Determinazione dei tetti di spesa e riduzione percentuale applicata al valore della produzione dell’anno precedente

Determinazione dei tetti di spesa e riduzione percentuale applicata al valore della produzione dell’anno precedente


Sanità pubblica - Strutture sanitarie accreditate – Tetti di spesa - Riduzione percentuale - Applicata al valore della produzione dell’anno precedente – Legittimità.

 

          In sede di determinazione dei tetti di spesa, la riduzione percentuale applicata al valore della produzione dell’anno precedente, anziché al valore del budget assegnato, è coerente con gli artt. 15, comma 14, d.l. n. 95 del 2012 e 9 quater, comma 7, d.l. n. 78 del 2015, che hanno imposto, a partire dall’anno 2012, la riduzione dell’importo e dei volumi di acquisto in ragione di una determinata percentuale riferita all’importo “consuntivato” l’anno precedente, ossìa all’importo del fatturato in concreto emesso dall'ente erogatore: invero, il suindicato criterio di riduzione percentuale, applicabile al “consuntivo teorico massimo” della singola struttura, altro non rappresenta che il riflesso applicativo del criterio di riduzione normativamente previsto per la spesa complessiva relativa alla categoria prestazionale, ciò sia sul versante della percentuale di abbattimento, pari in entrambi i casi all’1%, sia in relazione al valore cui essa deve essere applicata, costituito dal “consuntivo” riferito all’anno 2015, corrispondente, sulla base delle delibere impugnate, al valore della produzione, rilevante nei limiti in cui non ecceda il budget assegnato per l’anno suindicato (dovendo aversi riguardo, in caso contrario, a quest’ultimo, in coerenza con il carattere inderogabile dei tetti di spesa assegnati a ciascuna struttura) (1).

 

(1) La Sezione ha altresì affermato che è legittima la riduzione del tetto di spesa rispetto alla misura determinata per l'anno precedente laddove si collochi nel solco di un percorso orientato ad allineare il fabbisogno regionale, quale base di riferimento per la programmazione della spesa sanitaria, a parametri di appropriatezza, essendo stati rilevati indici concreti di scostamento rispetto ad essi della produzione sanitaria locale, desumibili dalla rilevazione di un consumo pro-capite di prestazioni specialistiche da parte dei cittadini della Regione interessata più elevato rispetto alla media nazionale, e laddove, al fine di tenere conto delle ragioni che hanno potuto condurre la singola struttura ad una produzione inferiore, per l’anno 2015, al budget assegnato, sia contemplato un meccanismo atto a conciliare l’astrattezza del criterio generale con la peculiarità della situazione operativa propria di ciascuna struttura, in particolare prescrivendo, quale criterio da osservare in fase di negoziazione dei contenuti contrattuali desumibili dal contratto-tipo, quello inteso specificamente a “verificare le peculiari situazioni che hanno talora determinato una straordinaria contrazione della produzione 2015 rispetto al biennio precedente, per le quali potranno essere attuati i necessari correttivi nell’ambito delle quote ASL”.

Ha aggiunto che la possibilità di utilizzare le economie di spesa eventualmente registrate per alcune tipologie di prestazioni al fine di remunerare tipologie eccedentarie urta con i criteri ispiratori del sistema di programmazione, che se presuppongono la vincolatività ed inderogabilità dei limiti prefissati di spesa, rimettono alla discrezionalità valutativa della Regione, non censurabile se non in costanza di macroscopici profili di illogicità, l’eventuale decisione di reimpiegare i risparmi conseguiti ai fini del finanziamento di prestazioni che resterebbero altrimenti, sulla scorta di quei vincoli, sfornite di remunerazione: nella specie, gli atti impugnati prevedono la possibilità di ridistribuzione delle economie conseguenti alla contrazione in misura variabile del budget assegnato ai singoli operatori sulla scorta dell’analisi regionale di inappropriatezza, ma alla luce di un criterio “virtuoso”, incentrato sull’accrescimento delle risorse finanziarie destinate, preferibilmente nell’ambito della medesima struttura, alle prestazioni connotate da tempi di attesa medio-lunghi, erogate in eccedenza ai relativi tetti di spesa.

Ha infine affermato la Sezione che non può essere considerata illegittimamente retroattiva la modificazione contrattuale introdotta allorché siano ormai decorsi due terzi dell’anno di riferimento, laddove le previsioni contestate siano applicative di un indirizzo razionalizzatore della spesa sanitaria già recepito a livello di normativa primaria e tale da neutralizzare a priori qualunque processo formativo, in capo alla struttura, di un ipotetico affidamento sul mantenimento dei criteri programmatori previgenti, anche in virtù del fatto che i principi regolatori della negoziazione con le strutture erogatrici vengono fissati a livello regionale di anno in anno, mediante appositi provvedimenti che esauriscono la loro efficacia nell’annualità di riferimento, connotandosi di una transitorietà incompatibile con la genesi, in capo agli operatori del settore, di un ragionevole affidamento sulla protrazione, anche per gli anni successivi, dei relativi effetti: ciò che, del resto, sarebbe confliggente con l’esigenza di esercizio efficiente del potere di programmazione, il quale esige il costante adattamento alle esigenze di fabbisogno ed ai limiti finanziari intrinsecamente mutevoli nel tempo, anche in forza delle sopravvenute disposizioni nazionali intese a fissare (ed aggiornare) gli obiettivi in termini di risparmio di spesa.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

SANITÀ pubblica e sanitari

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri