Liberalizzazione dell’orario e dei turni delle attività di acconciatori ed estetiste

Liberalizzazione dell’orario e dei turni delle attività di acconciatori ed estetiste


Professioni e mestieri - Acconciatori ed estetisti – Orari e turni – Liberalizzazione – Legittimità.
    E’ legittima l’ordinanza che liberalizza l’orario e i turni delle attività di acconciatori ed estetisti in quanto, in assenza di limitazioni imposte dal legislatore nazionale o regionale, l’art. 50, comma 7, t.u. 18 agosto 2000, n. 267 ne attribuisce il relativo potere al Sindaco; d’altro canto, non sono ravvisabili differenze sostanziali di contenuto nella legislazione comunitaria e nazionale susseguitasi a far data dal d.l. 4 luglio 2006 n. 223, dalla direttiva 2006/123/CE, cosiddetta Bolkestein e relativa legge di recepimento (d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59): le limitazioni “dinamiche” all’esercizio delle attività lato sensu commerciali, nelle quali rientrano sotto tale limitato profilo anche quelle artigianali, sono ammissibili solo per ragioni imperative di interesse generale; pertanto, la tutela della concorrenza, che tali norme – e, a seguire, la decretazione d’urgenza del 2011- hanno inteso valorizzare, può incontrare limiti in esigenze di salvaguardia del patrimonio ambientale, storico-artistico e culturale, ecc., ma non nella mera salvaguardia di indefiniti interessi di categoria (1).

 


(1) Il Consiglio di Stato si pronuncia sulla legittimità di un’ordinanza sindacale che liberalizza gli orari e i turni di chiusura delle attività di acconciatori ed estetiste, tipicamente riconducibili al novero delle attività artigianali e come tali non riconducibili alla formulazione letterale dell’art. 31, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, che ha consentito di intervenire in tal senso per le sole attività stricto sensu commerciali – rectius, più propriamente, giusta il tenore letterale della disposizione, anche per quelle di somministrazione di alimenti e bevande.

 

Ha chiarito che le limitazioni all’esercizio delle attività di servizi sono consentite esclusivamente per ragioni imperative di interesse generale dalla direttiva 2006/123/CE, cosiddetta Bolkestein, recepita in Italia dal d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59.

 

Il legislatore utilizza l’espressione “attività commerciali” in maniera tecnica, laddove detta le singole discipline di settore; atecnica, laddove intende individuare l’insieme delle attività produttive sottese allo sviluppo economico del territorio, all’interno della quale possono essere ricondotte ed accomunate in termini di principi applicabili gli ambiti più eterogenei. In tale contesto la disciplina degli orari delle attività artigianali è oggetto, al pari di quella commerciale, di ordinanza del Sindaco, ancorché sulla base delle indicazioni generali eventualmente fornite al riguardo dal Consiglio comunale, pur se il richiamo specifico delle stesse non trova riscontro nell’art. 50, t.u. 18 agosto 2000, n. 267.
 

Egualmente alle stesse si applicano i principi generali di derivazione europea che impongono di non limitarne né l’insediamento né l’esercizio se non per motivi imperativi di interesse generale. Ciò trova riscontro nella copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale successiva alla modifica del Titolo V che nel conciliare la riconosciuta competenza residuale – generale - delle Regioni nella materia commerciale in genere – e per quanto qui di interesse dell’artigianato - con le interferenze statali dettate dalla materia funzione con caratteristiche proprie di trasversalità quale la tutela della concorrenza (Corte cost. 27 luglio 2004, n. 272), ha da sempre ammesso le limitazioni di orario solo se ispirate ad esigenze di interesse pubblico prioritario, via via riconosciute anche dal legislatore (quali l’ambiente o la sicurezza pubblica).


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

PROFESSIONI intellettuali

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri