Giurisdizione del giudice amministrativo sulla penale per inadempimento agli obblighi derivanti da una concessione

Giurisdizione del giudice amministrativo sulla penale per inadempimento agli obblighi derivanti da una concessione


Giurisdizione – Concessione amministrativa – Inadempimento agli obblighi – Penale – Controversia - Giurisdizione del giudice amministrativo. 

             Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto l’applicazione di una penale contrattuale inflitta per inadempimento agli obblighi derivanti da una concessione (1). 

 

(1) Ha ricordato la Sezione che l'art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a., che regola la giurisdizione in materia di concessioni di beni pubblici, devolve le controversie «aventi ad oggetto atti e provvedimenti» relativi a tale categoria di contratto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed in via di «eccezione» al giudice ordinario le controversie «concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi». La concentrazione davanti al giudice amministrativo delle controversie concernenti le concessioni di beni pubblici è dunque derogata per le ipotesi dichiaratamente eccezionali da essa previste e pertanto da interpretare in conformità al canone enunciato dall’art. 14 delle preleggi, secondo cui le leggi «che fanno eccezione a regole generali (…) non si applicano oltre i casi (…) in esse considerati».  

Il riparto così delineato esprime la concezione, tuttora valida, secondo cui la concessione di beni pubblici è un istituto in cui è immanente l’interesse dell’amministrazione ad un corretto utilizzo e gestione del bene affidato in uso speciale al privato concessionario. In ragione di ciò è innanzitutto nel potere unilaterale di affidamento dell’uso del bene pubblico spettante all’amministrazione che va individuata la genesi della concessione, con regolamentazione dei profili di carattere patrimoniale, in funzione accessiva del presupposto provvedimento di concessione, mediante lo strumento contrattuale. Quest’ultimo è dunque dipendente sul piano logico-giuridico all’atto autoritativo di concessione. In secondo luogo, anche nel corso del rapporto concessorio all’amministrazione stessa sono riservati i poteri autoritativi necessari ad assicurare che la gestione privata del bene rimanga coerente con il superiore interesse pubblico ed a ricondurla ad esso ogniqualvolta se ne sia verificata una deviazione, sino al punto di porre termine all’uso speciale e così riacquisire il bene alla sfera pubblica. Alla posizione di supremazia così mantenuta dall’amministrazione fa riscontro la soggezione del privato concessionario, al quale è riconosciuto l’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi spettanti alla prima. 

I profili di carattere sostanziale della concessione finora delineati sono alla base della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In conformità alle ragioni storiche che presiedono alla sua istituzione essa si giustifica per il possibile intreccio tra situazioni giuridiche aventi consistenza di interesse legittimo e altre invece qualificabili come diritto soggettivo, configurabili per i sopra menzionati profili di carattere patrimoniale insiti nel rapporto concessorio e regolati mediante contratto, e per la conseguente esigenza di concentrare le relative tutele.  

Tale concentrazione non è assoluta, ma è derogata per le controversie «concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi». In conformità al canone interpretativo previsto dal sopra citato art. 14 delle preleggi la residuale ipotesi di giurisdizione ordinaria nelle controversie concernenti le concessioni di beni pubblici va pertanto limitata a quelle di carattere meramente patrimoniale, in cui non sono coinvolti profili di interesse pubblico, che per il resto conformano l’istituto della concessione amministrativa.  

In questa prospettiva si afferma in giurisprudenza che tali profili sono ravvisabili anche nella determinazione del canone di concessione dovuto dal privato, ogniqualvolta si controversa sull’an della prestazione o la sua determinazione sia rimessa a valutazioni di carattere discrezionale dell’autorità concedente (Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 2019, n. 1034). Sono per contro devolute alla giurisdizione ordinaria le controversie in cui si verta sul solo ammontare del corrispettivo dovuto al concessionario e la sua determinazione non dipenda dall’esercizio delle prerogative pubblicistiche dell’amministrazione (Cass., SS.UU., 18 giugno 2020, n. 11867; ord. 24 febbraio 2020, n. 4803; 4 ottobre 2019, n. 24857; ord. 31 dicembre 2018, n. 33688; Cons. Stato, sez. II, 8 ottobre 2020, n. 5981; id., sez. V, 20 agosto 2019, n. 5744; id., sez. VI, 30 novembre 2020, n. 7540). 

L’adempimento della concessione è quindi irriducibile agli aspetti di carattere meramente patrimoniale che fondano la giurisdizione ordinaria della materia. La corretta esecuzione del rapporto concessorio non è infatti indifferente rispetto alle ragioni di interesse pubblico che hanno a suo tempo indotto l’amministrazione ad affidare in uso speciale il bene pubblico, ma ne costituisce al contrario l’essenza sul piano causale. I rimedi spettanti all’autorità concedente per reagire all’inadempimento del privato concessionario non possono conseguentemente essere assimilabili a quelli spettanti alla parte di un contratto di diritto comune. Palese quanto ora rilevato quando l’amministrazione intenda porre termine al rapporto concessorio, nondimeno, anche laddove la stessa consideri opportuno proseguirlo, a fronte di inadempimenti del concessionario non ritenuti gravi, sono in ciò comunque ravvisabili i tipici caratteri della discrezionalità amministrativa orientata al pubblico interesse connesso alla gestione del bene affidato in concessione. 

Deve quindi ritenersi che nella concessione di beni pubblici, in cui gli interessi di carattere generale connessi all’uso del bene contraddistinguono il rapporto nel corso della sua durata, con il corollario processuale della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e l’eccezione delle controversie di carattere meramente patrimoniale relative ad indennità, canoni ed altri corrispettivi, ogni atto dell’amministrazione che non possa essere ricondotto a quest’ultimo ambito vada ascritto alla cognizione del giudice amministrativo. Ad esso sono dunque devolute le controversie in cui vi sia contestazione sull’esatto adempimento della concessione, come nel presente giudizio. 

Non è infine decisiva, in senso contrario, l’ordinanza delle Sezioni unite della Cassazione dell’8 luglio 2019, n. 18267, che riguarda una fattispecie di concessione di lavori pubblici, per cui non è prevista una regola di riparto analoga all’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. concernente le concessioni di beni pubblici, ed in relazione alla quale è ormai ius receptum presso la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato l’assimilazione dell’istituto in questione all’appalto di lavori pubblici, sulla scorta dell’armonizzazione normativa di matrice euro-unitaria (Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2013, n. 236). Del pari, la sentenza della III Sezione di questo Consiglio di Stato del 13 ottobre 2020, n. 6181, ha definito la questione di giurisdizione in una controversia inerente alla fase di esecuzione di una concessione di lavori pubblici. 

Diverso è il caso deciso dall’ordinanza della Cassazione, Sezioni unite, del 27 novembre 2019, n. 31029, che in effetti ha affermato essere devoluta al giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la sanzione amministrativa comminata da un’ASL nei confronti di una struttura privata accreditata all’esito di un’attività di controllo sulla congruità ed appropriatezza del servizio pubblico reso da quest’ultima. Sennonché, nel fondare la decisione sul rilievo che l’adempimento degli obblighi relativi al regime di accreditamento e le conseguente reazione dell’autorità concedente costituisce «vicenda estranea al controllo delle modalità di esercizio del potere amministrativo discrezionale», in cui viene in rilievo «il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio», la Suprema Corte non ha considerato che l’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., nel regolare il riparto tra giudice amministrativo e giudice ordinario in conformità a quanto previsto dalla precedente lettera b) per le concessioni di beni pubblici, precisa ulteriormente che rientrano nella giurisdizione esclusiva del primo le controversie relative, tra l’altro, «a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione nell’ambito del suo potere di «vigilanza e controllo nei confronti del gestore». La previsione – ritenuta in parte qua conforme a Costituzione con la sopra citata sentenza della Corte costituzionale del 6 luglio 2004, n. 204 (in relazione all’antecedente costituito dall’art. 33, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80) – è indice normativo della rilevanza pubblicistica di ogni questione relativa all’adempimento della concessione di servizi pubblici (e in contrario a quanto stabilito dalla Cassazione, proprio con riguardo ai controlli delle ASL sulle strutture sanitarie accreditate, si veda Cons. Stato, sez. III, 2 dicembre 2020, n. 7646; per una più approfondita ricostruzione delle caratteristiche del servizio pubblico e dei poteri dell’amministrazione concedente nel corso dell’esecuzione del rapporto si rinvia a Cons. Stato, Ad. plen., ord., 30 marzo 2000, n. 1). Identiche considerazioni valgono quindi per le concessioni di beni pubblici, oggetto della presente fattispecie controversa.  


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

GIURISDIZIONE (in genere, amministrativa)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri