Alla Corte di giustizia Ue la qualificazione giuridica di Poste Italiane s.p.a. e di Poste Tutela s.p.a. e l’estensione dell’obbligo di svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica

Alla Corte di giustizia Ue la qualificazione giuridica di Poste Italiane s.p.a. e di Poste Tutela s.p.a. e l’estensione dell’obbligo di svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica


Contratti della Pubblica amministrazione – Stazioni appaltanti e soggetti aggiudicatori - Poste Italiane s.p.a. e Poste Tutela s.p.a. – Natura giuridica e estensione dell’obbligo di svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica – Rimessione alla Corte di giustizia Ue.

 

Sono rimesse alla Corte di giustizia Ue le questioni: a) se la società Poste Italiane s.p.a. debba essere qualificata “organismo di diritto pubblico”, ai sensi dell’art 3, comma 1, lett. d), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) e delle direttive comunitarie di riferimento (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE); b) se la predetta qualificazione si estenda alla società, partecipata al 100%, Poste Tutela s.p.a., peraltro in via di già deliberata fusione con la prima, tenuto conto del punto n. 46 delle premesse alla direttiva 2014/23/UE sulle persone giuridiche controllate; c) se dette società siano tenute a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l’aggiudicazione degli appalti, che siano in relazione con l’attività svolta nei settori speciali, in base alla direttiva 2014/25/UE, quali enti aggiudicatori, per i quali la stessa natura di organismi di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II° del Codice degli appalti, con piena autonomia negoziale – e regole esclusivamente privatistiche – per l’attività contrattuale non attinente a detti settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art. 16; d) se le medesime società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, restino invece – ove in possesso dei requisiti di organismi di diritto pubblico – soggette alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgenti – in via evolutiva rispetto all’originaria istituzione – attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza; e) se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al servizio universale e attività a quest’ultimo estranee, il concetto di strumentalità – rispetto al servizio di specifico interesse pubblico – possa ritenersi escluso per contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché il servizio di portierato e di custodia degli uffici stessi; f) se infine, ove la prospettazione di Poste Italiane s.p.a. fosse ritenuta condivisibile, debba ritenersi contrastante col consolidato principio di legittimo affidamento dei partecipanti alla gara la riconduzione a mero autovincolo – non soggetto a tutte le garanzie di trasparenza e pari trattamento, disciplinate dal codice degli appalti – l’indizione di una procedura concorsuale, debitamente pubblicizzata senza ulteriori avvertenze al riguardo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (1).

 

 

(1) Ha ricordato il Tar che l’individuazione dei requisiti dell’organismo di diritto pubblico (intendendo per tale qualsiasi organismo dotato di soggettività giuridica, anche in forma societaria), è affidata ai seguenti parametri: 1) finalizzazione specifica della relativa istituzione, per il soddisfacimento di esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; 2) possesso di personalità giuridica (senza distinzioni fra natura pubblica o privata della stessa); 3) attività finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri, dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico (sul carattere cumulativo di detti requisiti, salvo il carattere esplicitamente alternativo di quelli di cui al punto 3, cfr. Cass., S.U., 7 aprile 2010, n. 8225).

 

Sono invece “enti aggiudicatori”, le “amministrazioni aggiudicatrici” o le imprese pubbliche che svolgono una delle attività, di cui agli articoli da 115 a 121, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), ovvero che – pur non rientrando fra le predette categorie e, quindi, in via residuale – svolgono le attività, specificate nelle medesime norme sopra citate, “in virtù di diritti speciali o esclusivi, concessi loro dall’autorità competente”. Rientrano fra tali attività, a norma dell’art. 120 del medesimo Codice, i servizi postali, nonché servizi anche diversi, alle condizioni di cui al precedente art. 8.

 

Ad avviso del Tar la qualificazione di Poste Italiane s.p.a. come organismo di diritto pubblico appare difficilmente confutabile.

Detta società è infatti subentrata, con intenti di efficientamento del servizio, alla preesistente amministrazione centrale, nata dopo l’unità d’Italia con l. 5 maggio 1862, n. 604 (cosiddetta riforma postale, che prevedeva offerta di servizi a tariffa unica su tutto il territorio nazionale), assumendo prima forma di ente pubblico economico, poi di società per azioni, in attuazione della l. 29 gennaio 1994, n. 71 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1 dicembre 1993, n. 487, recante trasformazione dell’Amministrazione delle poste e telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del Ministero). A norma dell’art. 1, comma 2, del citato d.l. n. 487 del 1993 spetta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) deliberare “in ordine alla proprietà ed al collocamento delle partecipazioni azionarie, favorendone la massima partecipazione tra i risparmiatori”. L’attuale società per azioni risulta controllata per una quota pari al. 29,26% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il 35% da Cassa Depositi e Prestiti e per la restante quota da investitori privati; la stessa – pur operando, oltre che nel settore dei servizi postali, anche in ambito finanziario, assicurativo e di telefonia mobile, in regime di concorrenza – è in ogni caso tuttora concessionaria del cosiddetto servizio postale universale (che implica la fornitura obbligatoria – con correlativi esborsi statali a parziale copertura degli oneri – di servizi essenziali di consegna di lettere e pacchi, ad un prezzo controllato, a tutti i Comuni italiani, come dimostra il preannuncio di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, in presenza della decisione di non recapitare più la posta a 4.000 Comuni, in quanto servizio ritenuto non remunerativo; cfr. anche al riguardo Cons. St., sez. III, 27 maggio 2014, n. 2720). Quanto sopra ai sensi dell’art. 1, d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, come modificato dall’art. 1, d.lgs. 31 marzo 2011, n. 58 (Attuazione della direttiva 97/67/CE, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio). Non può non ritenersi, pertanto, che la società in questione, dotata di personalità giuridica, sia stata istituita per soddisfare interessi generali, a carattere non industriale o commerciale, direttamente riconducibili alla libertà di corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, garantiti dall’art. 15 della Costituzione e sanciti anche a livello comunitario (requisiti sub 1 e 2 degli organismi di diritto pubblico).

 

Il Tar ha poi affrontato la questione della compatibilità con la normativa comunitaria (direttive nn. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE) della disciplina nazionale di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 50 del 2016 ove tale norma sia intesa, in conformità all’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nell’ordinanza n. 4899 del 2018 (vincolante nel diritto interno per le questioni di giurisdizione), come derogatoria per le imprese, che operano nei settori speciali, di cui alla parte II del Codice, dei principi generali enunciati nell’art. 1 e nel medesimo art. 3, comma 1 lettera a) del Codice stesso, per quanto riguarda l’obbligo di procedure contrattuali ad evidenza pubblica, ove il contratto da concludere non sia attinente alle attività proprie dei settori speciali. In altri termini, si tratta di verificare se i principi, siano o meno suscettibili di superamento, in funzione di una spiccata prevalenza degli interessi di natura industriale e commerciale su quelli, di interesse per la collettività, giustificativi dell’originaria istituzione dell’organismo di diritto pubblico, ovvero se il riferimento a detta istituzione – formalmente presente nel citato art. 3, comma 1, lett. d), punto n. 1, d.lgs. n. 50 del 2016 – debba essere ritenuto non superabile, anche per imprese operanti in ampio regime di concorrenza.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, SETTORI speciali

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri