Annullamento con rinvio al giudice di primo grado se è dichiarata la tardività dell’azione risarcitoria

Annullamento con rinvio al giudice di primo grado se è dichiarata la tardività dell’azione risarcitoria


Processo amministrativo – Appello – Erronea declaratoria di tardività della domanda risarcitoria autonoma - Annullamento con rinvio ex art. 105 c.p.a.. 

 

          L’erronea declaratoria di tardività della domanda risarcitoria autonoma, traducendosi in una omessa pronuncia nel merito della causa, il cui oggetto coincide per intero con detta domanda, è sussumibile nella categoria della lesione del diritto di difesa e impone la rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi e nei termini di cui all’art. 105 c.p.a. (1).

  

(1) Ha chiarito il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana che l’erronea pronuncia di primo grado di tardività dell’azione autonoma di risarcimento ha impedito l’esame nel merito della domanda, ledendo il diritto delle parti, in primo luogo del ricorrente, ad una decisione appunto nel merito. Un’erronea pronuncia in rito che si è tradotta, quindi, in una omessa pronuncia nel merito. Un’ipotesi che non è testualmente ricompresa nel catalogo dell’art. 105 c.p.a., sui casi di rimessione al primo giudice, ma che vi rientra attraverso la categoria e lo spazio della lesione del diritto di difesa, di cui è invece fatta menzione. 

Ha ricordato il C.g.a. che l’art. 105 c.p.a. costituisce il punto di sintesi, raggiunto dal legislatore del 2010, tra esigenze e visioni differenti: da un lato il principio, peraltro non assoluto, del doppio grado di giurisdizione, che conduce a prevedere l’annullamento con rinvio in una serie di casi in cui più forte è l’esigenza di garantire la riproduzione di un giudizio sul merito della controversia; dall’altro le ragioni di celerità della definizione del processo, che militano a favore della regola, prevalente ma non assoluta, della ritenzione della causa presso il Giudice dell’appello, anche laddove la sentenza di primo grado sia riformata. Se l’annullamento con rinvio al Giudice di primo grado costituisce una deroga a questa regola generale, è anche vero che il codice del 2010, ancor più della legge Tar del 1971 (n. 1034), ha fatto riferimento a “categorie generali” – come ad esempio proprio la lesione del diritto di difesa – che possono prestarsi ad un’interpretazione più ampia, rispetto al passato. 

Ha ancora ricordato il C.g.a. che all’indomani della legge Tar, in giurisprudenza si erano manifestati pareri divergenti sull’ipotesi nella quale il giudice di primo grado avesse erroneamente dichiarato, con una sentenza di rito, l’irricevibilità del ricorso: mentre alcune tesi rimanevano nel solco della tesi tradizionale per la quale il giudice di primo grado comunque aveva consumato la propria giurisdizione, con la pronuncia di irricevibilità, sicché la controversia non doveva più tornare a lui; altre si erano orientate diversamente, ritenendo che l’irricevibilità (al pari dell’inammissibilità e della improcedibilità) dichiarata erroneamente integrasse il “difetto di procedura” di cui parlava l’allora art. 35, legge Tar per giustificare l’annullamento con rinvio. 

L’Adunanza plenaria n. 18 del 1978, adita a fronte di questo contrasto giurisprudenziale, accolse la prima delle due tesi, ritenendo che il giudice di secondo grado, accertata l’erronea declaratoria in rito, dovesse trattenere la controversia e deciderla nel merito. 

Tuttavia, ad avviso del C.g.a., lo spazio che il codice del 2010 ha riservato ai casi di (annullamento con) rinvio al giudice di primo grado è più ampio rispetto al passato: tanto emerge dal confronto del nuovo art. 105 c.pa. con il vecchio art. 35, legge Tar, e di questa maggiore ampiezza si va acquisendo consapevolezza in giurisprudenza, come testimoniano alcune pronunce più recenti che, ad esempio, riconducono alla violazione del diritto di difesa l’ipotesi in cui vi sia stata “totale omessa pronuncia” (Cons. St., sez. IV, n. 3809 del 2017). Ha aggiunto il C.g.a. che in dottrina si va chiarendo che l’art. 105 c.p.a. ha portata diversa e più ampia degli art. 353 e 354 c.p.c., che regolano l’annullamento con rinvio della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello nel processo civile, con la conseguenza che le soluzioni accolte nella giurisprudenza civile non esauriscono le possibilità di annullamento con rinvio nel processo amministrativo. 

Tanto più che, a differenza del processo civile, in quello amministrativo il processo si articola davanti a due soli organi giudiziari, il Tar e il Consiglio di Stato, essendo limitato il giudizio di Cassazione ai soli motivi inerenti la giurisdizione. 

L’individuazione di uno spazio per la giurisprudenza amministrativa più ampio di quello ricavabile dagli indirizzi sul processo nella giurisprudenza civile trova conferma, in una prospettiva di sistema, anche nella recente riforma del processo contabile, con l’adozione del relativo codice di cui al d.lgs. n. 174 del 2016, come documenta l’art. 199 di tale codice, il cui co. 2 dispone che “quando senza conoscere del merito del giudizio, il giudice di primo grado ha definito il processo decidendo soltanto altre questioni pregiudiziali o preliminari, su queste esclusivamente si pronuncia il giudice dell’appello. In caso di accoglimento del gravame proposto, rimette gli atti al primo giudice per la prosecuzione del giudizio sul merito e la pronuncia anche sulle spese del grado d’appello”.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, APPELLO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri