L’Adunanza plenaria pronuncia sull’esclusione dalla gara per istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, della legge fallimentare dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo

L’Adunanza plenaria pronuncia sull’esclusione dalla gara per istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, della legge fallimentare dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo


Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Impresa mandante di un raggruppamento temporaneo – Presentazione concordato in bianco ex art. 161, comma 6, legge fallimentare – Conseguenza. 

 

     La presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva, ai sensi dell’art. 161, comma 6, della legge fallimentare non integra una causa di esclusione automatica dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, essendo rimesso in primo luogo al giudice fallimentare in sede di rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 186 bis, comma 4, e al quale l’operatore che ha chiesto il concordato si deve tempestivamente rivolgere fornendo all’uopo le informazioni necessarie, valutare la compatibilità della partecipazione alla procedura di affidamento in funzione e nella prospettiva della continuità aziendale; la partecipazione alle gare pubbliche è dal legislatore considerata, a seguito del deposito della domanda di concordato anche in bianco o con riserva, come un atto che deve essere comunque autorizzato dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato, ai sensi dell’art. 186 bis, comma 4, da ultimo richiamato anche dagli artt. 80 e 110 del Codice dei contratti; a tali fini l’operatore che presenta domanda di concordato in bianco o con riserva è tenuto a richiedere senza indugio l’autorizzazione, anche qualora sia già partecipante alla gara, e ad informarne prontamente la stazione appaltante; l’autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica deve intervenire entro il momento dell’aggiudicazione della stessa, non occorrendo che in tale momento l’impresa, inclusa quella che ha presentato domanda di concordato in bianco o con riserva, sia anche già stata ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale; l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, d.lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione, nella fase di gara, del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, che abbia presentato domanda di concordato in bianco o con riserva a norma dell’art. 161, comma 6, l. fall, e non sia stata utilmente autorizzato dal tribunale fallimentare a partecipare a tale gara, solo se tale sostituzione possa realizzarsi attraverso la mera estromissione del mandante, senza quindi che sia consentita l’aggiunta di un soggetto esterno al raggruppamento; l’evento che conduce alla sostituzione interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara (1). 


 

(1) La questione è stata sollevata dalla sez. V con ordinanza 8 gennaio 2021, n. 309 che aveva rimesso all’Adunanza plenaria all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le questioni a) se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, legge fallimentare (r.d. n. 267 del 1942) da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale; b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione; c) in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara; d) se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter, d.lgs. n. 50 del 2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione.
Ha chiarito l’Adunanza plenaria che dal complessivo (e innegabilmente complesso) dato testuale ricavabile dal codice dei contratti, nella versione applicabile sempre ratione temporis, se ne potrebbe ricavare allora la duplice conclusione per cui la partecipazione a nuove gare sarebbe preclusa non solo a chi ha presentato domanda di concordato in bianco ma, più in generale, in tutti i casi in cui l’operatore che ha presentato domanda di concordato preventivo a norma dell’art. 161 non sia stato ancora ammesso alla procedura. Il che, nei casi di concordato con continuità, non solo condurrebbe al sicuro insuccesso dell’istituto ma contrasterebbe frontalmente con quanto si è sempre letto, in questi anni, all’art. 186 bis, comma 4, dove – come già sottolineato – si dice chiaramente che tra il deposito della domanda e il decreto di apertura della procedura la partecipazione alle gare pubbliche è possibile purché sia autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato (un ulteriore indice, in favore della possibilità di partecipare alle gare anche prima dell’ammissione al concordato, si ricava inoltre dall’art. 5, d.m. 31 gennaio 2015 in tema di regolarità contributiva).
Da questo inciso della norma fallimentare – “se nominato”, nella formulazione in vigore dal 2013 al 2019, divenuto attualmente (come confermato anche, quando finalmente sarà in vigore, dall’art. 95 del codice della crisi) “ove già nominato” – già l’ANAC (con la determinazione n. 5 dell’8 aprile 2015) e la dottrina hanno ricavato la convinzione che esso dimostrerebbe come l’art. 186 bis, comma 4, contempli (anche) l’ipotesi del concordato in bianco o con riserva, dal momento che per il concordato preventivo ordinario la nomina del commissario giudiziale è doverosa, sicché l’uso della formula ipotetica si spiegherebbe solo se riferita al concordato in bianco dove, invece, la nomina del commissario giudiziale è una facoltà lasciata al tribunale.
​​​​​​​In epoca più recente, successivamente all’indizione della gara qui in contestazione, queste distonie (ma v’era chi tra i commentatori aveva parlato, al principio, di vero e proprio corto circuito tra due blocchi normativi) tra il codice dei contratti e la legge fallimentare sono andate riducendosi (come ha osservato anche Corte cost., n. 85 del 2020 al punto 4.2.1), se è vero che l’art. 80, comma 5, lett. b) fa ora (di nuovo) testuale rinvio all’art. 186 bis della legge fallimentare (come già prima era avvenuto con l’art. 38 del vecchio codice) e quindi anche al suo comma 4; e che l’art. 110 è stato riscritto in occasione dell’adozione proprio del codice della crisi d’impresa (ad opera dell’art. 372 di tale codice), prevedendosi che alle imprese che hanno depositato domanda di concordato con riserva si applichi l’art. 186 bis della legge fallimentare e che per la partecipazione alle gare, tra il momento di tale domanda e quello del decreto di ammissione, sia sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto.
L’insieme di questi rilievi e di queste evidenze conduce quindi l’Adunanza plenaria a ritenere che, sulla scorta dell’art. 186 bis, comma 4, della legge fallimentare, la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva non possa considerarsi causa di automatica esclusione né inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici. In particolare non si può ritenere che la presentazione di una tale domanda comporti per ciò solo la perdita dei requisiti generali di partecipazione - il cui eventuale successivo recupero in caso di buon esito della procedura non varrebbe neppure ad elidere una simile cesura, in ragione del noto principio di continuità sempre ribadito da questo Consiglio (Cons. St., A.P., nn. 8 del 2012 e 8 del 2015) ostando a tale ricostruzione, oltre che la lettera dell’art. 186 bis, la veduta e ribadita funzione prenotativa e protettiva dell’istituto del concordato con riserva che, come spiegato nella relazione ministeriale all’art. 372 del codice della crisi d’impresa, da strumento di tutela non può tradursi nel suo contrario, ossia in un ostacolo alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale in quanto proprio tale prospettiva postula che resti consentito, per quanto “vigilato”, l’accesso al mercato dei contratti pubblici. 
Questa conclusione, che subordina la partecipazione alle procedure di gara al prudente apprezzamento del tribunale, vale sia per l’ipotesi che l’impresa abbia già assunto la qualità di debitore concordatario nel momento in cui è indetta la (nuova) procedura ad evidenza pubblica, che per il caso in cui, all’inverso, la domanda di concordato segua temporalmente quella già presentata di partecipazione alla gara. In questo senso la formula “partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici”, contenuta nell’art. 186 bis, comma 4 (e da ultimo all’art. 110, comma 4, del codice dei contratti), deve essere letta nel suo significato più pieno e più coerente con quella esigenza di controllo giudiziale ab initio che, realizzandosi sin dal momento in cui si costituisce il rapporto processuale con il giudice fallimentare, rappresenta il punto di equilibrio tra la tutela del debitore e quella dei terzi.
Si deve quindi precisare come, qualora come nel caso di specie l’impresa presenti la domanda di concordato dopo avere già presentato la domanda di partecipazione alla gara, essa dovrà chiedere al tribunale di essere autorizzata a (continuare a) partecipare alla procedura (in tal senso già Cons. St, sez. V, n. 6272 del 2013). Sebbene la legge non indichi un termine ad hoc per la presentazione di una tale istanza (di autorizzazione), è del tutto ragionevole ritenere che, secondo un elementare canone di buona fede in senso oggettivo, l’istanza debba essere presentata senza indugio, anche per acquisire quanto prima l’autorizzazione ed essere – per quanto si dirà - nella condizione utile di poterla trasmettere alla stazione appaltante con la procedura ad evidenza pubblica ancora in corso.
In casi di questo tipo, il richiamo alla buona fede, e agli obblighi di protezione che ne discendono nel corso delle trattative e della formazione del contratto (cfr. A.P., n. 5 del 2018), vale anche a ritenere che della avvenuta presentazione della domanda di concordato ai sensi dell’art. 161, comma 6, l’operatore debba mettere prontamente a conoscenza la stazione appaltante, trattandosi di un’informazione rilevante, ancorché la domanda di concordato sia pubblicata nel registro delle imprese e sia quindi in linea di principio conoscibile. Qualora fosse omessa tale informazione valuterà la stazione appaltante l’incidenza di una condotta reticente, (ma) senza automatismi e alla luce di quanto si è chiarito di recente con la sentenza di questa Adunanza n. 16 del 2020: facendo quindi applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis, anziché della lett. f-bis.
Quanto sinora evidenziato dispensa l’Adunanza dal dare risposta al secondo quesito posto con l’ordinanza di rimessione, siccome incentrato sull’assunto che la questione della partecipazione, possibile o meno, alle gare pubbliche debba trovare la sua soluzione sulla base dell’art. 161, comma 7, della legge fallimentare, a seconda che detta partecipazione sia qualificabile come un atto di ordinaria ovvero di straordinaria amministrazione; quando invece, per quanto in precedenza osservato, il legislatore con l’art. 186 bis, comma 4, ha considerato nello specifico la partecipazione alla gara come un atto (ovvero, anche se non soprattutto, una condotta complessiva), da sottoporre comunque e sempre al controllo giudiziale del tribunale fallimentare. Il che – è appena il caso di osservare incidentalmente – non deve significare che in linea generale partecipare ad una gara pubblica sia da considerarsi (sempre) un atto di straordinaria amministrazione quanto, piuttosto, che dopo la presentazione di una domanda di concordato (soprattutto se con riserva) quel che in astratto potrebbe anche considerarsi come di ordinaria amministrazione assume un connotato diverso, tale da richiedere il controllo giudiziale assicurando in tale sede – come si è chiarito – un minimo di discovery (in più) ovvero dovendo fornire l’imprenditore idonee informazioni sul contenuto del piano in preparazione (Cass. n. 14713 del 2019 cit.).
​​​​​​​La centralità e l’importanza che riveste l’autorizzazione del giudice fallimentare, ai fini della partecipazione alla gara, conducono a ritenere che il rilascio e il deposito di tale autorizzazione debbano intervenire prima che il procedimento dell’evidenza pubblica abbia termine e, dunque, prima che sia formalizzata da parte della stazione appaltante la scelta del miglior offerente attraverso l’atto di aggiudicazione. Si tratta di una posizione, qui sostenuta anche dalla difesa erariale, che già è stata fatta propria dalla giurisprudenza più recente di questo Consiglio (Cons. St., sez. V n. 1328 del 2020), alla quale si è richiamata anche l’ANAC (delibera n. 362 del 2020), e che ha il pregio di individuare un limite temporale definito, (più) idoneo ad assicurare l’ordinato svolgimento della procedura di gara, senza far carico l’amministrazione aggiudicatrice e gli altri concorrenti dei possibili ritardi legati ai tempi di rilascio (o di richiesta) dell’autorizzazione.
Si intende che – anche a chiarimento del quesito rivolto all’Adunanza - si sta ragionando sempre dell’autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara, di cui all’art. 186 bis, comma 4, e non anche dell’ammissione alla procedura di concordato di cui all’art. 163, trattandosi di provvedimenti del tribunale differenti, nei presupposti e negli effetti, il secondo dei quali destinato ad essere adottato a distanza di mesi dalla presentazione della domanda di concordato con riserva, quando la procedura ad evidenza pubblica normalmente è già conclusa. Proprio perché consapevole di questa distanza temporale, sempre in chiave anticipatoria e prenotativa, il legislatore ha previsto che il rilascio del primo provvedimento sia condizione necessaria ma al tempo stesso (anche) sufficiente. Ove poi, nonostante il rilascio dell’autorizzazione, alla fine il tribunale non procedesse più all’ammissione dell’impresa al concordato o l’ammissione fosse revocata, aprendo così la via al fallimento ricorrendone i presupposti, è evidente che varranno le regole generali previste per i casi in cui il fallimento sopravvenga nel corso della gara o dopo la stipula del contratto (art. 110 e, per i raggruppamenti temporanei d’impresa, art. 48 del codice dei contratti).
Così rispondendosi in linea generale al terzo quesito, è comunque rimesso alle stazioni appaltanti nel singolo caso concreto valutare se un’autorizzazione tardiva, ma pur sempre sopraggiunta in tempo utile per la stipula del contratto di appalto o di concessione, possa avere efficacia integrativa o sanante. È il caso singolare dal quale è originato il giudizio in corso, in cui è mancato il rilascio di un’autorizzazione da parte del tribunale prima dell’aggiudicazione della gara, non essendo stata presentata un’istanza in tal senso dall’impresa concordataria sull’erroneo presupposto che non occorresse, ma è intervenuta l’autorizzazione alla stipula del contratto di appalto.
La questione posta con il quarto quesito attiene, specificamente, all’estensione, introdotta dal comma 19-ter dell’art. 48 (comma aggiunto dall’art. 32, comma 1, lett. h), d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che ha esteso espressamente la possibilità di modifica soggettiva per le ragioni indicate dai commi 17, 18 e 19 anche in corso di gara), delle modifiche soggettive, in origine consentite dai commi 17 e 18 solo alla fase dell’esecuzione, anche alla fase di gara, con l’invocata possibilità di effettuare la sostituzione della mandataria o della mandante – nel caso di specie, la mandante -anche con un soggetto esterno al raggruppamento.
13. Merita ricordare come la regola dell’immodificabilità risponda in via generale ad una duplice esigenza, fortemente avvertita sia a livello nazionale che, come si dirà, a livello europeo, di evitare, da un lato, che la stazione appaltante si trovi ad aggiudicare la gara e a stipulare il contratto con un soggetto, del quale non abbia potuto verificare i requisiti, generali o speciali, di partecipazione, in conseguenza di modifiche della composizione del raggruppamento avvenute nel corso della procedura ad evidenza pubblica o nella fase esecutiva del contratto, e dall’altro all’esigenza di tutelare la par condicio dei partecipanti alla gara con modifiche della composizione soggettiva del raggruppamento “calibrate” sull’evoluzione della gara o sull’andamento del rapporto contrattuale.
Di questa regola l’Adunanza plenaria, prima ancora del codice attuale, aveva dato una lettura funzionale, nel senso di non precludere la modifica soggettiva in assoluto, ammettendola laddove questa operi in riduzione, anziché in aggiunta o in sostituzione, quindi solo internamente e senza innesti dall’esterno del raggruppamento; e comunque sempre che non sia finalizzata ad eludere i controlli in ordine al possesso dei requisiti (Cons. St., A.P., n. 8 del 2012, di recente Cons. St., V, n. 1379 del 2020 e n. 1031 del 2018).
Ha ancora ricordato l’Alto consesso che procedura di gara assume il carattere di strumento di scelta non solo dell’offerta migliore, ma anche del contraente più affidabile, come è stato acutamente notato in dottrina, e il principio di immodificabilità soggettiva risponde ad esigenze di sicurezza giuridica per la stazione appaltante durante l’iter di formazione e di esecuzione del contratto, oltre che al principio di concorrenza, di sicuro rilievo europeo, garantendosi così il primato giuridico della gara, la massima partecipazione, il principio di personalità del contratto, quale “specchio fedele” della gara stessa, come si è detto, e della sua tendenziale incedibilità, ammessa solo a determinate condizioni dalla legge (v., più in generale, l’art. 106, comma 1, lett. d), n. 2 del d. lgs. n. 50 del 2016).
Le deroghe, tassativamente previste, devono trovare un solido fondamento normativo, a livello europeo e nazionale, e rispondere anzitutto, seppur non solo, ad un preciso interesse pubblico, che giustifichi la deroga alla riapertura dell’appalto alla concorrenza per il venir meno della identità giuridica tra soggetto che ha formulato la proposta, che si aggiudica la gara e che esegue il contratto.
Ebbene, quanto meno per la fase della gara, un simile fondamento, a livello europeo, non è dato rinvenire, non al punto da consentire la modifica del raggruppamento temporaneo d’imprese con l’addizione di un soggetto esterno. In assenza di un tale fondamento, e al cospetto di una regola generale risalente di segno inverso di cui si è già detto, si impone quindi un’interpretazione comunitariamente orientata, ovvero conforme, della disposizione nazionale di cui al comma 19 ter dell’art. 48, privilegiando tra tutti i significati possibili quello che appare maggiormente conforme ai principi del Trattato e alle finalità della direttive in materia, nel senso che deve ritenersi consentita in sede di gara, per tutte le ragioni vedute, solo una modifica della composizione del raggruppamento c.d. per sottrazione ovvero per riduzione, la sola coerente con i principi di parità di trattamento e di concorrenza. 
Sul piano procedurale, l’evento che conduce alla sostituzione interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara.
​​​​​​​È alla luce di queste considerazioni, dunque, che deve ora fornirsi risposta al quarto quesito, escludendo la sostituzione esterna per la figura della mandante, come anche logicamente per quella della mandataria. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, REQUISITI di partecipazione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri