Concorso straordinario per immissione in ruolo

Concorso straordinario per immissione in ruolo


Pubblica istruzione – Concorso – Posto comune - Servizio svolto su posti di sostegno senza specializzazione – Non rileva. 

              Il servizio svolto senza specializzazione su posti di sostegno non integra l’annualità di servizio specifico per partecipare al concorso su posto comune (1). 

 

(1) Ha chiarito il parere che l’aver prestato servizio su di un posto di sostegno è situazione in termini essenziali diversa rispetto all’aver prestato servizio su di un posto comune. Il diverso trattamento riservato a tali servizi dal legislatore non configura, dunque, una discriminazione rilevante ai sensi della normativa richiamata dai ricorrenti. Si tratta, invero, di categorie per le quali, in relazione alla specifica finalità del procedimento concorsuale, volto al superamento del fenomeno del precariato individuando un precariato professionalmente “qualificato” modulato anche sulla tipologia dei posti da ricoprire, sono presenti differenze essenziali; inoltre, la ratio sottesa alla previsione legislativa rende sussistenti oggettive ragioni giustificative del diverso trattamento riservato ai servizi svolti su posti comuni e su posti di sostegno, ai fini della copertura della prima delle predette tipologie di posti. Sotto il profilo, ancora, della compatibilità della disposizione legislativa in esame alla normativa comunitaria, si osserva che la stessa non risulta violativa dei principi affermati dalla sentenza “Mascolo” e della direttiva 1999/70/Ce che impone il divieto di discriminazione dei lavoratori a tempo determinato. Non sussiste alcun contrasto con il diritto europeo così come interpretato dalla richiamata sentenza “Mascolo”, che, invero, attiene più propriamente alla disciplina (art. 4 della legge 124/99), che consente di reiterare, anche per periodi molto lunghi, i contratti a tempo determinato con il medesimo lavoratore. La Corte di Giustizia, con la sentenza 26 novembre 2014 resa nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri, ha statuito che le esigenze di continuità didattica che inducono ad assunzioni temporanee di dipendenti del comparto scuola possono costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro, che giustifica sia la durata determinata dei contratti conclusi con il personale supplente, sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle esigenze di continuità didattica, fatto salvo il rispetto dei requisiti fissati al riguardo dall’accordo quadro. Tuttavia, ha ritenuto che nel caso in esame il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare queste esigenze abbia, di fatto, un carattere non provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, e non sia giustificato ai sensi della lettera a), del punto 1, della clausola citata. Conclusivamente, la Corte di giustizia afferma che la disciplina in esame, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili nelle scuole statali solo per un periodo temporaneo fino all’espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che l’applicazione concreta di tale ragione obiettiva, in considerazione delle particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, sia conforme ai requisiti dell’accordo quadro 

A seguito di tale pronuncia, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999, per violazione dell’art. 117, primo comma Cost., in relazione alla clausola 5, comma 1, dell’accordo quadro più volte citato, nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino. 

Non si è, dunque, di fronte ad una normativa che incentiva il fenomeno del precariato, quanto piuttosto a disposizioni tese alla sua (graduale) eliminazione. 

Ha aggiunto il parere che la diversa disciplina dettata per i docenti di ruolo nella considerazione del servizio prestato quale requisito di accesso alla procedura abilitante è comunque giustificata da ragioni oggettive e non irragionevoli 

Il requisito del servizio triennale prestato presso istituzioni scolastiche statali di cui uno di carattere specifico (cioè svolto sulla medesima classe di concorso o tipologia di posto per cui si partecipa) vale - oltre alla ragionevole delimitazione della platea degli stabilizzandi ad un  precariato “qualificato”, come tale meritevole di considerazione con precedenza rispetto alla posizione della generalità dei precari - anche ad introdurre un requisito meritocratico e, dunque, di qualificazione professionale minima per conseguire l’abilitazione all’insegnamento con un meccanismo semplificato rispetto a quello ordinariamente previsto. Orbene, a differenza del docente non di ruolo con contratto a tempo determinato, ove il requisito dell’annualità di servizio specifico è necessario a ritenere sussistente la predetta qualificazione professionale, il legislatore ha ragionevolmente ritenuto che lo stesso non fosse necessario per i docenti di ruolo. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

ISTRUZIONE pubblica

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri