Diritto di rappresentanza dei ricercatori negli organi di governo degli Enti di ricerca

Diritto di rappresentanza dei ricercatori negli organi di governo degli Enti di ricerca


Enti di ricerca – Organi - Organi di governance – Composizione – Mancata riserva a ricercatori e tecnologi – Illegittimità.

E’ illegittima la previsione statutaria sulla composizione del Consiglio d’amministrazione e del Consiglio scientifico di un ente di ricerca che non prevede la riserva dell’elettorato passivo negli organi di governance dell’Ente al personale (ricercatori e tecnologi) interno dello stesso (1).

 

(1) Ha chiaritoi il Tar che l’art. 2, co. 1, lett. n), d.lgs. n. 218 del 2016 intende assicurare la “rappresentanza elettiva di ricercatori e tecnologi negli organi scientifici e di governo degli Enti”, ponendosi quale recepimento della Raccomandazione della Commissione Europea n. 2005/251/CE, ove è stato affermato che è “del tutto legittimo, nonché auspicabile, che i ricercatori siano rappresentati negli organi consultivi, decisionali e d’informazione delle istituzioni per cui lavorano, in modo da proteggere e promuovere i loro interessi individuali e collettivi in quanto professionisti e da contribuire attivamente al funzionamento dell’istituzione”.

La stessa legge di delega (art. 13, l. n. 124 del 2015) individua quale criterio direttivo essenziale quello di “garantire il recepimento della Carta europea dei ricercatori e del documento European Framework for Research Careers, con particolare riguardo alla libertà di ricerca e all’autonomia professionale” (comma 1, lett. a). La delega, in tal senso non solo evoca una nuova disciplina che contenga tutti i principi inattuati tra cui l’autonomia degli Enti pubblici di Ricerca ( secondo quanto rilevato dal Consiglio di Stato nel parere n. 2210/2016 relativo al numero di affare 1645/2016, all’interno del quale è precisato: “Ogni ente di ricerca trova quindi la propria disciplina nella rispettiva legge istitutiva, con tutto ciò che ne deriva in punto di mancanza di organicità e disomogeneità nella regolamentazione di questa tipologia di enti pubblici) , ma ha inteso altresì procedere ad un’opera di valorizzazione degli enti pubblici di ricerca, in ragione degli effetti positivi sull’economia del Paese che un siffatto intervento è certamente destinato a produrre . Primo tra tali obiettivi della riforma il recepimento della Carta Europea dei ricercatori e del documento European Framework for Research Careers, con particolare riguardo alla libertà di ricerca, all’autonomia professionale e alla portabilità e titolarità dei progetti «valorizzando la specificità del modello contrattuale del sistema degli enti di ricerca»”.

Corollario imprescindibile di tale riconoscimento è la necessità di dotare gli Enti di Ricerca di organi di governo che possano attuare questa valorizzazione, in ragione della diretta e specifica esperienza acquisita dei loro membri e che siano portavoce della pluralità di lavoratori (ricercatori e tecnologi) assunti nelle singole strutture. Tale finalità può essere perseguita agendo sulla composizione degli organi di governo degli enti, in modo che i ruoli interni ai Consigli di amministrazione e scientifico siamo ricoperti da soggetti che abbiamo una conoscenza diretta delle problematiche sottese alle attività svolte e che possano apportare un aiuto ai lavoratori della Stazione concreto e direttamente connesso a situazioni fattuali quotidiane.

Ha aggiunto il Tar che rispetto alle disposizioni del d.lgs. n. 218 del 2016, il principio da applicare per la tenuta del sistema europeo integrato, è quello dell’interpretazione conforme: essa nasce con il celeberrimo caso Von Kolson e Kamann in tema di direttive non dotate di efficacia diretta (per ricavare la loro portata incisiva pur in assenza di efficacia diretta, la quale è caratteristica del diritto primario) e si applica anche con riferimento a fonti non vincolanti. Si impone dunque di interpretare il diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo del diritto unionale. Di tale obbligo (interpretazione conforme) sono gravati i giudici nazionali, i quali sono tenuti a prendere in considerazione le raccomandazioni quando queste possano fornire utili strumenti per l’interpretazione di norme interne adottate per dare attuazione a norma europee, quindi vi è un obbligo di tenere in considerazione le prescrizioni della raccomandazione stessa.

Ponendosi quindi in una prospettiva comunitaria, in quanto il sistema integrato di tutela giurisdizionale effettiva dell’Unione comprende sia il giudice europeo sia il giudice interno, quest’ultimo posto in una dimensione comunitaria trascendendo quella puramente nazionale, deve concludersi che l’interpretazione conforme al diritto unionale della normativa interna nel caso di specie è quella che indica la riserva dell’elettorato passivo negli organi di governance dell’Ente al personale (ricercatori e tecnologi) interno dello stesso, tenendo anche conto del principio della preemption o preclusione.


Anno di pubblicazione:

2018

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri