Il Consiglio di Stato ha espresso il parere favorevole sul regolamento sulla disciplina dei contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali

Il Consiglio di Stato ha espresso il parere favorevole sul regolamento sulla disciplina dei contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali


Economia – Contratti di credito ai consumatori - Beni immobili residenziali – Regolamento ex art. 120-quinquiesdecies, commi 3, 4 e 5, d.lgs. n. 385 del 1993 – Ratio. 

 

L’adozione del regolamento sulla disciplina dei contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, che dà attuazione all’art. 120-quinquiesdecies, commi 3, 4 e 5, d.lgs. 1  settembre 1993, n. 385, ha lo  scopo principale di accelerare e semplificare il recupero dei crediti nell’interesse della stabilità del sistema bancario (“enforcing contracts”), rinvenendo risposte al problema delle sofferenze bancarie e alle conseguenti ricadute negative sui requisiti patrimoniali delle banche; scopo, questo, su cui si innesta la necessaria tutela del cliente-consumatore, allo scopo di evitare che l’obiettivo di efficientare il recupero dei crediti insoluti si traduca in una pressione sociale eccessiva sui debitori, in un settore particolarmente delicato e sensibile, qual è quello degli immobili residenziali, tra cui la prima casa di abitazione principale. 

 

Il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di regolamento, che dà attuazione all’art. 120-quinquiesdecies, commi 3, 4 e 5, d.lgs. 1  settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), come introdotto dall'art. 1, d.lgs. 21 aprile 2016, n. 72, che - in recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/17/UE (c.d. Mortgage Credit Directive) - ha inserito nel Titolo VI del TUB il nuovo Capo I-bis, contenente la disciplina dei contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali. 

E’ stato evidenziato che l'art. 120-quinquiesdecies, comma 3, d.lgs. n. 385 del 1993  prevede che - fermo restando il divieto di patto commissorio di cui all'art. 2744 cod.  civ. - il finanziatore e il consumatore, al momento della conclusione del contratto di credito, possono inserire nel contratto una clausola in forza della quale, in caso di inadempimento del consumatore, la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l'estinzione dell'intero debito del consumatore anche se il valore del bene immobile restituito o trasferito ovvero l'ammontare dei proventi della vendita è inferiore al debito residuo, con diritto del debitore a introitare l’eventuale eccedenza del valore dell'immobile come stimato dal perito ovvero conseguito con i proventi della vendita se è superiore al debito residuo.  

Il decreto sottoposto all’esame della Sezione normativa attua la previsione del comma 5 dell’art. 120-quinquiesdecies, d.lgs. n. 385 del 1993, che dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Banca d'Italia, detta disposizioni di attuazione dei commi 3 e 4 del medesimo articolo. 

Il d.lgs. 21 aprile 2016, n. 72 (recante Attuazione della direttiva 2014/17/UE, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali nonché modifiche e integrazioni del titolo VI-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sulla disciplina degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi e del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141) ha inserito (con l’art. 1, comma 2) nel nel Titolo VI (Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti) del d.lgs. n. 385 del 1993 un nuovo Capo I-bis intitolato Credito immobiliare ai consumatori (artt. 120-quinquies – 120-noviesdecies).  

L’art. 120-quinquiesdecies detta norme in tema di Inadempimento del consumatore. I commi da 3 a 5 introducono la novità del contratto di credito con clausola di restituzione o di trasferimento: “3. Fermo quanto previsto dall'articolo 2744 del codice civile, le parti possono convenire, con clausola espressa, al momento della conclusione del contratto di credito, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l'estinzione dell'intero debito a carico del consumatore derivante dal contratto di credito anche se il valore del bene immobile restituito o trasferito ovvero l'ammontare dei proventi della vendita è inferiore al debito residuo. Se il valore dell'immobile come stimato dal perito ovvero l'ammontare dei proventi della vendita è superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all'eccedenza. In ogni caso, il finanziatore si adopera con ogni diligenza per conseguire dalla vendita il miglior prezzo di realizzo. La clausola non può essere pattuita in caso di surrogazione nel contratto di credito ai sensi dell'articolo 120-quater. 4. Agli effetti del comma 3: a. il finanziatore non può condizionare la conclusione del contratto di credito alla sottoscrizione della clausola; b. se il contratto di credito contiene la clausola, il consumatore è assistito, a titolo gratuito, da un consulente al fine di valutarne la convenienza; c. costituisce inadempimento il mancato pagamento di un ammontare equivalente a diciotto rate mensili; non costituiscono inadempimento i ritardati pagamenti che consentono la risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 40, comma 2; d. il valore del bene immobile oggetto della garanzia è stimato da un perito indipendente scelto dalle parti di comune accordo ovvero, in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, nominato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente con le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 696 del codice di procedura civile, con una perizia successiva all'inadempimento. Si applica quanto previsto ai sensi dell'articolo 120-duodecies. 5. Con decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Banca d'Italia, detta disposizioni di attuazione dei commi 3 e 4”. 

La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 febbraio 2014, n. 2014/17/UE, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010, così detta Mortgage Credit Directive (MCD), mira a uniformare (in sede di armonizzazione e di avvicinamento dei relativi ordinamenti) le eterogenee discipline dei Paesi membri riguardo all'attività di erogazione di crediti per beni immobili residenziali, e ciò essenzialmente al duplice scopo di promuovere e assicurare lo sviluppo di un mercato creditizio più trasparente ed efficiente e di rafforzare la tutela dei consumatori dopo la crisi del debito del 2007-2008 [il terzo considerando della direttiva ricorda che “il G20 ha incaricato il Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board) di fissare principi in materia di requisiti validi per la sottoscrizione in relazione a beni immobili residenziali”], ovvero (quinto considerando) “Al fine di agevolare la creazione di un mercato interno ben funzionante e caratterizzato da un elevato livello di protezione dei consumatori nel settore dei contratti di credito relativi ai beni immobili e al fine di garantire che i consumatori interessati a tali contratti possano confidare nel fatto che gli enti con i quali interagiscono si comportino in maniera professionale e responsabile”, con l’obiettivo (settimo considerando) di “creare un autentico mercato interno, con un livello elevato ed equivalente di protezione dei consumatori”, da perseguire essenzialmente attraverso la piena armonizzazione relativamente alle informazioni precontrattuali attraverso il formato del Prospetto informativo europeo standardizzato (PIES) e il calcolo del TAEG (tasso annuo effettivo globale).  

Emerge dunque chiaramente che lo scopo principale di queste novità normative è quello di accelerare e semplificare il recupero dei crediti nell’interesse della stabilità del sistema bancario (“enforcing contracts”), rinvenendo risposte al problema delle sofferenze bancarie e alle conseguenti ricadute negative sui requisiti patrimoniali delle banche; scopo, questo, su cui si innesta la necessaria tutela del cliente-consumatore, allo scopo di evitare che l’obiettivo di efficientare il recupero dei crediti insoluti si traduca in una pressione sociale eccessiva sui debitori, in un settore particolarmente delicato e sensibile, qual è quello degli immobili residenziali, tra cui la prima casa di abitazione principale.  

I commi 3, 4 e 5 dell’art. 120-quinquiesdecies del TUB attuano in particolare l’art. 28 della direttiva, relativo alla Morosità e pignoramenti, collocato nel Capo 10, relativo alla Buona esecuzione dei contratti di credito e diritti connessi. Il paragrafo 4 dell’art. 28 della direttiva prevede che “Gli Stati membri non impediscono alle parti di un contratto di credito di convenire espressamente che la restituzione o il trasferimento della garanzia reale o dei proventi della vendita della garanzia reale è sufficiente a rimborsare il credito” (il paragrafo 5 aggiunge che, “Se il prezzo ottenuto per il bene immobile influisce sull’importo dovuto dal consumatore, gli Stati membri predispongono procedure o misure intese a consentire di ottenere il miglior prezzo possibile per la vendita del bene immobile in garanzia”). 

Attraverso questa previsione del diritto dell’Unione il legislatore italiano ha introdotto, con il d.lgs. n. 72 del 2016, l’istituto regolato dai commi da 3 a 5 dell’art. 120-quinquiesdecies, della cui attuazione si tratta, che, secondo l’opinione prevalente, avrebbe previsto una clausola contrattuale riconducibile al modello del così detto “patto marciano”, che si ha (in sintesi) quando il creditore, in caso di inadempimento del debitore, non diventa puramente e semplicemente proprietario della cosa ricevuta in garanzia (come accade nel patto commissorio, vietato dall’art. 2744 del codice civile: “È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore”), ma assume l’obbligo, a garanzia del debitore, di versare al debitore la differenza tra l'ammontare del credito e l'eventuale accertato maggior valore del bene, stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo successivamente all'inadempimento. In disparte la questione teorica [se tale figura contrattuale abbia una causa solutoria, come surrogato dell’adempimento (una sorta di datio in solutum preventiva), oppure rappresenti un meccanismo esecutivo di natura privata e stragiudiziale, un surrogato di un’esecuzione forzata sui beni del debitore], il patto marciano è stato non da ieri ritenuto legittimo dalla prevalente giurisprudenza (Cass. 21 gennaio 2005, n. 1273; 18 marzo 2015, n. 5440; da ultimo, Id., Sez. III civ., 17 gennaio 2020, n. 844), proprio in quanto ben distinguibile dal patto commissorio. La clausola opera, in linea con il modello del “patto marciano” delineato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, come trasferimento sospensivamente condizionato all’inadempimento (in caso di previsione di “trasferimento” del bene, come regolato dall’art. 11 dello schema di decreto qui in esame), o tramite la vendita stragiudiziale a terzi del bene immobile oggetto di ipoteca (mediante esercizio, da parte del finanziatore o del professionista incaricato, del mandato irrevocabile a vendere, o mediante cura diretta della vendita da parte del debitore, come previsto dall’art. 12 dello schema di decreto). 

Nel quadro delle esigenze di “enforcing contracts” e nell’ottica di una gestione “attiva” dei crediti deteriorati, è stato peraltro già introdotto nell’ordinamento italiano un istituto di “autotutela convenzionale esecutiva” del creditore, in qualche modo analogo, ancorché con un diverso ambito applicativo, costituito dal finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato, previsto dall’art. 48-bis inserito nel TUB dall'art. 2, comma 1, d.l. 3 maggio 2016, n. 59, recante Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119. Ancor prima, con il decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 (art. 11-quaterdecies, commi 12-12-sexies), era stato previsto il prestito vitalizio ipotecario, al quale è collegato un meccanismo negoziale simile al patto marciano. Queste figure contrattuali mirano ad aprire nuovi spazi all’interno del sistema italiano, tradizionalmente imperniato sul divieto del patto commissorio e sull’accentramento dell’esecuzione delle garanzie dinanzi all’autorità giudiziaria. 

Lo schema di decreto disciplina gli elementi essenziali, tutti da ritenersi necessari e inderogabili, della speciale figura di “patto marciano” introdotta dalla norma primaria, ossia: a) l’alienazione, da parte del debitore in favore della banca finanziatrice, nell’ambito di un rapporto di mutuo immobiliare ipotecario, dell’immobile residenziale acquistato e gravato da garanzia ipotecaria, sospensivamente condizionata all’inadempimento del debitore (o la programmazione di una vendita con effetti solutori, in caso di vendita stragiudiziale a terzi del bene immobile oggetto di ipoteca); b) l’obbligo della banca di versare al debitore l’eventuale eccedenza di valore del bene rispetto al debito garantito; c) la previsione della stima del bene da eseguirsi dopo l’inadempimento con garanzia di imparzialità e attendibilità; d) l’effetto esdebitativo ex lege; e) la predeterminazione ex lege di un una soglia minima di inadempimento quale presupposto di efficacia della clausola.  

Ha ancora chiarito la Sezione che i commi 3 e 4 dell’art. 120-quinquiesdecies (che delimitano l’ambito contenutistico della “delega” alla norma regolamentare contenuta nel comma 5), richiedono previsioni attuative (soprattutto, se non esclusivamente, il comma 4, poiché il comma 3 si limita a stabilire, in modo specifico e autoapplicativo, i caratteri e gli effetti essenziali dalla clausola, mentre il comma 4, nel declinare ulteriori effetti della clausola, reca in parte previsioni autoapplicative [quale quella di cui alla lettera a), che vieta che il finanziatore possa condizionare la conclusione del contratto di credito alla sottoscrizione della clausola, e quella di cui alla lettera c), che definisce in maniera puntuale qual è la soglia di gravità dell’inadempimento del debitore in presenza della quale può operare la clausola], in parte previsioni, invece, che effettivamente lasciano spazio a misure attuative regolamentari [quali le residue previsioni di cui alle lettera b), che prevede che il consumatore debba essere assistito, a titolo gratuito, da un consulente, e alla lettera d), sulla scelta del perito per la valutazione dell’immobile]). In questo senso, non risulta particolarmente ampio il ventaglio delle possibili scelte discrezionali lasciate dalla legge alla presente fonte regolamentare (e dovrà conseguentemente essere attentamente valutata la possibile esorbitanza di talune previsioni regolamentari rispetto all’ambito legittimo di esercizio del potere regolamentare). 


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

ECONOMIA e finanza

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri