La sezione consultiva del Consiglio di Stato riafferma la necessità della distinzione fra tra dichiarazione “mendace”, “erronea”, “omissiva” o “reticente”

La sezione consultiva del Consiglio di Stato riafferma la necessità della distinzione fra tra dichiarazione “mendace”, “erronea”, “omissiva” o “reticente”


Cittadinanza - Diniego - Discrezionalità - Obbligo di motivazione – Valutazione in concreto – Mancata autocertificazione della condanna penale – Conseguenze – Rilevanza dell’elemento soggettivo - Distinzione tra dichiarazione “mendace”, “erronea”, “omissiva” o “reticente”.

 

a) Non può ritenersi esercitata legittimamente l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione attraverso forme di “automaticità” del giudizio di diniego della cittadinanza per l’esistenza di un solo risalente precedente penale, concernente un comportamento di non particolare allarme sociale, di recente depenalizzato, e per la “non veritiera” autocertificazione.

 

La motivazione del provvedimento di diniego di cittadinanza deve essere correlata alle modalità e caratteristiche del fatto penalmente perseguito, apprezzato in concreto, alla gravità dello stesso e al suo disvalore sociale, alla pena comminata, alla circostanza che si tratti di unico episodio nel periodo di lungo soggiorno del ricorrente in Italia e che sia stato commesso a distanza di tempo (circa 11 anni) dal momento in cui l’istanza è stata esaminata, alla circostanza che il reato sia stato dichiarato estinto e che il fatto sia stato successivamente depenalizzato (nella specie, si è trattato dell’unica condanna per l’importazione abusiva di 5 stecche di sigarette dal Paese di origine, quantità minima, inferiore a 10 Kg, punita dall’art. 291- bis del DPR 43/1973 con la multa, e per evasione dell’IVA, di cui all’art. 70 DPR 633/1972, fattispecie entrambe per cui opera oggi la depenalizzazione di cui al D.lgs. n. 8 del 2016, art. 1, commi 1 e 2).

 

b) Nella disciplina dettata dall’art. 9, comma 1, lett. f) legge n. 91 del 1992, la dichiarazione del richiedente riguardante i precedenti penali non comporta per espressa previsione del legislatore l’acquisizione del beneficio (cosicché l’autocertificazione non veritiera ne determinerebbe, ex art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000, l’automatica decadenza).

 

L’autocertificazione ha lo scopo di portare a conoscenza dell’Amministrazione una serie di elementi di valutazione riguardanti la situazione personale ed economica del richiedente rilevanti ai fini di apprezzarne l’avvenuta integrazione in Italia e l’assenza di cause ostative collegate a ragioni di sicurezza della Repubblica e all’ordine pubblico. In quest’ambito, può assumere rilevanza l’elemento soggettivo

del richiedente e la distinzione tra dichiarazione “mendace”, “erronea”, “omissiva” o “reticente”, da accertarsi in concreto, caso per caso.

 

c) L’Amministrazione è tenuta a ponderare accuratamente se sia mancata nel ricorrente non solo l’intenzione di ingannare, ma anche la consapevolezza di porre in essere una condotta dotata di rilevanza giuridica (per mancata conoscenza della condanna intervenuta e ignoranza delle previsioni di legge concernenti la mancata annotazione delle condanne penali emesse per decreto nelle certificazioni del casellario).


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

CITTADINANZA

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri