Elezioni del Consiglio provinciale di Trento

Elezioni del Consiglio provinciale di Trento


Processo amministrativo – Ricorsi  elettorali – Provincia di Trento - Consiglio provinciale – Atto di proclamazione – Impugnazione – Notifica alla Regione Trentino-Alto Adige – Esclusione.

Elezioni – Voto - Voto di preferenza - Indicazione dicognome corrisponda ad un candidato di lista non votata ma con nome diverso - Conseguenza.

      Il ricorso proposto avverso l’atto di proclamazione degli eletti del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia autonoma di Trento non deve essere notificato anche alla Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol non rappresentando la stessa, con riferimento alle elezioni per il rinnovo dei Consigli provinciali e dei Presidenti delle Province autonome, ed insieme a queste ultime, un Ente “della cui elezione si tratta” ex art. 130, comma 3, lett. a) c.p.a., a mente del quale “il ricorso è notificato….all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni” (1).

      Il principio secondo cui l’indicazione della preferenza a favore di una persona il cui cognome corrisponda ad un candidato di lista diversa da quella votata, ma di cui sia errata l’indicazione del nome di battesimo, può trovare non implausibile spiegazione – alternativa a quella che riconduce la suddetta modalità compilativa ad una univoca volontà di riconoscimento – da un lato, nell’errore dell’elettore imperitus, ignaro cioè della norma che non consente di attribuire il voto di preferenza a favore di candidato non presente nella lista votata, dall’altro lato, nel ricordo fallace del nome di battesimo di quel medesimo candidato (2).

 

(1) Ha chiarito la Sezione che l’attuale assetto ordinamentale speciale della Regione Trentino-Alto-Adige configura il procedimento elettorale come rivolto alla costituzione dei (soli) Consigli provinciali, laddove il concorso dei consiglieri provinciali eletti alla composizione del Consiglio regionale rappresenta l’effetto solo indiretto del procedimento elettorale, discendendo da una norma (l’art. 25, comma 1, dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto-Adige, a mente del quale “il Consiglio regionale è composto dai membri dei Consigli provinciali di Trento e Bolzano”) non intesa a disciplinare il procedimento elettorale ed i suoi effetti, ma a ricollegare al già conseguitomunus di consigliere provinciale quello (ulteriore e distinto) di consigliere regionale.

In altri termini, la distinzione – anche solo formale e procedimentale – tra attribuzione della carica di consigliere provinciale, conseguente al procedimento elettorale, ed investitura della carica di consigliere regionale, la quale presuppone la conclusione del procedimento elettorale e la consacrazione, attraverso la proclamazione degli eletti al Consiglio provinciale, dei relativi effetti, non consente di affermare, se non rinunciando ad un congruo livello di approssimazione nella ricostruzione e qualificazione della fattispecie, indispensabile in tema di definizione degli oneri processuali sanzionati da inammissibilità, che la Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol rappresenta, con riferimento alle elezioni per il rinnovo dei Consigli provinciali e dei Presidenti delle Province autonome, ed insieme a queste ultime, un Ente “della cui elezione si tratta”.

 

(2) Ha affermato la Sezione che deve attribuirsi una finalità riconoscitiva, ergo il pericolo di infrangimento del velo di anonimato che deve circondare l’espressione del voto ed il suo successivo “trattamento” nell’ambito del procedimento elettorale, a quelle forme o modalità di esternazione della volontà elettorale che non siano spiegabili con la mera scarsa dimestichezza dell’elettore (compresa la figura dell’elettore dotato di non particolare cultura e/o di età non giovanissima) con le norme elettorali ovvero che non costituiscano il frutto di una propria “personale”, quanto non del tutto inverosimile, interpretazione delle regole elettorali.

Ha aggiunto che è quantomeno insolito che un elettore indichi una preferenza a favore di un soggetto, puntualmente designato mediante nome e cognome, non presente tra i candidati (di alcuna lista), ma realmente esistente nella comunità degli aventi diritto al voto: un elettore che peraltro, avendo espresso (anche) una preferenza in modo rituale, ovvero indicando un candidato effettivamente presente nella lista contestualmente votata, dimostri di non essere ignaro della effettiva composizione delle liste (ovvero, quantomeno, del modo in cui sincerarsi di quella composizione).

Ne consegue che, anche a prescindere dall’ipotesi estrema che il voto provenga dalla stessa persona di cui è indicato il nominativo, la suddetta manifestazione di voto, ponendosi al di là di un plausibile, sebbene irrituale, modo di esercizio del diritto di elettorato attivo e non potendo trovare spiegazione nelle peculiari condizioni psico-fisiche dell’ipotetico elettore, non può che trovare spiegazione nella sua volontà di conferire alla scheda un chiaro segno di personalizzazione e quindi, almeno potenzialmente, di riconoscimento.

La norma che sanziona con la nullità il voto caratterizzato da segni di riconoscimento ha natura di norma di pericolo, essendo finalizzata a prevenire gli attentati alla libera manifestazione del voto: la sua applicazione, quindi, prescinde dalla riscontrabilità in concreto di una volontà di riconoscimento (peraltro di difficile accertamento, inerendo alla valutazione di stati di carattere psicologico in capo, peraltro, ad un elettore ignoto, se non al soggetto cui quei “segni” di riconoscimento eventualmente si rivolgono), laddove sussistano seri e concreti elementi dimostrativi della direzione univoca delle peculiari modalità compilative della scheda verso una finalità identificativa.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, RITO speciale (elettorale)

ELEZIONI

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri