Esenzione dal contributo di costruzione per la sede di un’associazione sindacale

Esenzione dal contributo di costruzione per la sede di un’associazione sindacale


Edilizia – Oneri di costruzione – Obbligo – Esenzione ex art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 – Presupposto - Individuazione.

 

Sindacato - Rappresentatività - Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative – Natura – Individuazione.

 

Edilizia – Oneri di costruzione – Obbligo – Esenzione ex art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 – sede di  associazione sindacale – Esclusione.

 

           L’art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, in forza del quale il contributo di costruzione non è dovuto «per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti», è una disposizione di stretta interpretazione, poiché introduce un’ipotesi derogatoria alla previsione generale di cui all’art. 16, comma 1, del medesimo d.P.R., che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio (1).

 

          Le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sono associazioni private non riconosciute come persone giuridiche, che rappresentano e tutelano gli interessi delle categorie di lavoratori ad esse iscritti, senza tuttavia acquisire uno status e una qualifica pubblicistici, che presupporrebbero, quanto meno, l’attuazione, mai avvenuta, dell’art. 39, commi 2, 3 e 4, Cost. (2).

 

           La sede di un’associazione sindacale non può essere qualificata come un’opera pubblica o d’interesse generale, ai fini dell’applicazione dell’esonero dal contributo di costruzione ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c), primo alinea, d.P.R. n. 380 del 2001, ma soltanto come un bene strumentale, mediante il quale l’associazione persegue i propri compiti statutari (3).

 

(1) Ha chiarito la Sezione che una disposizione di stretta interpretazione, poiché introduce un’ipotesi derogatoria alla previsione generale di cui all’art. 16, comma 1, del medesimo, che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.

Ciò posto, va evidenziato che il requisito soggettivo consiste nell’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, ovverosia “da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia demandata in via istituzionale” (Cons. St., sez. V, 12 luglio 2005, n. 3774), cosicché, per conseguire il beneficio di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, l’opera deve essere necessariamente realizzata “da un ente pubblico, non competendo la stessa ad opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività dagli stessi esercitata nella o con l’opera edilizia alla quale la concessione si riferisce” (Cons. St., sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7140).

(2) Ad avviso della Sezione si applica l’orientamento secondo cui “ai fini dell’esenzione dal contributo di costruzione ex art. 9, lett. f), l. 28 gennaio 1977, n. 10, occorre che l’opera da costruire sia pubblica o d’interesse pubblico e venga realizzata o da un ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente pubblico, come nel caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie. Pertanto, rettamente tale beneficio non viene concesso al risanamento conservativo di un edificio di proprietà privata condotto dall’associazione provinciale degli industriali, perché in detto intervento, pur reputato di pubblico interesse a causa dell’attività sindacale svolta da quella associazione, non si ravvisano i criteri oggettivo (opera pubblica, od opera destinata a soddisfare bisogni della collettività) e soggettivo (opera realizzata da una p.a. o da un concessionario, o, più in generale, da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate), su cui si fonda l’esenzione in argomento” (Cons. St., sez. V, 7 settembre 1995, n. 1280).

(3) Ad avviso della Sezione se è pur vero che all’interno di tale edificio possono svolgersi attività perseguenti scopi di utilità collettiva, è altrettanto vero che dette attività vengono compiute in virtù della destinazione concretamente impressa sull’edificio, o su una parte di esso, dal suo proprietario, e non per le caratteristiche intrinseche dell’opera, che non è geneticamente e strutturalmente destinata direttamente alla fruizione collettiva.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

EDILIZIA e urbanistica, CONTRIBUTO di costruzione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri