Il C.g.a. ha reso il parere sul Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani

Il C.g.a. ha reso il parere sul Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani


Rifiuti – Rifiuti urbani – Sicilia - Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani – Natura. 


      Il Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani nella Regione Sicilia si concreta in un atto complesso che, al pari della maggior parte degli strumenti analoghi, è composto da una parte essenziale che - dovendo introdurre obiettivi, criteri, modalità d’azione per il conseguimento degli obiettivi e, in buona sostanza, “regole” - è necessariamente normativa (e, nella fattispecie, siffatta normatività sostanziale assume forza e valore di regolamento regionale), nonché da una o più parti accessorie volte a fornire dati complementari utili per la migliore comprensione della strategia da esso adottata e del contesto fattuale nel quale lo stesso è destinato ad operare (1). 


 

(1) Ha chiarito il C.g.a. che non è possibile ritenere che il Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani, di cui all’art. 9, l. reg. Sicilia 8 aprile 2010, n. 9 è un mero “strumento di pianificazione”, privo di contenuto sostanzialmente normativo, né che il predetto atto di pianificazione sarebbe un atto a tutti gli effetti (id est, a contenuto pienamente) “regolamentare” (suscettibile, dunque, di applicazione al pari di un testo normativo), possono essere condivise.
Non è possibile ritenere che il Piano sia strumento di pianificazione privo di contenuto sostanzialmente normativo.
Innanzitutto in quanto è lo stesso decreto presidenziale ad auto-qualificarsi come “regolamento”. Ma anche a prescindere da tale notazione di carattere formale, vale rilevare che l’art. 2 del decreto presidenziale stabilisce, con formula conclusiva tipica degli atti normativi, che “è fatto obbligo a chiunque spetti, di osservarlo e di farlo osservare”.
Tale “prescrizione” si giustifica solamente se ed in quanto l’atto si connoti come sostanzialmente regolamentare e se l’intenzione dell’Autorità che lo ha approvato sia quella di conferire ad esso efficacia normativa.
A tali considerazioni basate sull’interpretazione letterale del decreto se ne aggiunge una, prevalente, di carattere sostanziale, e cioè che l’art. 9, l. reg. n. 9 del 2010 stabilisce con estrema precisione quali debbano essere i contenuti del Piano. Analogo discorso vale per gli atti allegati al Piano, sempre che costituiscano parti strutturali dello stesso; come parti - cioè - che contribuiscono a realizzare il “modello tipizzato” ideato dal Legislatore.
Infine, se il Legislatore non avesse inteso conferire al Piano alcuna efficacia regolamentare (prescrittivo-normativa) non avrebbe di certo stabilito che esso dovesse essere approvato: mediante un decreto del Presidente della Repubblica, e cioè mediante uno strumento di produzione normativa che si inscrive, a tutti gli effetti, nel sistema delle “fonti del diritto” (seppur di secondo grado) e con le forme procedimentali in uso per l’approvazione dei “regolamenti”, atti che sono anch’essi espressione della potestà normativa di secondo grado dell’Amministrazione. Sarebbe stato sufficiente prescriverne l’approvazione mediante semplice atto amministrativo e la conseguente pubblicazione, in tale forma e per effetti di mera pubblicità-notizia, nella Gazzetta Ufficiale della Regione, come avviene sovente per gli atti di pianificazione (ai quali non si intenda attribuire alcuna formale efficacia normativa). 
Il C.g.a. ha quindi affermato che l’approvazione in forma regolamentare e mediante un atto di produzione normativa costituente “fonte di diritto” non sembra lasciare adito a dubbi; appare infatti evidente che il Legislatore ha modulato il Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani come strumento di attuazione della politica di gestione dei rifiuti e, dunque, come atto normativo finalizzato e idoneo ad orientare normativamente le condotte dei consociati.
Acclarato che tanto il regolamento che il Piano - e gli atti ad esso allegati nella misura in cui ne costituiscano parti integranti o integrative - hanno (e devono avere, secondo la funzione che il Legislatore assegna loro) natura normativa (e dunque valore ed efficacia precettivi), resta da chiarire se tale natura li pervada in toto.
La risposta - che non può che basarsi sul concreto esame degli atti in questione - non può che essere negativa. È sufficiente leggere il Piano e gli altri documenti allegati, per comprendere che essi contengono (molte) parti e sezioni puramente descrittivo-ricognitive (quali quelle che descrivono la “storia” della gestione dei rifiuti in Sicilia o che ricostruiscono lo stato della normativa applicabile), nonché espressioni meramente esortative o indicative di obiettivi strategici, di direttive e finanche, talvolta, di semplici intenzioni; e cioè espressioni prive di qualsiasi contenuto prescrittivo.
Anzi, a ben guardare, sono proprio le espressioni di tal genere - id est: quelle a contenuto non normativo - che occupano la più cospicua parte dei documenti in questione, compreso il Piano.
Orbene, è oltremodo evidente che per quanto formalmente “incorporate” - in quanto anch’esse richiamate - nel testo del regolamento, tali espressioni non acquistano - né avrebbe senso ipotizzarlo - alcuna efficacia normativa.
Appare quasi superfluo osservare, al riguardo, che affinché le espressioni linguistiche acquistino contenuto normativo - e, conseguentemente, efficacia normativa - non è sufficiente che vengano formalmente inserite in un atto legislativo o regolamentare. Occorre, anche e soprattutto, che esprimano disposizioni prescrittive che innovino sostanzialmente il precedente assetto ordinamentale; che dettino, cioè, norme con valenza esterna, ossia regole capaci di orientare le condotte umane o, quantomeno, criteri che integrano o consentono di interpretare precedenti norme.
La conclusione che può essere tratta dall’analisi dell’art. 9, l. reg. n. 9 del 2010 è, pertanto, che il Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani si concreta in un atto complesso che, al pari della maggior parte degli strumenti analoghi, è composto da una parte essenziale che - dovendo introdurre obiettivi, criteri, modalità d’azione per il conseguimento degli obiettivi e, in buona sostanza, “regole” - è necessariamente normativa (e, nella fattispecie, siffatta normatività sostanziale assume forza e valore di regolamento regionale), nonché da una o più parti accessorie volte a fornire dati complementari utili per la migliore comprensione della strategia da esso adottata e del contesto fattuale nel quale lo stesso è destinato ad operare. 

 

Quanto alla tecnica utilizzata per la redazione del Piano, il C.g.a. si è soffermato sul se sia legittimo - sotto i profili giuridico-costituzionale e del c.d. drafting normativo - introdurre nell’ordinamento norme giuridiche, mediante la tecnica del sommario rinvio (operato da un atto legislativo o regolamentare) ad atti “a contenuto misto”; ad atti che contengono, cioè, anche parti puramente descrittivo-ricognitive, disposizioni programmatiche, direttive, espressioni meramente esortative, dichiarazioni di intenti etc., prive, dunque, di contenuto prescrittivo.
La questione sorge allorquando una norma operi un rinvio ad un “testo a contenuto misto”, che non abbia, cioè, contenuto esclusivamente normativo, al fine di richiamarne il contenuto normativo.
Ha affermato che la tecnica del c.d. “rinvio sommario ad un testo a contenuto misto”, utilizzata dall’art. 1 del decreto presidenziale non è conforme al “principio di chiarezza del diritto” immanente dell’Ordinamento italiano ed in ultimo sempre più affermato, mediante l’introduzione di regole specifiche, dal legislatore statale. 
Che una pericope normativa che richiami per intero - mediante un “rinvio sommario” - un “testo a contenuto misto” non consente di individuare con precisione e certezza le norme da applicare, è un dato di fatto incontrovertibile; e conduce inevitabilmente ad esprimere un giudizio negativo sulla qualità della normativa e sulla efficacia della descritta tecnica di produzione giuridica.
L’incertezza che ne deriva è, infatti, direttamente proporzionale alla multiformità dei contenuti del testo richiamato ed alla vaghezza delle espressioni in esso usate. Difatti, discernere, in un “testo a contenuto misto”, contenuti specificamente normativi, distinguendoli da dichiarazioni programmatiche ed esortative o di intenti, non è assolutamente agevole; ed il risultato per nulla attendibile. Anzi, ciò che è certo è solamente che il risultato sarà comunque incerto. Il che appare sufficiente per stigmatizzare negativamente - in astratto - la tecnica del c.d. “rinvio sommario”.
Il C.g.a. ha quindi affermato che il “rinvio” concretamente operato dal decreto presidenziale in esame, non sembra poter sfuggire alla critica di “sommarietà”. generale rinvio ricettizio - operato dal decreto - al complessivo coacervo dei documenti allegati, dà la sensazione che siano stati sommariamente “approvati in blocco”, senza un chiaro intento e senza una lineare visione giuridica della vicenda, unitamente a disposizioni sparse qua e là nel voluminoso corpo dei documenti, anche testi, luoghi testuali ed espressioni letterali privi di qualsiasi effettivo contenuto prescrittivo (quali quelli che descrivono la “storia” della gestione dei rifiuti in Sicilia o della normativa). 
​​​​​​​Ciò espone il decreto ad una critica di fondo. In esso risulta, infatti, oltremodo difficile (e comunque difficoltoso) “scorgere” (e “trovare”) le norme effettivamente prescrittive (e cioè le prescrizioni immediatamente precettive nei confronti di soggetti determinati) e discernere le parti prescrittive da quelle puramente descrittive, esortative o indicative di semplici direttive o di intenzioni, con conseguente incertezza in ordine alla concreta natura ed efficacia del Piano; ed alla concreta applicabilità e cogenza delle sue “determinazioni”. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

RIFIUTI, RIFIUTI urbani

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri