Diniego di autorizzazione all’esportazione di tiopenale sodico perché utilizzato per la pena di morte mediante iniezione fatale

Diniego di autorizzazione all’esportazione di tiopenale sodico perché utilizzato per la pena di morte mediante iniezione fatale


Commercio – Commercio estero – Merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte – Diniego autorizzazione ad esportare in Bangladesh tiopentale sodico – Illegittimità – Ratio.

  
E’ illegittimo il provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha negato l’autorizzazione ad esportare in Bangladesh, ove la pena di morte è praticata per impiccagione, un determinativo quantitativo di tiopentale sodico e sodio carbonato sterile, sul rilievo che il tiopenale sodico rientra nell’elenco delle merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte mediante iniezione fatale (1). 


 

(1) Ad avviso della Sezione il diniego ministeriale impugnato è affetto da un evidente carenza motivazionale e da un presupposto grave vizio istruttorio perchè non ha debitamente motivato circa il pericolo effettivo dell’utilizzo del tiopentale sodico (barbiturico ad azione ipnotica utilizzato nell'induzione dell'anestesia generale) per l’iniezione letale in Bangladesh, Paese di importazione, o in altro Stato, luogo di effettiva destinazione del medicinale. Il provvedimento di diniego, infatti, si richiama alle linee fondamentali della politica estera dell’Italia  contro la pena di morte, ma tralascia di considerare che nel Bangladesh le esecuzioni capitali sono praticate mediante impiccagione, secondo il diritto penale di quel Paese, e non risulta che di fatto esse vengano poste in essere mediante l’iniezione letale e, dunque, con l’impiego del tiopentale sodico, essendo state effettuate tra il 2010 e il 2020 31 esecuzioni capitali su un totale di 2147 sentenze di condanna alla pena capitale mediante, appunto, l’impiccagione.
L’art. 7-quater, par. 2, del Reg. (CE) n. 1236/2005 applicabile ratione temporis, nel prevedere che gli Stati membri dell’Unione possano vietare l’esportazione di farmaci potenzialmente utilizzabili per la pena di morte se vi sono fondati motivi di ritenere che le merci elencate all’allegato III-bis potrebbero essere utilizzate per la pena di morte in un Paese terzo, richiede una specifica ed esplicita motivazione sul punto, che non può consistere certo nel mero richiamo alle generiche – e pur in astratto condivisibili – linee di politica internazionale seguite dall’Italia perché, così ragionando, il pericolo di dual use sarebbe sempre ravvisabile per il solo fatto che nel Paese di importazione – come nel caso di specie il Bangladesh – si applichi la pena di morte, anche se eseguita, di diritto o di fatto, con modalità non implicanti in nessun modo l’utilizzo del tiopentale sodico.
Ha aggiunto la Sezione che il considerando 31) del Reg. UE n. 2019/125, nel modificare il Reg. (CE) n. 1236/2005, ha chiarito che «il regime di autorizzazioni all’esportazione dovrebbe essere proporzionato e non dovrebbe quindi impedire l’esportazione di prodotti medicinali utilizzati a fini terapeutici legittimi», sicché la normativa eurounitaria deve essere interpretata anche dalle autorità nazionali nel senso secondo cui in presenza di un utilizzo legittimo dichiarato da parte dell’utente finale nell’end user statement circa l’esclusivo uso terapeutico, in assenza di precedenti violazioni accertate da parte del detto utente, in assenza di violazioni nel Paese di destinazione, in assenza di provate concrete possibilità di sviamento del prodotto, l’autorizzazione all’esportazione debba essere concessa.
Nemmeno è legittimo affermare, come fa il provvedimento impugnato, che il rischio di utilizzo non consentito del tiopentale sodico a fine di morte anziché per finalità terapeutica (c.d. dual use) possa consistere nel fatto che alcuni Paesi potrebbero contravvenire agli impegni presi a non rivendere, trasferire o dirottare durante il viaggio il prodotto in questione a soggetti terzi ovvero a non riesportarlo verso Stati terzi senza il previo consenso delle competenti autorità italiane, specie se si considera che i prodotti in questione possono risultare di non facile reperibilità sui mercati internazionali
Tale rischio è infatti insito in qualsivoglia esportazione del tiopentale all’estero e, se essa fosse assunta nella sua generalità, l’esportazione di questo sarebbe sempre e comunque legittimamente vietata, anche a prescindere dall’impegno assunto dall’importatore, con la dichiarazione meglio nota come end user statement, a non rivendere il farmaco e a destinarlo solo all’utilizzo sanitario richiesto, dall’esistenza di Paesi limitrofi o comunque in rapporti di collaborazione con quello di destinazione che ammettono o di fatto pratichino la pena di morte mediante l’esecuzione letale
​​​​​​​​​​​​In conclusione, il doveroso impegno sul piano internazionale dell’Italia nella lotta contro la pena di morte, nell’ambito peraltro del quadro politico e normativo dell’Unione europea, e il divieto di esportare farmaci utilizzabili per l’iniezione letale in Paesi dove questa è ancora praticata, talvolta in modo non dichiarato, non può giustificare il diniego dell’esportazione del tiopentale sodico a soli legittimi fini terapeutici – in particolare quello anestetico – quando non sia adeguatamente motivato il rischio di effettivo utilizzo del farmaco a fini di morte nel Paese di importazione, benché questo ammetta la pena di morte seppure mediante la sola impiccagione, o il rischio di sua riesportazione verso Stati che ammettano o pratichino la pena di morte mediante la c.d. iniezione letale


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

COMMERCIO

COMMERCIO estero e internazionale

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri