al fine legittimo perseguito» e, alla luce di tali criterî e avuto riguardo agli elementi analizzati nel caso di specie e sin qui ricordati, ha ritenuto la Sezione recessivo l’interesse dello straniero alla vicinanza al figlio.
​​​​​​​In una società democratica la tutela dell’ordine pubblico contro la minaccia del terrorismo può giustificare il sacrificio dei rapporti familiari se l’allontanamento dello straniero è misura necessaria e proporzionata a tale legittimo scopo, non potendo essere scongiurata altrimenti la minaccia reale di un attentato alla sicurezza pubblica e all’ordine costituito (v., circa la legittimità di analoga misura adottata dall’Italia contro un cittadino tunisino, anche la sentenza della Corte nel caso Cherif. et. a. c. Italie, ric. 1860/07). 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

STRANIERO, ESPULSIONE

STRANIERO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri