Conferimento di incarico direttivo per coprire un ufficio giudiziario di grandi dimensioni

Conferimento di incarico direttivo per coprire un ufficio giudiziario di grandi dimensioni


Magistrati – Magistrati ordinari - Conferimento ufficio direttivo - Ufficio direttivo di grandi dimensioni – Criterio – Individuazione.

    In sede di conferimento di incarico direttivo per coprire un ufficio giudiziario di grandi dimensioni occorre valutare i risultati organizzativi e gestionali già conseguiti e non la conoscenza della realtà criminale specifica che caratterizza lo sfondo geografico di riferimento (1). 

 

(1) Ha chiarito la Sezione che il Testo unico sulla dirigenza giudiziaria non è – difettando la clausola legislativa a regolamentare ed essendo comunque materia riservata alla legge (art. 108, primo comma, Cost.) - un atto normativo, ma un atto amministrativo di “autovincolo” nella futura esplicazione della discrezionalità del CSM, a specificazione generale di fattispecie in funzione di integrazione o anche suppletiva dei principi specifici espressi dalla legge, vale a dire soltanto una delibera che vincola in via generale la futura attività discrezionale dell’organo di governo autonomo (Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 2008, n. 3513; sez. V, 2 agosto 2019, n. 5492). 

Ciò posto, va rilevato che in particolare, tra gli indicatori generali delle attitudini direttive, di cui all'art. 6 del Testo Unico, figurano: a) le funzioni direttive e semidirettive in atto o pregresse; b) le esperienze maturate nel lavoro giudiziario; c) le esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici; d) le soluzioni elaborate nelle proposte organizzative redatte sulla base dei dati e delle informazioni relative agli uffici contenuti nel bando concorsuale; e) le esperienze ordinamentali e organizzative; f) la formazione specifica in materia organizzativa; g) le altre esperienze organizzative maturate anche al di fuori dell'attività giudiziaria. 

Tali indicatori considerano la complessiva esperienza giudiziaria maturata dal candidato, unitamente alle esperienze maturate al di fuori della giurisdizione, che abbiano consentito lo sviluppo di competenze organizzative, di abilità direttive e conoscenze ordinamentali. 

Gli indicatori specifici (artt. 14 ss.) invece definiscono gli elementi idonei a far emergere una particolare idoneità in relazione al singolo incarico direttivo.  

Stando al disegno del TU, in particolare, posto che all'anzianità nel ruolo vada dato rilievo soltanto residuale nel caso di equivalenza dei profili professionali (essendone esclusa la rilevanza quale parametro di valutazione: art. 24), si intende far emergere le esperienze maturate dai diversi aspiranti, sulla base di dati concreti, misurabili e verificabili, in modo da individuare, attraverso un procedimento di “valutazione comparativa degli aspiranti” (artt. 25 ss.) il profilo più idoneo, “per attitudini e merito”, a ricoprire l’incarico e giustificare, sotto il profilo motivazionale, il relativo conferimento. 

A tal fine, il “giudizio attitudinale” (art. 26) deve essere formulato “in maniera complessiva ed unitaria” e deve costituire il frutto di una “valutazione integrata e non meramente cumulativa” degli indicatori attitudinali, in relazione al singolo posto a concorso. 

La considerazione degli indicatori generali e degli indicatori specifici, quindi, non è ispirata ad una logica di equiordinazione parametrica, posto che agli indicatori specifici deve essere conferito “speciale rilievo” (art. 26, comma 3), laddove gli indicatori generali “sono utilizzati quali ulteriori elementi costitutivi del giudizio attitudinale” (art. 26, comma 4).  

 

La previsione va intesa (Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2019, n. 97) nel senso, evidenziato dalla relazione illustrativa del TU, secondo cui “gli elementi e le circostanze sottese agli indicatori specifici, proprio per la loro più marcata attinenza al profilo professionale richiesto per il posto da ricoprire, abbiano un adeguato spazio valutativo e una rafforzata funzione selettiva”, in ordine alle caratteristiche dell’incarico da conferire. 

Pertanto, laddove un candidato possa in concreto vantare indicatori specifici, questo “speciale rilievo” che va ad essi dato implica che non se ne possa pretermettere la valutazione e il peso. Il che, se non significa che senz’altro debbano contrassegnare la prevalenza di quel candidato su altri candidati, impone nondimeno l’onere di una particolare ed adeguata motivazione, nella valutazione complessiva, nell’ipotetica preferenza per un candidato che ne sia privo (o sia in possesso di indicatori specifici meno significativi), per modo che ne sia evidenziata e giustificata, attraverso il puntuale esame curriculare, la maggiore “attitudine generale” o il particolare “merito”.  

Invero, gli indicatori specifici sono criteri “settoriali” perché rilevano ai fini della valutazione specifica dell’attitudine direttiva; ma non esauriscono l’intera figura professionale del magistrato la quale va, piuttosto, ricostruita nella sua complessità, tenendo conto degli indicatori generali e del “merito” (Cons. Stato, sez. V, 16 ottobre 2017, n. 4786). 

In tale quadro, non è conforme al TU un giudizio comparativo che – senza adeguata, particolare ed effettiva motivazione – finisca per immotivatamente sovvertire il detto rapporto tra indicatori attitudinali specifici e indicatori attitudinali generali.  

Il CSM, nella valutazione comparativa, deve adeguatamente acquisire un completo “quadro conoscitivo” ed elaborare un adeguato “apprezzamento valutativo” degli elementi di fatto posti a base della scelta, al fine di verificarne la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni, la logicità della valutazione, l'effettività dell’operata comparazione tra i candidati, la sufficienza e congruità della relativa motivazione (Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2018, n. 1345; id. 17 gennaio 2018, n. 271). 

Deve confermarsi, infine, il consolidato indirizzo giurisprudenziale per cui, nel conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, il CSM gode di un apprezzamento che è sindacabile in sede di legittimità solo se inficiato da irragionevolezza omissione o traviamento dei fatti, arbitrarietà o difetto di motivazione (Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2020, n. 71); resta dunque preclusa al sindacato giurisdizionale solo la valutazione dell’”opportunità o convenienza” dell’atto dell’organo di governo autonomo, assegnando la legge, infatti, al CSM un margine di apprezzamento particolarmente ampio ed il sindacato deve restare parametrico della valutazione degli elementi di fatto compiuta dall’amministrazione.  

Ma al contempo si deve assicurare la puntuale ed effettiva verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti di fatto costituenti il quadro conoscitivo posto a base della valutazione, la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, la logicità della valutazione, l’effettività della comparazione tra i candidati, e dunque, in definitiva, la sufficienza della motivazione (Cons. Stato, sez. V, 18 giugno 2018, n. 3716; sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 607). 

Se i provvedimenti del CSM non richiedono una motivazione particolarmente diffusa, il loro percorso formativo deve tuttavia esternare l’essenziale apprezzamento tecnico e questo va reso quanto più possibile manifesto, sì che le ragioni della scelta risultino sufficientemente conoscibili e valutabili da chiunque, anzitutto dai magistrati coinvolti. 

In questa prospettiva, risulta essenziale la motivazione sulle attitudini, con i relativi indicatori dei vari candidati, perché si deve dar conto delle ragioni che giustificano una valutazione di maggiore capacità professionale e che conducono a preferire un candidato rispetto agli altri (Cons. Stato, sez. V, 19 maggio 2020, n. 3171).

Ha ancora aggiunto il Tar che la peculiare posizione costituzionale del CSM non esclude la sottoposizione dei suoi atti a uno scrutinio di legittimità, che – pur soffermandosi esclusivamente su profili sintomatici e senza in alcun modo impingere, neanche indirettamente, nel merito delle scelte dell’Organo di autogoverno – miri a individuarne solo i più gravi difetti in punto di legittimità, quali sviamento di potere, travisamento dei fatti, contraddizione, illogicità, che possono tutti concretizzare il vizio di eccesso di potere (Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 597).

Ne discende, come costantemente affermato in giurisprudenza, che lo scrutinio delle deliberazioni per il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi è sempre ammissibile, purché entro i confini funzionali propri del sindacato giurisdizionale consentito, ossia – in generale - in relazione al riscontro dell'esattezza dei presupposti di fatto, del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni, e, in definitiva, dell'esistenza, congruenza e ragionevolezza della motivazione, senza per questo trasmodare in un diretto apprezzamento che si estrinsechi in una valutazione specifica di merito. Il sindacato giurisdizionale di legittimità sulle deliberazioni del CSM è, quindi, consentito nella misura in cui assicuri la verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti giuridico-fattuali costituenti il quadro conoscitivo considerato ai fini della valutazione, la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, la logicità della valutazione, l'effettività della comparazione tra i candidati, la sufficienza della motivazione (Tar Lazio, sez. I, 9 dicembre 2019, n. 14074 e Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 607). ​​​​​​​


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

ORDINAMENTO giudiziario, MAGISTRATI (in genere)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri