Giudizio di ottemperanza di decisione cautelare in sede consultiva

Giudizio di ottemperanza di decisione cautelare in sede consultiva


Ricorso straordinario al Capo dello Stato – Ottemperanza – Decisione cautelare – Dinanzi alla Sezione consultiva – Esclusione. 

            Non è configurabile la competenza complementare del Consiglio di Stato in sede consultiva, atta a consentirgli di interloquire con le forme dell’ottemperanza con un’amministrazione inadempiente ad una decisione cautelare perché ciò implicherebbe, con un’interpretazione praeter legem, un’inedita potestas iudicandi che il legislatore non ha inteso attribuire alla Sezione consultiva 

 

(1) Ha ricordato il parere che l’art. 113 c.p.a. contiene una norma attributiva della competenza per l’ottemperanza, nell’apposita sedes materiae del Libro Quarto, Titolo I, norma che dettaglia, per ciascun provvedimento ottemperando, la relativa potestas iudicandi in capo ad un giudice ben individuato fra quelli appartenenti al plesso della giustizia amministrativa.   

Una lettura che volesse limitare la portata dell’art.113 c.p.a. ai soli provvedimenti giurisdizionali definitivi sarebbe, prima di tutto, contraria alla ratio del procedimento di ottemperanza, in secondo luogo, contraria alla lettera della disposizione, ed in ogni caso del tutto disfunzionale.  

In presenza di disposizioni che contengono prescrizioni precise e dettagliate in materia, non si comprende perché, per ricostruire la competenza per l’ottemperanza nella fattispecie in esame, ci si debba avvalere di norme che sarebbero generiche, imprecise sotto questo aspetto, e per di più contenute in Libri e Titoli del c.p.a. che non disciplinano ex professo quel giudizio.  

Se si conviene che, anche in caso di ottemperanza a provvedimenti cautelari, debba trovare applicazione l’art. 113 c.p.a., si dovrà prendere atto che tale disposizione prevede che il “giudizio di ottemperanza si propone, nel caso di cui all’art.112 comma 2, lettere a) e b) al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta” e che, per contro, nella procedura di cui al D.P.R. n.1199 del 1971 la Sezione Consultiva, anche in sede cautelare, si limita ad esprimere un parere, ancorchè vincolante, senza emettere direttamente il “provvedimento” decisorio, suscettibile di essere eseguito nei confronti di un’amministrazione riluttante, che è invece oggetto di un apposito decreto ministeriale.  

Questo dato letterale esclude che si possa profilare una competenza complementare del Consiglio di Stato in sede consultiva, atta a consentirgli di interloquire con le forme dell’ottemperanza con un’amministrazione inadempiente perché ciò implicherebbe, con un’interpretazione praeter legem, un’inedita potestas iudicandi che il legislatore non ha inteso attribuire alla Sezione consultiva.  

Quanto agli artt. 59 e 99 c.p.a., gli stessi si limitano a precisare, come è evidente dal rinvio contenuto nell’art.59 cit. al Titolo I del Libro IV, e dal rinvio al Libro II Titolo II dell’art.99 cit., come il potere che regolano altro non sia che quello specificato e delineato, in punto di competenza, dalle norme del codice in materia di ottemperanza. Detto altrimenti, non sembra possibile inferire da queste disposizioni, che hanno la, limitata, funzione di estendere i poteri dell’ottemperanza anche alla fase cautelare, l’attribuzione di competenza, altra ed aggiuntiva, in capo ad un organo che, si badi bene, come già detto, non emette la misura cautelare, ma si limita ad esprimere un parere in ordine alla sua concedibilità.  

Inoltre, il riconoscimento di una cognizione estesa al merito e di poteri di accertamento della nullità di atti in sede di ricorso straordinario risulterebbe in contrasto con la disciplina del ricorso straordinario che, a differenza di quanto previsto dall’art. 134 c.p.a. per il “giudice amministrativo”, non contempla “materie di giurisdizione estesa al merito”, né prevede, a differenza di quanto previsto dall’art. 114, comma 4, lett. b), c.p.a., l’esperibilità di azioni di accertamento, quali, ad esempio, quelle volte a dichiarare la “nullità di atti in violazione o elusione del giudicato”, o di condanna, essendo il rimedio ammesso solo per proporre azioni di annullamento, per motivi di legittimità, di atti amministrativi definitivi (art. 8, comma 1, d.P.R. n. 1199/1971).  

Aggiungasi che l’avversa interpretazione rischierebbe di porsi in contraddizione con la natura, ed in ultima analisi, con la funzione ricoperta dal ricorso straordinario. Si tratta di un rito tuttora ancorato – come osservato - ad una struttura, ed a un conseguente regime impugnatorio, che attesa la sua conformazione, è del tutto inidoneo alla gestione di una fase esecutiva con una cognizione estesa al merito. Basti pensare che, nella fase di cognizione, il Supremo organo della giustizia amministrativa interviene con specifico riferimento ad una fase, quella di orientamento della decisione amministrativa, che ha un punto di contatto solo mediato con la decisione finale dell’amministrazione che, unica, potrebbe consentire l’ottenimento del “bene della vita” al quale il ricorrente aspira. Raggiungimento del bene della vita che rappresenta invece l’obiettivo esclusivo del rito dell’ottemperanza. La significativa intermediazione, che caratterizza la presente procedura, esistente tra organo consultivo ed amministrazione, rischierebbe di rendere rarefatto ed artificioso lo stesso procedimento di ottemperanza, anche perché, a volere rispettare lo schema di fondo del rito ex d.p.r. 1199 cit., anche l’ottemperanza sarebbe un giudizio in cui il Consiglio di Stato si dovrebbe limitare a proporre pareri senza poter direttamente decidere in luogo della P.A. E ciò comporterebbe inevitabili inefficienze ed ulteriori ritardi, in palese contrasto con la ratio del rimedio. 

Quanto all’ulteriore argomento su cui si fonda l’orientamento da cui si dissente, cioè il rischio di disaccordo tra quanto ritenuto dalla Sezione consultiva in sede cautelare rispetto a diverse valutazioni della Sezione giurisdizionale in sede di ottemperanza, non rappresenta un dubbio fondato, a parere del Collegio. Quella segnalata è invero un’evenienza del tutto fisiologica che, per quanto riguarda l’ottemperanza alle sentenze definitive del giudice civile, è persino stata contemplata dal legislatore al comma 2 dell’art.113, quando ha attribuito la competenza per l’ottemperanza al Tribunale Amministrativo Regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che emesso l’ottemperanza.  

Fermi gli esposti dirimenti rilievi in punto di competenza, va, comunque, incidentalmente osservato in termini generali che il puntuale adempimento della misura cautelare disposta, a seguito del parere del Consiglio di Stato, “con atto motivato del ministero competente”, ai sensi dell’art. 3, comma 4, l. n. 205 del 2000, costituisce l’oggetto di un preciso obbligo giuridico a carico dell’Amministrazione, cosicché la mancata esecuzione di tale misura, ove ricorrano gli altri elementi della fattispecie, può costituire un illecito e fondare un’azione risarcitoria (anch’essa, tuttavia, non proponibile in sede di ricorso straordinario per le ragioni già esposte). 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

RICORSI amministrativi, RICORSO straordinario al Presidente della Repubblica

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri