Esclusione dalla gara per la fornitura di mascherine per risalente risoluzione del contratto di fornitura per ritardo nell’adempimento – Inapplicabilità limite triennale per risoluzione sub judice – Dichiarazioni false o reticenti

Esclusione dalla gara per la fornitura di mascherine per risalente risoluzione del contratto di fornitura per ritardo nell’adempimento – Inapplicabilità limite triennale per risoluzione sub judice – Dichiarazioni false o reticenti


Covid-19 - Contratti della Pubblica amministrazione – Appalto fornitura - Dispositivi di protezione individuale – Per risalente risoluzione contratto per ritardo nella fornitura – Legittimità.

 

Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Per pregressa risoluzione – Limite triennale ex art. 1, comma 20, lett. o), n. 5), d.l. n. 32 del 2019 – Risoluzione sub judice – Inapplicabilità. 

 

Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara - Dichiarazione falsa o reticente – Differenza. 

 

    E’ legittima l’esclusione da una gara, bandita nel periodo emergenziale Covid-19 per la fornitura di dispositivi di protezione individuale, di un operatore economico che ha subito una risoluzione del contatto, sebbene risalente nel tempo, proprio per mancato rispetto dei termini di consegna contrattualmente stabiliti, atteso che ciò che caratterizza la fornitura in oggetto sono i tempi brevissimi per effettuare l’approvvigionamento (1).

    In sede di gara pubblica, l’art. 1, comma 20, lett. o), n. 5), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, che ha sostituito il comma 10 dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 con gli attuali commi 10 e 10-bis, va interpretato nel senso che il limite temporale triennale decorrente dalla data della risoluzione non opera nel caso in cui il provvedimento sia contestato in giudizio (2).

        In sede di gara pubblica la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva, laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano; l’omissione e la reticenza dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili - a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità - di legittimare l’automatica esclusione dalla gara, dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente (3). 



(1) Ha chiarito la Sezione che il solo dubbio che la fornitura delle mascherine potesse arrivare in ritardo giustifica la decisione della stazione appaltante che si era posta come obiettivo l’acquisizione, in tempi strettissimi, dei dispositivi. Correttamente, pertanto, la gravità dell’addebito è stato connesso alla peculiarità della gara bandita e di tale circostanza è stato dato atto con motivazione succinta ma sufficiente ad esternare le ragioni dell’esclusione.
Tale rilievo rende priva di pregio la circostanza che la società appellante, successivamente alla risoluzione in questione, avesse stipulato contratti di fornitura con altra Amministrazione, atteso che è proprio la particolarità sottesa alla gara a giustificare il massimo rigore nella scelta dell’affidatario, che deve garantire la puntualità nella consegna dei prodotti oggetto dell’appalto.
Vale peraltro aggiungere, richiamando giurisprudenza consolidata intervenuta sul punto (Cons. St., sez. V, 12 aprile 2021, n. 2922; id. 21 luglio 2020, n. 4668), che l’obbligo, in capo alla stazione appaltante, di motivare l’esclusione di un concorrente dalla gara pubblica è formalmente rispettato se l'atto reca l'esternazione del percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione adottata e se il destinatario è in grado di comprendere le ragioni di quest'ultimo e, conseguentemente, di accedere utilmente alla tutela giurisdizionale; non è invece richiesto che la motivazione del provvedimento di esclusione sia articolata in punti separati, ciascuno dei quali dedicato ad uno specifico aspetto di rilievo della pregressa vicenda, e così alla sua “gravità”, al “tempo trascorso dalla violazione” e, infine, alla “inaffidabilità” dell’operatore, purchè emerga che ciascuno di tali profili sia stato considerato dalla stazione appaltante.
Aggiungasi che la valutazione di inaffidabilità dell’operatore economico in ragione di precedenti inadempimenti dai quali siano conseguiti provvedimenti di risoluzione è espressione di apprezzamento discrezionale della stazione appaltante che può essere censurata per i consueti vizi di irragionevolezza, illogicità manifesta, arbitrarietà e travisamento dei fatti (Cons. St., sez. V, 12 aprile 2021, n. 2922; id., sez. III, 7 dicembre 2020, n. 7730). 

 

(2) La Sezione ha ritenuto non condivisibile l’assunto secondo cui il dies a quo dei tre anni decorre dalla data della risoluzione.
​​​​​​​Ha premesso che il comma 10 bis dell'art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016, inserito dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito in l. 14 giugno 2019, n. 55 (c.d. sblocca cantieri), è stato introdotto per dare risposta all'esigenza di delimitare il periodo nel quale una pregressa vicenda professionale negativa possa comportare l'esclusione di un operatore economico dalle procedure di gara, nella consapevolezza che, con il passare del tempo, le pregresse vicende professionali perdono il loro disvalore ai fini dell'apprezzamento dell'affidabilità del concorrente e possono ritenersi superate dalla regolare continuazione dell'attività di impresa (Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2020, n. 6635). Simmetricamente a quanto previsto dal primo periodo del comma 10 bis dell'art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 in relazione alle sentenze penali di condanna (per i casi di cui alle lettere b) e c) del comma 10 dell'art. 80), qualsiasi altra situazione/provvedimento o vicenda - in definitiva qualsiasi "fatto" - che possa dar luogo ad un provvedimento di esclusione ai sensi del comma 5 dell'art. 80 conserva tale valenza per una durata non superiore al triennio. Un provvedimento di risoluzione per inadempimento di un precedente contratto d'appalto può fondare una valutazione di inaffidabilità e non integrità dell'operatore per un periodo che non superi il triennio. In definitiva, allora, laddove il legislatore utilizza l'espressione "durata dell'esclusione" e fa riferimento ai "casi di cui al comma 5", è come se dicesse "la durata del periodo in cui è possibile disporre l'esclusione in base al medesimo fatto rilevante ai sensi del comma 5", corrisponde al triennio.
Ciò premesso, il giudice di appello si è soffermato sull’individuazione del dies a quo per il computo del triennio, che il legislatore ha fissato alternativamente nella “data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione” ovvero, se contestato in giudizio, “dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”.
Per esse si impone un’interpretazione adeguatrice con la lettura in precedenza data dell’ambito applicativo della norma: i riferimenti normativi debbono essere intesi, pertanto, al “fatto” che può dar luogo al provvedimento amministrativo di esclusione, con la conseguenza di fissare il dies a quo nella data in cui lo stesso sia accertato giudizialmente, con il passaggio in giudicato della relativa pronuncia, nel caso in cui il fatto (nella specie, la risoluzione) sia stato impugnato.
Così, riprendendo il caso del provvedimento di risoluzione, il triennio decorrerà dal momento dell’adozione del provvedimento di risoluzione, ovvero, se contestato in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che ha definito la causa.
Ha ritenuto la Sezione che la portata della norma non sembra lasciare spazio a diversa interpretazione, non solo facendo riferimento alla data di passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso il contenzioso sulla impugnazione del provvedimento (nella specie, la risoluzione contrattuale) ma anche stabilendo che nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l'operatore economico che l'abbia commesso. 

 

(3) La Sezione ha ricordato che la distinzione tra due vicende che il Codice ha cura di tenere distinte: a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico; b) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui di regola consegue, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso).
La distinzione va precisata con l’osservazione che l’ordito normativo fa variamente riferimento: a) alla falsità di “informazioni” fornite (lettera c-bis), di “dichiarazioni” rese e di “documentazione” presentata (lettere f-bis, f- ter e g del comma 5, nonché il comma 12 dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016), talora, peraltro, dando rilevanza alla mera (ed obiettiva) “non veridicità”, talaltra ai profili di concreta “rilevanza o gravità” ovvero ai profili soggettivi di imputabilità (evocati dal riferimento alla negligenza, alla colpa, anche grave, o addirittura al dolo); b) alla attitudine “fuorviante” delle informazioni (intesa quale suscettibilità di influenzare il processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione); c) alla mera “omissione” (di informazioni dovute).
Inoltre, si distingue, con esclusivo riguardo alle falsità dichiarative e documentali, secondo che le stesse rimontino a condotte (attive od omissive), a loro volta poste in essere (cfr. comma 6 del citato art. 80), prima ovvero nel corso della procedura. 

In altri termini, è un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali).
E se si considera che la reticenza corrisponde, in definitiva, alla c.d. mezza verità (la cui attitudine decettiva opera, quindi, in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale), le informazioni fuorvianti sono quelle che manifestano attitudine decettiva in positivo, per il contenuto manipolatorio di dati reali: una sorta di mezza falsità).
La distinzione è, già sul ridetto piano normativo, legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’Anac gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione).
Con il che la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano. 

Risulta evidente che in siffatta prospettiva ermeneutica l’omissione e la reticenza dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili - a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità - di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
​​​​​​​Alla luce delle considerazioni che precedono, deve allora evidenziarsi, in coerenza alle puntualizzazioni offerte dall’Adunanza plenaria n. 16 del 2020) che la reticenza dichiarativa – seppure non legittimi di per sé l’attivazione di un automatismo espulsivo – può e deve essere apprezzata dalla stazione appaltante in quanto si riveli idonea ad occultare “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” in ordine alle valutazioni “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (art. 80, comma 5, lettera c-bis), d.lgs. n. 50 del 2016), risultando sintomaticamente, nella sua attitudine decettiva ed in relazione alla posizione dell’operatore economico, idonea a “rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (comma 5, lettera c); b) che l’ipotesi va, perciò, tenuta distinta dalla più grave falsità dichiarativa o documentale di cui alla lettera f-bis, correlata alla obiettiva (e perciò verificabile e sindacabile) non veridicità dei fatti allegati a supporto della domanda di partecipazione: che, in quanto espressiva di inaffidabilità in re ipsa, costituisce ragione di automatica esclusione, sottratta al concreto e motivato vaglio di rilevanza; c) che, sotto distinto profilo, entrambe le ipotesi – in ogni caso riferite ad illeciti dichiarativi endoprocedimentali, vale a dire maturati “nella procedura di gara in corso” (art. 80, comma 5, lettera f-bis, d.lgs. n. 50 del 2016) – vanno tenute separate dall’ulteriore fattispecie escludente di cui all’art. 80, comma 12 (in correlazione alle lettere f-ter e g del comma 5), che si riferisce alla eventualità – operante pro futuro ed in relazione a procedure diverse e successive a quelle in cui sia maturato l’illecito – che l’Anac, su segnalazione delle stazioni appaltanti, abbia accertato l’imputabilità soggettiva (in termini di “dolo o colpa grave”) e la concorrente gravità obiettiva dei fatti oggetto “di falsa dichiarazione o falsa documentazione”, procedendo alla “iscrizione nel casellario informatico”, di per sé obiettivamente ed automaticamente preclusiva, sia pure ad tempus e cioè “fino a due anni”, di ulteriori partecipazioni (Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2021, n. 2838)


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

SANITÀ pubblica e sanitari, COVID, Contratti della Pubblica amministrazione

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, REQUISITI di partecipazione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri