Coefficiente di maggiorazione per la remunerazione dei costi totali efficienti connessi all’attività del Gestore dell’infrastruttura dei trasporti ferroviari

Coefficiente di maggiorazione per la remunerazione dei costi totali efficienti connessi all’attività del Gestore dell’infrastruttura dei trasporti ferroviari


Militari, forze armate e di polizia - Attività extraistituzionali - Difetto di autorizzazione – Conseguenze. 

 

Autorità amministrative indipendenti - Autorità di regolazione dei trasporti - Coefficiente di maggiorazione – Applicazione – Competenza. 

 

            LAutorità di regolazione dei trasporti è competente ad applicare un “coefficiente di maggiorazione” finalizzato ad assicurare la remunerazione di tutti i costi totali efficienti connessi all’attività del Gestore dell’infrastruttura dei trasporti ferroviari (1). 

 

(1) Ha chiarito la Sezione che il legislatore ha costruito un sistema in cui il pedaggio per l’accesso all’infrastruttura ferroviaria viene determinato dal Gestore, mentre l’Autorità definisce i criteri in applicazione dei quali il Gestore giunge alla quantificazione delle tariffe. Il potere di determinazione del canone, anche nella sua componente aggiuntiva rispetto alla copertura dei costi diretti, deve ritenersi previsto dall’art. 17, comma 1, d.lgs. n. 112 del 2015 già citato, secondo cui “l’Autorità di regolazione dei trasporti, di cui all’art. 37, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, definisce, fatta salva l’indipendenza del gestore dell'infrastruttura e tenendo conto dell’esigenza di assicurare l’equilibrio economico dello stesso, i criteri per la determinazione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria da parte del gestore dell’infrastruttura e dei corrispettivi dei servizi di cui all’art. 13”. 

Tale conclusione trova supporto nei principi ai quali si deve ispirare il particolare settore che viene in discorso, caratterizzato, da un lato, dalla presenza di una risorsa non replicabile (la rete ferroviaria) ‒ che dà origine alla situazione di monopolio naturale ‒ sottoponendola ad uno speciale regime giuridico, che la rende disponibile alle imprese per l’esercizio della loro attività economica; dall’altro, dalla peculiare relazione finanziaria tra lo Stato, che è proprietario della rete, e la principale impresa ferroviaria utilizzatrice della rete stessa. 

In tale contesto, anche al fine di preservare l’indipendenza imprenditoriale del Gestore – principio ribadito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 3 ottobre 2013, nella causa C 369/11 (secondo cui: “La Repubblica italiana, non garantendo l’indipendenza del Gestore dell’infrastruttura per la determinazione dei diritti di accesso all’infrastruttura e la ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, paragrafo 1, e 30, paragrafo 3, della direttiva 2001/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, relativa alla ripartizione della capacità di 39 infrastruttura ferroviaria e all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, come modificata dalla direttiva 2007/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007”) – assume un particolare significato la presenza di un’Autorità indipendente dal Governo e dagli operatori economici del settore, alla quale è affidato il compito di regolare ex ante i criteri di determinazione del canone di accesso all’infrastruttura (così le sentenze del Consiglio di Stato n. 4215 del 2020 e n. 4216 del 2020).

Posto che l’attuale livello di contribuzione statale, così come stabilito dal contratto di programma per la manutenzione, risulta coprire poco meno del 50% dei costi operativi, ammortamenti e remunerazione del capitale investito (sicché, per garantire l’equilibrio economico del Gestore, poco più del 50% dei costi, deve essere recuperato tramite il pedaggio) e che i costi diretti ammontano a circa il 16% dei costi totali, se l’Autorità potesse agire ‒ così come prospettato dalle Società appellanti ‒ solo su questa componente dei costi, la sua funzione risulterebbe del tutto residuale, in contrasto anche con l’ampia attribuzione di competenze di cui al comma 2, dell’art. 37, d.l. n. 201 del 2011. 

Appare dunque ineludibile una interpretazione conforme al diritto europeo (in base cioè al sistema istituito dalla direttiva 2001/14), secondo cui la competenza ministeriale di cui al citato art. 18, d.lgs. n. 112 del 2015, lungi dall’essere intesa come potere ordinario di tariffazione, va configurata come funzione residuale e straordinaria, finalizzata alla copertura (ex post) di costi imprevisti derivanti da urgenti necessità di investimento mediante la maggiorazione del canone fissato dal gestore dell’infrastruttura.


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

MILITARE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri