La controversia in materia di contratti pubblici esula dalla autodichia della Camera dei deputati - Subappalto e contratti a lavoratori autonomi

La controversia in materia di contratti pubblici esula dalla autodichia della Camera dei deputati - Subappalto e contratti a lavoratori autonomi


Giurisdizione - Contratti della Pubblica amministrazione –– Autodichia della Camera dei deputati – Esclusione. 

Contratti della Pubblica amministrazione - Subappalto – Previsione della soglia massima di subappaltabilità- Art. 105, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 – Incompatibilità con il diritto unionale – Disapplicazione. 

Contratti della Pubblica amministrazione – Subappalto – Contratti a lavoratori autonomi – Art. 105, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016 – Distinzione. 


          Considerato che la materia dell’affidamento a terzi dei contratti di lavori, servizi e forniture – pur involgendo l’acquisizione, da parte dell’amministrazione della Camera, di beni e servizi per lo svolgimento delle sue funzioni – non rientra nella sfera di autonomia normativa costituzionalmente riconosciuta, le relative controversie sono sottratte alla giurisdizione domestica; da ciò discende che le norme del Regolamento di Amministrazione e contabilità della Camera dei Deputati (artt. 39 e ss.), dettate in materia di contratti, non essendo espressione della ridetta autonomia normativa costituzionalmente fondata, non giustificano l’attrazione della controversia nell’ambito della cognizione dell’organo di autodichia (il Consiglio di giurisdizione della Camera, al quale il regolamento per la tutela giurisdizionale attribuisce il compito di decidere in primo grado sui “ricorsi e qualsiasi impugnativa, anche presentata da soggetti estranei alla Camera, avverso gli atti di amministrazione della Camera medesima”) (1). 

 

     L’art. 105, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (nella parte in cui prevede che il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto) deve essere disapplicato in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia nelle pronunce Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18, e 27novembre 2019, C-402/18 (2).


       L’art. 105, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016 non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che la disposizione muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e con l’amministrazione appaltante, giunge alla conclusione che i contratti con i quali vengono affidate a lavoratori autonomi specifiche attività rientranti nell’appalto non sono contratti di subappalto; ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (3). 


 

(1) Ha chiarito la Sezione che la Corte costituzionale in numerose pronunce (cfr. in particolare sentenza n. 262 del 2017) che il principio dell’autodichia invocato dalla Camera dei deputati, che si traduce nella possibilità degli organi costituzionali di decidere attraverso propri organi interni le controversie che concernono l’applicazione della disciplina normativa che gli stessi organi costituzionali si sono dati in una determinata materia, trova il suo fondamento nell’autonomia normativa che la Costituzione riconosce agli organi costituzionali (alla Camera dei deputati, nel caso di specie). In particolare, la Corte - rammentato come solo nell’art. 64 (“Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti”), e solo con riferimento alle Camere, la Costituzione ha previsto una specifica attribuzione di autonomia normativa (mentre i regolamenti approvati dal Presidente della Repubblica debbono considerarsi sorretti “da un implicito fondamento costituzionale”: punto 7.2. del “considerato in diritto”, primo periodo, della sentenza n. 262 del 2017), ricollega, in maniera diretta, l’estensione dell’autodichia alla sfera di autonomia normativa costituzionalmente delineata, attraverso la quale “gli organi costituzionali in questione sono messi nella condizione di provvedere alla ‘produzione di apposite norme giuridiche, disciplinanti l’assetto ed il funzionamento dei loro apparati serventi’ (sentenza n. 129 del 1981)” (sentenza n. 262 del 2017, punto 7.2., terzo periodo, cit.). Peraltro, soggiunge la Corte, “se è consentito agli organi costituzionali disciplinare il rapporto di lavoro con i propri dipendenti, non spetta invece loro, in via di principio, ricorrere alla propria potestà normativa, né per disciplinare rapporti giuridici con soggetti terzi, né per riservare agli organi di autodichia la decisione di eventuali controversie che ne coinvolgano le situazioni soggettive (si pensi, ad esempio, alle controversie relative ad appalti e forniture di servizi prestati a favore delle amministrazioni degli organi costituzionali). Del resto, queste ultime controversie, pur potendo avere ad oggetto rapporti non estranei all’esercizio delle funzioni dell’organo costituzionale, non riguardano in principio questioni puramente interne ad esso e non potrebbero perciò essere sottratte alla giurisdizione comune” (punto 7.2. cit.). Per ciò che esula “dalla capacità classificatoria del regolamento parlamentare e non sia per intero sussumibile sotto la disciplina di questo (perché coinvolga beni personali di altri membri delle Camere o beni che comunque appartengano a terzi), deve prevalere la “grande regola” dello Stato di diritto ed il conseguente regime giurisdizionale al quale sono normalmente sottoposti, nel nostro sistema costituzionale, tutti i beni giuridici e tutti i diritti (artt. 24, 112 e 113 della Costituzione (sentenza n. 379 del 1996)” (così nella sentenza n. 120 del 2014, al punto 4.4. del “considerato in diritto”).
Da tali principi deriva la necessità di una rigorosa interpretazione letterale e funzionale (ossia, tenendo conto delle finalità costituzionali assegnate al riconoscimento del principio di autodichia, che ne costituiscono anche i limiti entro i quali esso può espandersi) delle norme regolamentari approvate dalla Camera dei deputati.


(2) Corte di Giustizia, sez. V, 26 settembre 2019, C-63/18; id. 27 novembre 2019, C-402/18; Cons. St., sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come “i limiti ad esso relativi (30% per cento ‘dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture’, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea”; id., sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101.


(3) ha chiarito la Sezione che nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. a), del Codice dei contratti pubblici (secondo cui “non si configurano come attività affidate in subappalto […] l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante”) occorre muovere dalla premessa che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo, come avviene nel caso del subappalto.
L’impostazione del problema in termini di deroga rispetto alla disciplina del subappalto della norma sull’impiego di lavoratori autonomi (così come nell’ipotesi della utilizzazione di prestazioni rese sulla base dei contratti continuativi di cooperazione: lett. c-bis) del medesimo art. 105, comma 3), non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit., non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e con l’amministrazione appaltante, giunge alla conclusione che i contratti con i quali vengono affidate a lavoratori autonomi specifiche attività rientranti nell’appalto non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: “Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]”). La norma in questione pertanto delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici, ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale).
La distinzione tra le due figure contrattuali (subappalto e lavoro autonomo) si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale.
​​​​​​​Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (il che, nella concreta fattispecie, non risulta). 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

GIURISDIZIONE (in genere, amministrativa)

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, SUBAPPALTO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri