Fallimento della società che ha affittato il ramo di azienda

Fallimento della società che ha affittato il ramo di azienda


Contratti della Pubblica amministrazione – Soccorso istruttorio – Clausole a pena di esclusione – Applicabilità.

 

Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Fallimento società affittante ramo di azienda – Conseguenza.

 

Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Fallimento società affittante ramo di azienda – Recesso condizionato – Conseguenza.

 

La previsione del bando di gara che sanzioni un obbligo dichiarativo con l’esclusione, non può valere a escludere la disciplina del soccorso istruttorio che, sancito dall’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, costituisce attuazione dei principi di concorrenza, del favor partecipationis e di proporzionalità (1).

Qualora l’impresa partecipante a una gara d’appalto affitti un ramo di un’altra azienda onde raggiungere il requisito del fatturato minimo, il fallimento della società affittante non rileva quale causa di esclusione dell’affittuaria; l’art. 105, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, infatti, prevede che tale conseguenza operi solo nei rapporti tra subappaltatore e appaltatore e non è possibile adottare un’interpretazione che estenda l’operatività dell’esclusione a ipotesi non espressamente previste in quanto la cause di esclusione sono soggette al principio di tassatività (art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016,) e di stretta interpretazione (2).

Il negozio unilaterale di recesso dal contratto di affitto di azienda effettuato dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 79, r.d. n. 16 marzo 1942, n. 267 (l. fall.), qualora operato in modo tale da garantire all’affittuaria che stia partecipando a una gara d’appalto tanto la costante disponibilità del compendio aziendale quanto la possibilità di presentare un’offerta di acquisto del ramo di azienda nell’ambito della procedura fallimentare, deve ritenersi condizionato sospensivamente alla mancata formulazione dell’offerta di acquisto da parte dell’affittuaria e, poi, al mancato perfezionamento dell’acquisto medesimo; conseguentemente, l’esercizio del diritto di recesso, in tal modo condizionato, non determina il venir meno del requisito di partecipazione in capo all’impresa che, al fine di ottenere il requisito medesimo, si sia giovata dell’affitto del ramo di un’azienda poi fallita, che abbia conservato la piena disponibilità del ramo di azienda senza soluzione di continuità e che sia in procinto di acquistarlo nell’ambito della procedura fallimentare (3).

 

(1) Ha chiarito la Sezione che ragionare diversamente equivale a rendere facoltativa, per le stazioni appaltanti, l’applicazione del soccorso istruttorio che potrebbe essere evitata semplicemente munendo gli obblighi dichiarativi della sanzione dell’esclusione nell’ambito della documentazione di gara, il che costituisce un esito non accettabile sul piano interpretativo; l’obbligo del soccorso istruttorio, infatti, deriva direttamente dalla legge e costituisce attuazione dei principi di concorrenza, del favor partecipationis e di proporzionalità.

La disciplina è, ormai, orientata nel senso che, qualora siano posseduti i requisiti sostanziali per partecipare alla gara e sempre che le mancanze non riguardino l’offerta, le omissioni dichiarative, anche essenziali, possano essere sanate.

 

(2) Ad avviso del Tar la disciplina è, anzi, orientata nel senso di salvaguardare la possibilità di impiego del compendio aziendale anche nel settore delle gare pubbliche mediante istituti quali l’autorizzazione al curatore per l’esercizio dell’impresa (onde proseguire l’esecuzione della prestazione, art. 110, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016) e la possibilità di partecipazione dell’impresa che sia ammessa al concordato preventivo (artt. 110, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016; 161 e 186 bis, r.d. n. 16 marzo 1942, n. 267, l.fall.).

 

(3) Giova rammentare che il recesso è un atto negoziale unilaterale che non sfugge alle regole di interpretazione del contratto, pur nei limiti della compatibilità (artt. 1324 e 1362 e ss. c.c.); ebbene, l’indagine sulla effettiva volontà del recedente (art. 1362 c.c.), l’interpretazione complessiva delle espressioni utilizzate nella nota con cui si è esercitato il recesso (art. 1363 c.c.) nonché lo stesso principio di interpretazione secondo buona fede (art. 1366 c.c.) inducono, appunto, a concludere che il recesso non fosse immediatamente operativo, ma, piuttosto, condizionato all’eventuale formulazione e, poi, al perfezionamento dell’acquisto dell’azienda.

Nello stesso senso, è l’indagine della causa del negozio (unilaterale) di recesso; essa va intesa quale “causa concreta” e, quindi, non tipica e immutabile, ma da collegarsi alla concreta finalità posta in essere dal recedente che, nel caso di specie, è senz’altro quella di consentire e, anzi, di favorire il consolidamento della detenzione del compendio aziendale e la sua trasformazione in possesso (cd. traditio brevi manu). Anche da questo punto di vista, quindi, il recesso è da intendersi condizionato sospensivamente al perfezionamento della vendita del compendio aziendale all’affittuaria.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, REQUISITI di partecipazione

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, SOCCORSO istruttorio

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri