Esclusione dal "ramo core" della partecipazione di Condotte legate al Mose - Commissariamento ex art. 32, comma 1, lett. b), d.l. n. 90 del 2020 e contratto stipulato da un consorzio

Esclusione dal "ramo core" della partecipazione di Condotte legate al Mose - Commissariamento ex art. 32, comma 1, lett. b), d.l. n. 90 del 2020 e contratto stipulato da un consorzio


Contratti della Pubblica amministrazione – Esecuzione – Commissariamento ex art. 32, comma 1, lett. b), d.l. n. 90 del 2020 - Contratto stipulato da un consorzio – estensione del vincolo a tutte le consorziate – Esclusione. 
 

Contratti della Pubblica amministrazione – Esecuzione – Cessione dei complessi aziendali di Condotte s.p.a. - Partecipazioni legate al Mose - Esclusione dal ramo core - Legittimità.

 

       In caso di commissariamento ex art. 32, comma 1, lett. b), d.l. n. 90 del 2020 del contratto pubblico stipulato da un consorzio, il vincolo si estende automaticamente a tutte le sue consorziate, il che impedirebbe loro di sciogliersi  (1).

      E’ legittimo il decreto del Ministero dello sviluppo economico che, nell’autorizzare il programma di cessione dei complessi aziendali di Condotte s.p.a., sottoposta ad amministrazione straordinaria e tenuta quindi a ricercare per definizione prospettive di recupero dell’equilibrio economico nelle forme e nei modi di cui all’art. 27,  d.lgs. 270 del 1999, ha effettuato una reale ed effettiva ponderazione in ordine alla funzione e alla rilevanza strategica delle attività relative al Mose ed ha recepito la valutazione die commissari di considerare le partecipazioni legate al Mose come non remunerative e non meritevoli di essere incluse nel “ramo core” (2). 


 

(1) Ha chiarito la Sezione che della misura commissariale di cui all’art. 32, comma 1, lett. b), d.l. n. 90 del 2020 è ragionevole e prudente dare un’interpretazione il più aderente possibile alla lettera della legge (che riferisce la misura “limitatamente alla completa esecuzione del contratto”), ribadendo come si tratti di una speciale forma di commissariamento riguardante soltanto il contratto pubblico, di cui si vuole garantire l’integrale esecuzione al riparo da ogni condizionamento ed evitare che nel frattempo utilità illecite siano percepite dal reo o da chi si reputa tale, e non anche la governance dell’impresa, in ciò distinguendosi dalle misure di prevenzione patrimoniale disposte ai sensi del d.lgs. 159/2011 (v. Cons. St., sez. III, n. 5564 del 2017, Cons. giust. amm. n. 180 del 2016, Tar Lazio, n. 243 del 2017).
In questa prospettiva, la tesi secondo cui in caso di commissariamento del contratto pubblico stipulato da un consorzio il vincolo si estenderebbe automaticamente a tutte le sue consorziate, il che impedirebbe loro di sciogliersi, è priva di una base normativa sicura.
Né vale il richiamo ai precedenti del Consiglio di Stato citati nel ricorso di primo grado e nell’appello (le sentenze da 5563 a 5669 del 2017), che avevano ad oggetto la differente questione dell’accantonamento degli utili delle consorziate, e dove comunque si è ribadito pur sempre come “la pretesa di assoggettare alla misura di cui all’art. 32 cit. le imprese consorziate (…) appare di incerta applicabilità. Invero, le singole imprese consorziate non hanno con la pubblica amministrazione alcun rapporto, non rientrando in alcuna delle categorie indicate dalla norma per procedere al commissariamento in questione”; e in un altro passaggio della motivazione rimarcato inoltre che (il) “provvedimento prefettizio colpisce soltanto in via di fatto e indirettamente le imprese in questione (ossia le imprese consorziate), la cui posizione soggettiva va tutelata, semmai, dinanzi al giudice ordinario per tutte le questioni interne relative al rapporto tra le consorziate che hanno eseguito i lavori e il CVN” (Cons. St., sez. III, n. 5563 del 2017).
L’autonomia e la distinzione, sul piano della soggettività giuridica, tra il CVN, in quanto consorzio con attività esterna ai sensi degli artt. 2612 e 2614 c.c., e le imprese consorziate che lo compongono, sono sottolineate anche dall’Anac nella delibera 10 maggio 2017, n. 497; come anche il dato per cui il consorzio rimane il solo interlocutore dell’amministrazione appaltante.  

 

(2) Ha ricordato la Sezione che il decreto ministeriale in questione sia un tipico atto autorizzatorio (che avendo ad oggetto a sua volta un atto sottostante – il programma predisposto dai commissari straordinari - può ricondursi alla tipologia delle approvazioni) in funzione di controllo, secondo parametri compositi di giudizio, ricomprendenti anche (se non soprattutto) l’opportunità e la discrezionalità di natura tecnica che però per quanto rileva in sede giurisdizionale possono essere censurate solo in caso di macroscopici vizi di legittimità ed irragionevolezza qui non sussistenti avendo l’organo commissariale ben evidenziato le ragioni della scelta legate alle prospettive di redditività del contratto e delle attività di esecuzione ( parametro alla luce del quale opera l’organo ministeriale ).
Né ci deve formare all’aspetto della sinteticità della motivazione dell’atto approvativo che per sua natura può essere motivato per relationem o succintamente.
L’art. 57, al comma 2, d.lgs. 270 del 1999 prevede peraltro che all’approvazione in forma espressa possa sostituirsi quella in forma tacita, ove il Ministero dello sviluppo economico non si pronunci entro 90 giorni dalla presentazione del programma. Un effetto legalmente tipico che, se di sicuro non dispensa il Ministero dal condurre un’istruttoria attenta sul programma, chiaramente “sacrifica” invece la motivazione a fronte della certezza del rispetto dei tempi.
Nella specie, non può dirsi irragionevole che le partecipazioni legate al Mose siano state valutate dai commissari come non remunerative e non meritevoli di essere incluse nel “ramo core”.
Di questa valutazione, e della conseguente opzione, il Ministero, dotato di ampia discrezionalità sulla complessiva valutazione delle scelte di piano censurabili per irragionevolezza manifesta, esaminate le ragioni e considerato il parere del Comitato di sorveglianza, non poteva dirsi tenuto e ripercorrere analiticamente i singoli passaggi, sovrapponendo la propria all’altrui motivazione trattandosi di valutazioni di rischiosità opinabili ma ben motivate con riferimento alle circostanze prima richiamate. 
​​​​​​​Più coerente con la veduta natura del decreto adottato deve ritenersi, infatti, il ricorso ad una motivazione essenzialmente per relationem, senza che dalla sintesi formale con cui è stata redatta possa ricavarsi per ciò solo il segno di un’istruttoria incompleta o perfino apparente. Laddove gli elementi sopra richiamati dimostrano piuttosto il contrario. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, ESECUZIONE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri