Legittimazione ad impugnare il provvedimento autorizzativo unico regionale - Enti strumentali regionali preposti al rilascio di autorizzazioni ambientali

Legittimazione ad impugnare il provvedimento autorizzativo unico regionale - Enti strumentali regionali preposti al rilascio di autorizzazioni ambientali


Processo amministrativo – Legittimazione attiva - Provvedimento autorizzativo unico regionale – Abitanti limitrofi – Legittimazione.

Ambiente - Enti strumentali regionali preposti al rilascio di autorizzazioni ambientali  – Sentenza n. 132 del 2017 della Corte costituzionale – Ambito di applicazione

 

     I cittadini che abitano in prossimità di un sito prescelto per allevamento avicolo sono legittimati ad impugnare il provvedimento autorizzativo unico regionale (comprensivo di VIA, AIA e permesso di costruire), ai sensi dell’art 27-bis, d.lgs. n. 152 del 2006, relativo al “Progetto di demolizione e ricostruzione di fabbricati destinati all’allevamento avicolo”, non potendosi negare quantomeno a livello potenziale effetti dannosi per la salute dei residenti e la stessa salubrità delle coltivazioni, estendendo lo stesso progetto approvato la verifica degli impatti delle emissioni fino a 500 metri dall’impianto e sino a 670 mt. per le case esistenti (1). 


      Le statuizioni della Consulta  recate dalla sentenza  n. 132 del 2017  circa la necessità  di separazione  delle funzioni tecnico-scientifiche, di consulenza  e di controllo  con quelle di amministrazione attiva  in tema di attribuzione delle funzioni  agli enti strumentali  regionali  preposti al rilascio di autorizzazioni ambientali  non sono applicabili alla normativa di cui alle leggi regionali  intervenute in subjecta materia, trattandosi di competenze  connotate da discrezionalità  di tipo tecnico  senza che vengono in rilievo  funzioni tipicamente  discrezionali  spettanti agli organi politici (2). 

  

 

(1) Ha ricordato la Sezione che con specifico riferimento alla materia ambientale, viene in rilievo, oltre ai beni fondamentali del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, garantiti dall'art. 9, comma 2, Cost., il bene primario della salute umana, garantito dall'art. 32 Cost. come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», la cui soglia di tutela giurisdizionale, nella relativa declinazione di salvaguardia dei valori ambientali, deve intendersi anticipata al livello di oggettiva presunzione di lesione. Conseguentemente, ai fini della sussistenza della legittimazione e dell'interesse ad agire risulta sufficiente la vicinitas, intesa come vicinanza dei soggetti che si ritengono lesi al sito prescelto per l'ubicazione di una struttura avente potenzialità inquinanti e/o degradanti, non potendo loro addossarsi il gravoso onere dell'effettiva prova del danno subito o subendo. Peraltro, la vicinitas in parola non può intendersi a guisa di stretta contiguità geografica col sito assunto come potenzialmente dannoso, giacché la portata delle possibili esternalità negative di una installazione avente impatto sull'ambiente non si limita, di certo, a investire i soli terreni confinanti, che, al più, sono destinati a sopportarne le conseguenze più gravi (Tar Salerno, sez. II, 24 febbraio 2020, n. 259). Pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all'ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell'interesse a ricorrere, costituirebbe in effetti - come condivisibilmente evidenziato dai ricorrenti - una “probatio” diabolica, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive, essendo sufficiente la “vicinitas” (Cons. Stato, sez. II, 10 marzo 2021, n. 2056; id., sez. V, 9 novembre 2020, n. 6862; id. 31 maggio 2012, n. 3254).
Può aggiungersi, quantomeno in riferimento alle doglianze più strettamente ambientali, che la stessa procedura di VIA di cui alla parte II del Codice Ambiente - di cui i ricorrenti contestano l’esito positivo - è diretta ad individuare e misurare gli impatti “potenziali” negativi che una determinata opera potrebbe avere sull’ambiente circostante, nell’ottica di una tutela di norma doverosamente preventiva (ex multis C.G.U.E., sez. I, 26 luglio 2017, C-97).
(2) Ha ricordato il Tar che l’Arpae svolga anzitutto funzioni di supporto tecnico ed istruttorio a favore della Regione, pienamente in linea con le previsioni dell’art. 1, d.l. n. 496 del 1993, ripreso testualmente dalla l. reg. Emilia Romagna n. 44 del 1995, che ricomprende tra le funzioni dell’Agenzia, all’art. 5, comma 1, lett. p, quella di “fornire il supporto tecnico alle attività istruttorie connesse alla approvazione di progetti e al rilascio di autorizzazioni in materia ambientale”.
Se in materia di VIA la competenza decisoria appare saldamente ancorata in capo all’organo politico regionale, non appare decisiva nemmeno la competenza attribuita all’Arpae al rilascio dell’AIA e della concessione di derivazione idrica sotteranea, trattandosi di provvedimenti al più connotati da discrezionalità di tipo tecnico (Tar Catanzaro, sez. I, 31 maggio 2018, n. 1147) e fermo restando la sottoposizione al potere regionale di indirizzo, pianificazione e programmazione (art. 15, comma 1, l. reg. Emilia Romagna n. 13 del 2015).
​​​​​​​La suindicata normativa regionale, per quanto effettivamente attributiva di svariate funzioni in senso ampio di amministrazione attiva, appare dunque sensibilmente diversa da quella molisana oggetto della sentenza n. 132 del 2017 dichiarativa della incostituzionalità, quest’ultima caratterizzata dall’attribuzione all’Arpa di funzioni tipicamente discrezionali amministrative quali la pianificazione ambientale e l’attribuzione tout court delle funzioni regionali in materia di ambiente ed energia. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa

AMBIENTE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri