Legittimità della riforma delle banche popolari

Legittimità della riforma delle banche popolari


Istituti di credito - Banche popolari – Riforma ex art. 1, d.l. n. 3 del 2015 – Legittimità. 

    E’ legittima la riforma delle banche popolari riforma recata dall’art. 1, d.l. n. 3 del 2015, convertito dalla l. n. 33 del 2015 e dalle disposizioni attuative approvate dalla Banca d'Italia (1). 

 

(1) Ha ricordato la Sezione che la riforma normativa recata dall’art. 1, d.l. n. 3 del 2015 ha apportato rilevanti innovazioni, influendo sul diritto al rimborso della azioni in caso di recesso del socio, imponendo un limite di attivo per potere svolgere l’attività bancaria avvalendosi della forma giuridica della banca popolare, regolando le maggioranze occorrenti per assumere le delibere assembleari aventi ad oggetto (per quanto di maggiore interesse nel presente giudizio) anche le trasformazioni di banche popolari in società per azioni, modificando l’elenco delle disposizioni codicistiche in materia di società cooperative inapplicabili alle banche popolari, nonché innalzando il numero di deleghe conferibili ad un socio.
In particolare, quanto al diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, è stato introdotto l’art. 28, comma 2 ter, TUB, con cui è stato previsto che tale diritto, esercitabile -per quanto di interesse ai fini dell’odierno giudizio- anche a seguito di trasformazione, avrebbe dovuto essere limitato secondo quanto previsto dalla Banca d'Italia, anche in deroga a norme di legge, laddove ciò fosse stato necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca.
Agli stessi fini, la Banca d'Italia avrebbe potuto limitare il diritto al rimborso degli altri strumenti di capitale emessi.
Con riguardo alla fissazione di un limite di attivo della banca popolare, sono stati introdotti i commi 2 bis e 2 ter dell’art. 29 TUB, con cui è stata prevista l’impossibilità di superare la soglia di 8 miliardi di euro (con la necessità, in presenza di una banca capogruppo di un gruppo bancario, di computare tale limite a livello consolidato).
In caso di superamento della soglia degli 8 miliardi di euro, l'organo di amministrazione sarebbe stato chiamato a convocare l'assemblea per le determinazioni del caso, con la previsione che, se entro un anno dal superamento del limite l'attivo non fosse stato ridotto al di sotto della soglia, né fosse stata deliberata la trasformazione in società per azioni o la liquidazione, la Banca d'Italia, tenuto conto delle circostanze e dell'entità del superamento, avrebbe potuto adottare il divieto di intraprendere nuove operazioni ai sensi dell'art. 78 TUB, o i provvedimenti previsti nel titolo IV, capo I, sezione I, TUB o proporre alla Banca centrale europea la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e al Ministro dell'economia e delle finanze la liquidazione coatta amministrativa; fermi restando i poteri di intervento e sanzionatori attribuiti alla Banca d'Italia dal TUB. 

Tali previsioni, riferite alla fissazione del limite di attivo e alle conseguenze discendenti dal suo superamento, avrebbero dovuto formare oggetto di disposizioni di attuazione da parte della Banca d’Italia.
La riforma ha inciso anche sulle operazioni di trasformazione e fusione interessanti le banche popolari.
Attraverso la sostituzione dell’art. 31 TUB, è stato abrogato il riferimento all’interesse dei creditori, alle esigenze di rafforzamento patrimoniale o alla razionalizzazione del sistema quali cause tipizzate di autorizzazione della relativa operazione straordinaria, nonché sono state previste maggioranze specifiche per deliberare sulle relative modifiche statutarie e per assumere le diverse determinazioni di cui all'art. 29, comma 2-ter cit.
In particolare, sono state previste, in prima convocazione, la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, purché all'assemblea fosse rappresentato almeno un decimo dei soci della banca; in seconda convocazione, la maggioranza di due terzi dei voti espressi, qualunque fosse il numero dei soci intervenuti all'assemblea.
Per il caso di recesso sono stati previsti i limiti di cui all’art. 28, comma 2 ter, TUB, cit.
Con riferimento alle deroghe rispetto alla disciplina codicistica, attraverso la sostituzione del comma 2 dell’art. 150 bis TUB, è stata prevista l’inapplicabilità degli artt. 2349, secondo comma, 2512, 2513, 2514, 2519, secondo comma, 2522, 2525, primo, secondo, terzo e quarto comma, 2527, secondo e terzo comma, 2528, terzo e quarto comma, 2530, primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 2538, secondo comma, secondo periodo, e quarto comma, 2540, secondo comma, 2542, secondo e quarto comma, 2543, primo e secondo comma, 2545-bis, 2545-quater, 2545-quinquies, 2545-octies, 2545-decies, 2545-undecies, terzo comma, 2545-terdecies, 2545-quinquiesdecies, 2545-sexiesdecies, 2545-septiesdecies e 2545-octiesdecies.
Pertanto, con la riforma normativa: a) escludendosi l’applicabilità alle banche popolari dell’art. 2542, comma 2 (nel testo anteriore alle integrazioni apportate dall’art. 1, comma 936, lett. b), L. n. 205/17), è venuto meno l’obbligo di scegliere la maggioranza degli amministratori tra i soci cooperatori ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche; b) prevedendosi l’applicabilità dell’art. 2526, dell’art. 2542, comma 3 e dell’art. 2543, comma 3, è stata ammessa la possibilità, sulla base di apposita clausola dell’atto costitutivo, di emettere strumenti finanziari secondo la disciplina prevista per le società per azioni e di attribuire ai relativi possessori il diritto di eleggere nel complesso sino ad un terzo degli amministratori e dei componenti dell'organo di controllo; c) prevedendosi l’applicabilità dell’art. 2538, comma 3, c.c., è stata ammessa, sulla base di apposita clausola dell’atto costitutivo, la possibilità di attribuire ai soci cooperatori persone giuridiche più voti, ma non oltre cinque, in relazione all'ammontare della quota oppure al numero dei loro membri.
La disciplina novellata, infine, ha previsto il rinvio agli statuti per la determinazione del numero massimo di deleghe conferibili ad un socio, comunque non inferiore a 10 e non superiore a 20 (sostituzione del comma 2 bis dell’art. 150 bis TUB). 

 

In particolare il modello organizzativo della società per azioni è stato reputato "idoneo e necessario" per assicurare il celere reperimento di capitale sul mercato, anche al fine di prevenire crisi bancarie che, in ragione delle interconnessioni tra gli istituti di credito, specie di grandi dimensioni, operanti in ambito non meramente locale, potrebbero produrre un effetto di contagio all'intero sistema, con riflessi anche in altri settori economici. 
Inoltre, è stata confermata la legittimità delle disposizioni sui "limiti al rimborso delle azioni in caso di recesso del socio, ritenuti ammissibili dal Consiglio di Stato soltanto se proporzionati, non potendo eccedere quanto necessario in ragione della situazione prudenziale della singola banca popolare interessata", di quelle con cui "sono state modificate le maggioranze per assumere le delibere assembleari aventi ad oggetto anche le trasformazioni di banche popolari in società per azioni, trattandosi di misure funzionali a garantire l'obiettivo perseguito dalla riforma, di assicurare il rafforzamento patrimoniale degli istituti di credito, favorendo le relative operazioni di riorganizzazione societaria", e, infine, di quelle con le quali "è stato attribuito alla Banca d'Italia un potere di attuazione della riforma normativa, ritenuto, tuttavia, limitato alla definizione delle condizioni tecniche necessarie per consentire il rispetto dei coefficienti patrimoniali minimi stabiliti dalla normativa prudenziale europea, senza, dunque, alcuna possibilità per la Banca d'Italia di svolgere una valutazione politico-discrezionale sugli interessi in gioco 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

BANCA, credito e risparmio

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri