L’Adunanza plenaria pronuncia sulla possibilità di sollevare in appello il difetto di giurisdizione da parte del ricorrente soccombente in primo grado e sulla responsabilità della P.A. per l’affidamento suscitato nel destinatario di un provvedimento ampliativo illegittimamente emanato e poi annullato

L’Adunanza plenaria pronuncia sulla possibilità di sollevare in appello il difetto di giurisdizione da parte del ricorrente soccombente in primo grado e sulla responsabilità della P.A. per l’affidamento suscitato nel destinatario di un provvedimento ampliativo illegittimamente emanato e poi annullato


Processo amministrativo – Eccezione di difetto di giurisdizione – Difetto di giurisdizione – In appello - Sollevata dalla parte vittoriosa in primo grado sul capo di domanda relativo alla giurisdizione – Inammissibilità.       

Risarcimento danni – Affidamento – Provvedimento favorevole annullamento in sede giurisdizionale – Conseguenza.

Risarcimento danni – Affidamento – Provvedimento favorevole annullamento in sede giurisdizionale – Limiti.

 

 

          E’ inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata proposta in appello dal ricorrente soccombente in primo grado (1).

          Nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti all’esercizio del pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi (2).

            La responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell’impugnazione contro lo stesso provvedimento (3).

 

La questione è stata rimessa da Cons. St., sez. II, ord., 9 marzo 2021, n. 2013

(1) Giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo (tra le altre: Cons. Stato, Ad. plen., ord. 28 luglio 2017, n. 4; 18 giugno 2021, n. 4740, 6 maggio 2021, n. 3543, 8 marzo 2021, n. 1909, 24 dicembre 2020, n. 8330, 2 dicembre 2020, n. 7628, 20 dicembre 2019, n. 8630, 14 novembre 2019, n. 7811, 31 maggio 2019, n. 3654; III, 17 maggio 2021, n. 3822, 31 maggio 2018, n. 3272, 1° dicembre 2016, n. 5047, 26 ottobre 2016, n. 4501, 13 aprile 2015, n. 1855, 7 aprile 2014, n. 1630; IV, 24 luglio 2019, n. 5231, 22 maggio 2017, n. 2367, 21 dicembre 2013, n. 5403; V, 15 marzo 2021, n. 2164, 7 gennaio 2020, n. 75, 6 dicembre 2019, n. 8345, 19 settembre 2019, n. 6247, 28 maggio 2019, n. 3500, 13 agosto 2018, n. 4934, 27 marzo 2015, n. 1605, 7 febbraio 2012, n. 656; VI, 5 gennaio 2021, n. 151, 8 aprile 2015, n. 1778, 8 febbraio 2013, n. 703) e della Corte di Cassazione (SS.UU., 20 ottobre 2016, n. 21260; 19 gennaio 2017, n. 1907, 25 maggio 2018, n. 13192, e 24 settembre 2018, n. 22439).

Ha chiarito l’Alto consesso che il duplice fondamento dell’inammissibilità della questione di giurisdizione proposta in appello mediante (auto)eccezione del ricorrente soccombente in primo grado, trova ulteriore base giuridica nell’esistenza di un rimedio tipico per dirimere in via definitiva ed immodificabile i dubbi sulla giurisdizione, e cioè il regolamento preventivo di giurisdizione davanti alle Sezioni unite della Cassazione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., che, secondo la giurisprudenza di quest’ultima, può essere proposto anche dall’attore a fronte dell’altrui contestazione (in questo senso, di recente: Cass., SS.UU., ord. 22 aprile 2021 n. 10742; 5 novembre 2019, n. 28331; 13 giugno 2017, n. 14653). Il mancato utilizzo dello strumento processuale appositamente previsto per risolvere la questione pregiudiziale di giurisdizione prima che la causa «sia decisa nel merito in primo grado» (così l’art. 41, comma 1, c.p.c.) rende pertanto palese la strumentalità della sua riproposizione in appello da parte di colui che avrebbe potuto farlo già in primo grado e che su tale questione non abbia nondimeno riportato alcuna soccombenza.

L’ordinanza di rimessione si è domandata se la questione di giurisdizione possa essere affrontata «anche in caso di una declaratoria d’inammissibilità».

Ad avviso della Adunanza plenaria In linea di principio la risposta è negativa, dal momento che l’art. 276, comma 2, c.p.c., richiamato dall’art. 76, comma 4, c.p.a.., prevede che il collegio giudicante «decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e quindi il merito della causa». L’avverbio di modo «gradatamente» richiama l’ordine logico-giuridico secondo cui le questioni sono poste, tale per cui, una volta definita una questione avente carattere risolutivo del giudizio, il collegio è spogliato del potere di decidere. La motivazione della sentenza dovrebbe quindi costituire l’espressione del giudizio formulato in camera di consiglio secondo le modalità indicate dalle disposizioni processuali sopra richiamate. Nondimeno la prassi, formatasi in assenza di divieti sul punto, registra motivazioni di sentenze che, pur definendo questioni pregiudiziali risolutive, scendono anche nell’esame del merito, quando vi sia convergenza rispetto alla decisione assunta sulla questione pregiudiziale, e dunque in funzione rafforzativa di quest’ultima.

Peraltro, l’inammissibilità non sarebbe certamente d’ostacolo ad esaminare la questione nella presente sede nomofilattica, che il codice del processo amministrativo ha rafforzato con l’art. 99, comma 5, il quale prevede che l’Adunanza plenaria se reputa la questione «di particolare importanza (…) può comunque enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge».  

 

(2) La questione che l’Alto consesso ha affrontato è se è configurabile un «legittimo e qualificato affidamento sul provvedimento amministrativo annullato» in sede giurisdizionale che il suo destinatario possa azionare mediante una domanda risarcitoria nei confronti dell’amministrazione che ha emanato l’atto e, «in caso positivo», a quali condizioni ed entro quali limiti un simile affidamento può essere riconosciuto un risarcimento del danno «per lesione dell’affidamento incolpevole».

Ha aggiunto l’Adunanza plenaria che l’affidamento nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione e più in generale sulla correttezza del suo operato è riconosciuto dalla risalente giurisprudenza di questa Adunanza plenaria come situazione giuridica soggettiva tutelabile attraverso il rimedio del risarcimento del danno. L’affermazione di principio può essere fatta risalire alla sentenza del 5 settembre 2005, n. 6,  in un caso in cui l’impresa aggiudicataria di una procedura di affidamento di un appalto pubblico aveva chiesto la condanna al risarcimento dei danni nei confronti dell’amministrazione che aveva legittimamente revocato la gara. Sul presupposto che, nell’applicare le norme sull’evidenza pubblica, quest’ultima è anche soggetta alle «norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune», e malgrado la legittimità dell’intervento in autotutela, l’Adunanza plenaria ha riconosciuto il risarcimento per la lesione dell’affidamento maturato dall’aggiudicataria sulla conclusione del contratto, una volta che la sua offerta era stata selezionata in gara come la migliore ed era stato emesso a suo favore il provvedimento definitivo. Negli stessi termini l’Adunanza plenaria si è più di recente espressa con la sentenza 4 maggio 2018, n. 5.

A fronte del dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede possono pertanto sorgere aspettative, che per il privato istante si indirizzano all’utilità derivante dall’atto finale del procedimento, la cui frustrazione può essere per l’amministrazione fonte di responsabilità. Inoltre la lesione dell’aspettativa può configurarsi non solo in caso di atto legittimo, come nella fattispecie decisa dall’Adunanza plenaria nelle sopra menzionate sentenze del 5 settembre 2005, n. 6, e del 4 maggio 2018, n. 5, ma anche nel caso di atto illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale. Anche in questa seconda ipotesi può infatti configurarsi per il soggetto beneficiario dell’atto per sé favorevole un’aspettativa alla stabilità del bene della vita con esso acquisito e che dunque può essere lesa dalla sua perdita conseguente all’annullamento in sede giurisdizionale.  

 

(3) Ha chiarito l’Adunanza plenaria che l’affidamento tutelabile in via risarcitoria deve essere ragionevole, id est incolpevole. Esso deve quindi fondarsi su una situazione di apparenza costituita dall’amministrazione con il provvedimento, o con il suo comportamento correlato al pubblico potere, e in cui il privato abbia senza colpa confidato. Nel caso di provvedimento poi annullato, il soggetto beneficiario deve dunque vantare una fondata aspettativa alla conservazione del bene della vita ottenuto con il provvedimento stesso, la frustrazione della quale può quindi essere considerata meritevole di tutela per equivalente in base all’ordinamento giuridico. La tutela risarcitoria non interviene quindi a compensare il bene della vita perso a causa dell’annullamento del provvedimento favorevole, che comunque si è accertato non spettante nel giudizio di annullamento, ma a ristorare il convincimento ragionevole che esso spettasse.

Nella descritta prospettiva, il grado della colpa dell’amministrazione, e dunque la misura in cui l’operato di questa è rimproverabile, rileva sotto il profilo della riconoscibilità dei vizi di legittimità da cui potrebbe essere affetto il provvedimento. Al riguardo va ricordato che nel giudizio di annullamento la colpa dell’amministrazione è elemento costitutivo della responsabilità dell’amministrazione nei confronti del ricorrente che agisce contro il provvedimento a sé sfavorevole, sebbene essa sia presuntivamente correlata all’illegittimità del provvedimento, per cui spetta all’amministrazione dare la prova contraria dell’errore scusabile. Sulla base di questa presunzione, per il danno da lesione dell’affidamento da provvedimento favorevole, poi annullato, la colpa dell’amministrazione è invece un elemento che ha rilievo nella misura in cui rende manifesta l’illegittimità del provvedimento favorevole al suo destinatario, e consenta di ritenere che egli ne potesse pertanto essere consapevole.

 L’atteggiamento psicologico del privato può dunque essere considerato come fattore escludente del risarcimento solo in queste ipotesi e non già ogniqualvolta vi sia un contributo del privato nell’emanazione dell’atto, come suppone l’ordinanza di rimessione. Non ogni apporto del privato all’emanazione dell’atto può infatti condurre a configurare in via di automatismo una colpa in grado di escludere un affidamento tutelabile sulla sua legittimità. Si giungerebbe altrimenti a negare sempre la tutela risarcitoria, tenuto conto che i provvedimenti amministrativi favorevoli, ampliativi della sfera giuridica del destinatario, sono sempre emessi ad iniziativa di quest’ultimo.

Va infatti considerato al riguardo che, sebbene al privato sia riconosciuto il potere di attivare il procedimento amministrativo e di fornire in esso ogni apporto utile per la sua conclusione in senso per sé favorevole, egli lo fa all’esclusivo fine di realizzare il proprio utile. E’ invece sempre l’amministrazione che rimane titolare della cura dell’interesse pubblico e che dunque è tenuta a darvi piena attuazione, se del caso sacrificando l’interesse privato; pertanto, se quest’ultimo trova soddisfazione è perché esso è ritenuto conforme alla norma e all’interesse pubblico primario dalla stessa tutelato. Malgrado gli istituti partecipativi introdotti con la l. n. 241 del 1990, e la recente positivizzazione dei doveri di collaborazione e buona fede, il potere amministrativo mantiene infatti la sua tipica connotazione di unilateralità, che si correla alle sovraordinate esigenze di attuazione dei fini di interesse pubblico stabiliti dalla legge, di cui l’amministrazione è responsabile.

Nondimeno, con riguardo a gradi della colpa inferiore a quello «grave», non possono nemmeno essere trascurati i caratteri di specialità del diritto amministrativo rispetto al diritto comune, tra cui la centralità che nel primo assume la tutela costitutiva di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, contraddistinta dal fatto che il beneficiario di questi assume la qualità di controinteressato nel relativo giudizio. Con l’esercizio dell’azione di annullamento quest’ultimo è quindi posto nelle condizioni di conoscere la possibile illegittimità del provvedimento a sé favorevole, per giunta entro il ristretto arco temporale dato dal termine di decadenza entro cui, ai sensi dell’art. 29 c.p.a.., l’azione deve essere proposta, e di difenderlo. La situazione che viene così a crearsi induce, per un verso, ad escludere un affidamento incolpevole, dal momento che l’annullamento dell’atto per effetto dell’accoglimento del ricorso diviene un’evenienza non imprevedibile, di cui il destinatario non può non tenere conto ed addirittura da lui avversata allorché deve resistere all’altrui ricorso; per altro verso, porta ad ipotizzare un affidamento tutelabile solo prima della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

DANNI (in materia civile, penale, amministrativa, contabile, alternativi)

GIUSTIZIA amministrativa, APPELLO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri