Criteri per la determinazione del valore del Capitale Circolante Netto, che contribuisce a determinare la tariffa del servizio idrico integrato - Sindacato del giudice amministrativo sull’attività di regolazione

Criteri per la determinazione del valore del Capitale Circolante Netto, che contribuisce a determinare la tariffa del servizio idrico integrato - Sindacato del giudice amministrativo sull’attività di regolazione


Autorità amministrative indipendenti - Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - Valore del Capitale Circolante Netto – Determinazione – Criterio – Delibera n. 585 del 2012 – Illegittimità in parte qua.

Autorità amministrative indipendenti – Regolazione di mercato - Sindacato del giudice amministrativo – Limiti.


    ​​​​​​​E’ illegittimo l’allegato A della delibera dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente n. 585 del 2012 nella parte in cui, all’art. 11, comma 2, stabilisce i criteri per la determinazione del valore del Capitale Circolante Netto (CCN), il quale contribuisce a determinare la tariffa, includendo soltanto le attività idriche regolate, ma escludendo le voci di costo relative alle “Altre attività idriche” di cui all’art. 1.1 del medesimo allegato, svolte dal gestore ma non regolate (1).

    In tema di sindacato del giudice amministrativo sull’attività di regolazione, è ammessa una piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e volitivo seguito del regolatore; l’unico limite in cui si sostanzia l’intangibilità della valutazione amministrativa complessa è quella per cui, quando ad un certo problema tecnico ed opinabile (in particolare, la fase di c.d. “contestualizzazione” dei parametri giuridici indeterminati ed il loro raffronto con i fatti accertati) l’Autorità ha dato una determinata risposta, il giudice (sia pure all’esito di un controllo “intrinseco”, che si avvale cioè delle medesime conoscenze tecniche appartenenti alla scienza specialistica applicata dall’Amministrazione) non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Autorità, dovendosi piuttosto limitare a verificare se siffatta risposta rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate (sul piano tecnico), che possono essere date a quel problema alla luce della tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto (2).


 

(1) Ha preliminarmente ricordato la Sezione che il servizio idrico integrato ‒ così definito perché comprensivo di più segmenti produttivi: l’attività di captazione dalla falda, la potabilizzazione, la distribuzione, il trasporto dei reflui nella fognatura, la depurazione della risorsa idrica ‒ è un servizio di interesse economico generale, in quanto attività economica prestata dietro corrispettivo economico, ma che al tempo stesso non sarebbe assicurata dal mercato senza un intervento statale (o lo sarebbe ma condizioni difformi da quelle giudicate coerenti con gli obiettivi di interesse generale). Di tale attività sono quindi regolati diversi aspetti: la dimensione gestionale (organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici), la struttura operativa, le modalità di affidamento (secondo il principio di unicità della gestione per ciascun ambito), le dotazioni infrastrutturali, il contenuto del rapporto convenzionale tra concedente e gestore, il corrispettivo contrattuale del rapporto di utenza.
La governance del settore è contrassegnata dall’intersezione di competenze spettanti a più soggetti pubblici, a livello sovranazionale e nazionale, quali la Commissione Europea, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, le Regioni, l’Autorità di Bacino, gli enti di governo dell’ambito (individuati dalle regioni e partecipati dagli enti locali ricadenti nel medesimo comprensorio), le amministrazioni comunali, l’Autorità di regolazione.
Le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ora attribuite all’Autorità per l’energia elettrica il gas e il servizio idrico (ora Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), investono specificatamente la definizione dei costi ammissibili e dei criteri per la determinazione delle tariffe a copertura di questi costi, la regolazione sulla qualità del servizio, la verifica dei piani d’ambito, nonché la predisposizione delle convenzioni tipo per l’affidamento del servizio).
​​​​​​​​​​Ha aggiunto la Sezione che la normativa europea in materia di acque (Direttiva 2000/60/UE) non contiene indicazioni rigide sull’organizzare il servizio idrico come un servizio a rilevanza economica, in buona parte suggerita dalla circostanza che il sistema idrico italiano sconta, come è noto, un pesante debito infrastrutturale.
La tariffa è definita dall’art. 154, d.lgs. n. 152 del 2006 come «il corrispettivo del servizio idrico integrato» che viene determinata «tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, [dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito] e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’ente di governo dell’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”». La norma ricalca l’art. 9 della direttiva n. 2000/60/CE, secondo cui «Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’allegato III e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”», in linea con la configurazione – diffusamente delineata nella Comunicazione COM 2000/447 – della tariffa dei servizi idrici quale «mezzo per garantire un uso più sostenibile delle risorse idriche ed il recupero dei costi dei servizi idrici nell’ambito di ogni specifico settore economico».
Il primo comma dell’art. 154 è stato abrogato in esito al referendum indetto con d.P.R. 23 marzo 2011, limitatamente alle parole: «dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito», a decorrere dal 21 luglio 2011, dall’art. 1, comma 1, d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116 e successivamente modificato dall’art. 7, comma 1, lettera a), d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla l. 11 novembre 2014, n. 164.
La tariffa base viene predisposta dall’ente di governo dell’ambito, nell’osservanza del metodo tariffario regolato dall’AEEGSI cui viene trasmessa per l’approvazione.
Ha chiarito la Sezione, con riferimento alla controversia sottoposta al suo esame, che è denunciato l’illegittimità dell’allegato A della delibera dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente n. 585 del 2012 (recante l’approvazione del metodo tariffario transitorio (MTT) per la determinazione delle tariffe per il servizio idrico integrato per gli anni 2012 e 2013, ai sensi dell’art. 154, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nel testo risultante all’esito del referendum abrogativo dichiarato ammissibile con sentenza della Corte Costituzionale n. 26 del 2011), nella parte in cui, all’art. 11, comma 2, stabilisce i criteri per la determinazione del valore del Capitale Circolante Netto (CCN), il quale contribuisce a determinare la tariffa, includendo soltanto le attività idriche regolate, ma escludendo le voci di costo relative alle “Altre attività idriche” di cui all’art. 1.1 del medesimo allegato, svolte dal gestore ma non regolate. L’incoerenza e la sostanziale illegittimità della disposizione in commento deriverebbe, in particolare, dal diverso trattamento riservato ai ricavi delle “Altre attività idriche” rispetto ai costi connessi allo svolgimento delle medesime attività. Secondo la Società, per le attività connesse al servizio idrico integrate e svolte a vantaggio dell’utente, sarebbe ragionevole prevedere che i relativi costi, specie se superiori ai ricavi, siano sostenuti dalla tariffa.
Ha affermato la Sezione che nel linguaggio aziendale e nella contabilità regolatoria, il Capitale Circolante Netto indica la differenza tra il capitale investito nelle attività correnti che si determinano lungo il ciclo operativo dell’azienda e le passività correnti.
In dettaglio, le attività correnti sono pari alle rimanenze più le liquidità immediate e i crediti a breve termine, mentre le passività correnti sono pari ai debiti finanziari più i debiti a breve termine. Il margine tra i due valori ‒ rappresentando l’ammontare complessivo delle risorse finanziarie dell’impresa non immobilizzate, al netto delle passività di breve termine ‒ esprime quindi la situazione di liquidità dell’azienda, ossia la sua capacità di far fronte alle obbligazioni a breve termine attraverso flussi finanziari generati dalla gestione tipica dell'impresa.
Il CCN viene considerato in tariffa come uno dei parametri del capitale investito netto (rappresentato dagli importi relativi alle immobilizzazioni materiali e immateriali, al netto degli ammortamenti) necessario, a sua volta, a determinare gli oneri finanziari dell’impresa.
Va pure precisato che le «Altre attività idriche» sono l’insieme delle attività attinenti ai servizi idrici, ivi incluse quelle relative ad obiettivi di sostenibilità energetica ed ambientale, diverse da quelle comprese nel servizio idrico integrato, come ad esempio: allacciamenti idrici e fognari, attivazione o disattivazione della fornitura, gestione della morosità, altre attività di raccolta e trattamento reflui, pulizia fontane, lettura dei contatori divisionali all’interno dei condomini.
Il fulcro della contestazione mossa al regolatore indipendente dalla Società è di avere previsto un trattamento ingiustificatamente asimmetrico per i ricavi e i costi delle “Altre attività idriche”, in virtù della quale: i costi vengono sottostimati per via dell’esclusione del Capitale Circolante Netto e del costo finanziario ad esso associato; i ricavi, invece, vengono interamente portati in detrazione dal ricavo derivante dalle attività soggette a regolazione. La conseguenza è che, quanto più sono i ricavi che l’impresa trae dalle “Altre attività idriche”, minore è la tariffa riconosciuta per il servizio idrico integrato.
Osserva il Collegio che la predetta asimmetria regolativa è rimasta di adeguata giustificazione tecnica, anche dopo l’attenta considerazione degli argomenti addotti in replica dall’Autorità.
L’affermazione secondo cui il riconoscimento del Capitale Circolante Netto limitato al servizio idrico integrato sarebbe motivato dal fatto che solo quest’ultima è l’attività regolata, mentre le “Altre attività idriche” sarebbero erogate dall’operatore professionale sulla base di una libera scelta di convenienza economica, non coglie nel segno.
Tale presa di posizione giustificherebbe al più l’integrale disconoscimento del rilievo tariffario delle “Altre attività idriche” ‒ per i ricavi quanto per i costi ‒, ma non certo la contraddittoria impostazione per cui, in relazione alle medesime attività non regolate, i ricavi vengono indistintamente portati a detrazione della tariffa, mentre il Capitale Circolante Netto viene escluso dal computo dei costi.
Inattendibile appare anche l’ulteriore argomento difensivo secondo il quale i costi delle “Altre attività idriche” sono «più contenuti per un gestore di servizio idrico integrato», in quanto alcuni di essi «sono già spesati in tariffa dal servizio regolato» e pertanto, «anche in attesa della definizione di più compiute e stringenti norme di separazione contabile tra i diversi servizi, sarebbe corretto condividere, in quota parte, i margini con gli utenti cui vengono applicate le tariffe».
Tale deduzione, nella sua assoluta genericità, contrasta con i principi della contabilità regolatoria.
Va rimarcato che, quando un’impresa affidataria di un servizio di interesse economico generale produce anche beni o servizi diversi, i costi di pertinenza di ciascuna produzione vanno distinti in maniera precisa. Nella specifica ipotesi in cui un operatore professionale gestisce un’infrastruttura essenziale, con obbligo a contrarre e regolamentazione dei prezzi, e nel contempo svolge anche altre attività in concorrenza in settori non regolati, i costi diretti riferibili esclusivamente a ciascuno dei diversi segmenti economici (ad esempio: personale, materie prime, ammortamento e manutenzione delle immobilizzazioni) e quelli indiretti comuni a tutti, vanno imputati secondo criteri di rigorosa pertinenza.
L’Autorità, oltre a non individuare e quantificare i costi delle “Altre attività idriche” che sarebbero «già spesati in tariffa dal servizio regolato», neppure esemplifica la metodologia impiegata per l’imputazione dei costi tra i diversi rami di attività.

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(2) Ha chiarito la Sezione che nel caso della regolazione economica, il controllo giurisdizionale “non sostitutivo” trova giustificazione in ragione di una specifica scelta di diritto sostanziale: quella per cui il legislatore, non essendo in grado di governare tutte le possibili reciproche interazioni tra i soggetti interessati e di graduare il valore reciproco dei vari interessi in conflitto, si limita a predisporre soltanto i congegni per il loro confronto dialettico, senza prefigurare un esito giuridicamente predeterminato. In tali casi, l’attività integrativa del precetto corrisponde ad una tecnica di governo attraverso la quale viene rimesso ai pubblici poteri di delineare in itinere l’interesse pubblico concreto che l’atto mira a soddisfare.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

AUTORITÀ amministrative indipendenti, AUTORITÀ di regolazione per energia reti e ambiente

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri