Ambito di applicazione della c.d. “valutazione d'incidenza” di un piano - Competenza tra Stato e Regioni in materia di rifiuti

Ambito di applicazione della c.d. “valutazione d'incidenza” di un piano - Competenza tra Stato e Regioni in materia di rifiuti


Ambiente - Valutazione d'incidenza - Ambito di applicazione 

Rifiuti – Competenza - Individuazione 


     
La valutazione d'incidenza di un piano o di un progetto si applica sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (e delle Zone di protezione speciale), sia a quelli che, pur collocandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito (1). 


       In materia di smaltimento dei rifiuti, lo Stato è titolare di una competenza statale esclusiva, riconducibile all'ipotesi della “tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" prevista dall'art. 117, comma 2, lett. s), Cost. per cui deve intendersi inibito al legislatore regionale introdurre deroghe o limiti di varia natura e portata; pertanto, non è consentito al legislatore regionale derogare alla ripartizione di competenze stabilita a livello nazionale fra le Regioni, che hanno il potere di autorizzare i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ex artt. 196, comma 1, lett. d), e 208 t.u. ambiente e le Province, che hanno il potere di pianificare le zone idonee e non idonee agli impianti sulla base dei criteri stabiliti nel piano di gestione dei rifiuti della Regione, ex art. 197, comma 1, lett. d), T.U.A. (2). 

 

(1) Ha ricordato la Sezione che l’art. 6 della Direttiva 92/43/CEE è il riferimento che dispone previsioni in merito al rapporto tra conservazione e attività socio-economiche all’interno dei siti della Rete Natura 2000, e riveste un ruolo chiave per la conservazione degli habitat e delle specie ed il raggiungimento degli obiettivi previsti all'interno della rete Natura 2000. Globalmente, le sue disposizioni riflettono l’orientamento generale dei “considerando” della direttiva, tra cui la necessità di promuovere la biodiversità, mantenendo o ripristinando determinati habitat e specie in uno «stato di conservazione soddisfacente» nel contesto dei siti Natura 2000, tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile. Tale disposto normativo può essere considerato un elemento chiave per attuare il principio di integrazione in quanto incoraggia gli Stati membri a gestire in maniera sostenibile le zone protette e stabilisce limiti alle attività atte ad avere un impatto negativo sulle zone stesse, consentendo alcune deroghe in circostanze specifiche. In particolare, i paragrafi 3 e 4 relativi alla Valutazione di Incidenza, dispongono misure preventive e procedure progressivamente volte alla valutazione dei possibili effetti negativi, le "incidenze negative significative", determinati da piani e progetti non direttamente connessi o necessari alla gestione di un Sito Natura 2000, definendo altresì gli obblighi degli Stati membri in materia di Valutazione di Incidenza e di Misure di Compensazione. La valutazione d'incidenza, come costantemente interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e delle Corti nazionali, si applica sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (e delle Zone di protezione speciale), sia a quelli che, pur collocandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito. L'art. 6, par. 3, Dir. 92/43/CE, infatti, subordina il requisito dell'opportuna valutazione dell'incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest'ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato. La valutazione del rischio dev'essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto. Nel contesto normativo italiano la valutazione di incidenza viene disciplinata dall'art. 5, d.P.R. n. 357 del 1997, come sostituito dall’art. 6, d.P.R. n. 120 del 2003, adottato in attuazione dei parr. 3 e 4 della citata Direttiva "Habitat". L'obiettivo di tutela che si prefigge il legislatore europeo e nazionale, è quello massimo di conservazione dei siti, sia in via diretta (per piani e progetti da ubicarsi all'interno dei siti protetti) sia in via indiretta (per piani e progetti da ubicarsi al di fuori del perimetro delle dette aree, ma idonei comunque ad incidere, per le caratteristiche tecniche del progetto o la collocazione degli impianti o la conformazione del territorio, sulle caratteristiche oggetto di protezione), con attenzione sia all'impatto singolo del progetto specificamente sottoposto a valutazione, sia all'impatto cumulativo che potrebbe prodursi in connessione con altro e diverso piano o progetto. 
​​​​​​​Ha aggiunto la Sezione che la certezza in ordine alla assenza di “incidenza significativa” sull’habitat dev’essere acquisita dall’amministrazione procedente mediante un procedimento tipico che prevede la preliminare verifica di assoggettabilità a valutazione di incidenza (c.d. screening), previa redazione da parte del proponente il progetto di uno “studio di incidenza”, ovvero con la valutazione di incidenza appropriata, laddove la fase di verifica preliminare faccia emergere il rischio di effetti pregiudizievoli sul sito interessato. Le vigenti norme regionali campane costituite dal Regolamento regionale n. 1 del 2010 (recante Disposizioni in materia di procedimento di valutazione di incidenza), all’art. 5, dispongono: “1. Al fine di determinare la significatività dell’incidenza di progetti ed interventi ricadenti nell’ambito di applicazione del presente regolamento, è previsto che sia espletata una fase preliminare chiamata “screening”. Tale verifica determina la decisione di procedere o meno alla successiva fase di valutazione di incidenza (valutazione appropriata), qualora le possibili incidenze negative risultino significative in relazione agli obiettivi di conservazione del sito stesso”. Dalla medesima normativa regionale si evince la non necessità di una valutazione di incidenza, neppure relativa alla fase di screening, per i soli interventi indicati nell’art. 3 del medesimo regolamento regionale n. 1 del 2010, rubricato infatti “Progetti ed interventi non direttamente connessi e non significativamente incidenti sui siti della Rete Natura 2000”, cui rinvia anche l’art. 4 comma 2 ultima parte. Solo detti interventi sono pertanto presuntivamente ritenuti non significativamente incidenti sui siti della Rete 2000, fatta peraltro salva la possibilità, secondo quanto prescritto dal successivo comma 4, per l’Autorità preposta all’approvazione del progetto o all’autorizzazione dell’intervento, di richiedere l’esperimento della verifica preliminare nei casi in cui non si abbia la certezza dell’assenza di incidenza negativa o comunque significativa. Per contro, per gli interventi indicati nell’art. 4 comma 2 del medesimo regolamento, fra i quali vanno annoverati i progetti e gli interventi ricompresi negli allegati II e IV della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, indipendentemente dalle eventuali soglie dimensionali, vi è una presunzione di incidenza significativa, tanto è vero che per i medesimi deve essere espletata direttamente la valutazione appropriata. Gli interventi non ricadenti in nessuna di queste due opposte presunzioni vanno per contro sottoposti alla fase di screening. Alcuna valutazione di incidenza, neppure ascrivibile alla fase di screening, può intendersi effettuata, in assenza dei necessari presupposti, ed in particolare del riferimento nello studio preliminare ambientale del proponente al SIC viciniore e dell’inserimento nel medesimo di un capitolo conforme agli indirizzi di cui al all’allegato G del d.P.R. n. 357 del 1997, finalizzato anche a valutare le interferenze avuto riguardo alle componenti abiotiche, biotiche e alle connessioni ecologiche; con il che la denunciata violazione formale (mancanza di studio preliminare completo delle indicazioni di cui all’allegato G) assurge a violazione sostanziale delle disposizioni di tutela, non potendosi in alcun modo sanare la carenza degli elementi istruttori normativamente necessari a fondare la valutazione rimessa all’Autorità competente ove gli stessi non siano stati di fatto acquisiti, mediante atti contenutisticamente definiti, nella loro valenza fattuale ed effettuale.  

 

 

(2) Ha affermato la Sezione che l’art. 197 comma 1 lett. d) T.U.A. va letta in coordinamento con le norme di cui agli artt. 196 e 199 del medesimo T.U.A.  

Ai sensi dell'art. 196, comma 1, lett. a), l.Lgs. n. 152 del 2006, è di competenza della regione la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199. In particolare, ai sensi dell'art.199, comma 3, lett. d) il piano regionale per la gestione dei rifiuti contiene informazioni sui criteri di riferimento per l'individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario, nonché, ai sensi della lettera l), i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti. Alle province compete pertanto, ai sensi dell'art. 197, comma 1, lett. d), l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'art. 20, comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'art. 199, comma 3, lett. d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti. A sua volta, l'art. 20, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000, prevede l'adozione da parte della provincia, in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, del piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio. Pertanto non è revocabile in dubbio che la provincia è tenuta ad individuare le zone del territorio provinciale da ritenersi in generale, ovvero per qualsiasi tipologia di impianti per il trattamento e la gestione dei rifiuti, non idonee alla ubicazione degli impianti medesimi. Tale competenza è rimasta in capo all’Ente Provincia anche dopo l’entrata in vigore della l. n. 56 del 2014, cd. “legge Del Rio”. Infatti, fra le funzioni fondamentali assegnate alle province “riformate”, così come elencate al comma 85 dell’articolo unico di detta normativa, figurano la “pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza”. Dalla norma di cui all’art. 197 T.UA. si evince inoltre che l’intervento dell’Autorità d’ambito è puramente consultivo, al pari di quello dei Comuni, ferma rimanendo la prevalenza delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, ove già adottato, che deve peraltro uniformarsi agli indirizzi espressi dalla Regione nel piano regionale per la gestione dei rifiuti.  


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

RIFIUTI

AMBIENTE

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri