Alla Corte di Giustizia l’autonomia finanziaria delle amministrazioni indipendenti fra fiscalità generale ed obblighi di contribuzione degli operatori del mercato

Alla Corte di Giustizia l’autonomia finanziaria delle amministrazioni indipendenti fra fiscalità generale ed obblighi di contribuzione degli operatori del mercato


Autorità amministrative indipendenti - Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Autonomia finanziaria – Mercato interno dei servizi postali comunitari - Rimessione alla Corte di Giustiziaù

 

            Sono rimesse alla Corte di Giustizia le questioni: se l’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e paragrafo 3, nonché l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, quale quella rilevante nell’ordinamento italiano (espressa dagli artt. 1, commi 65 e 66, l. 23 dicembre 2005, n. 266 e 65, d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, l. 21 giugno 2017, n. 96), che consente di porre esclusivamente a carico dei fornitori del settore postale, inclusi quelli che non forniscono servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, l’obbligo di contribuire finanziariamente ai costi operativi dell’autorità di regolamentazione per il settore postale, in tale modo ammettendo la possibilità di escludere qualsiasi forma di cofinanziamento pubblico a carico del bilancio statale; se l’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e l’art. 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, devono essere interpretati nel senso di consentire di annoverare tra i costi operativi finanziabili dai fornitori di servizi postali anche i costi da sostenere per attività di regolamentazione riguardanti servizi postali esulanti dall’ambito di applicazione del servizio universale, nonché i costi per strutture amministrative e di indirizzo politico (c.d. strutture “trasversali”) la cui attività, pur non essendo direttamente destinata alla regolamentazione dei mercati dei servizi postali, risulta comunque funzionale allo svolgimento di tutte le competenze istituzionali dell’Autorità, con conseguente possibilità di una sua attribuzione in via indiretta e parziale (pro quota) al settore dei servizi postali; se il principio di proporzionalità, il principio di non discriminazione, l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e terzo comma, nonché l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana (espressa dagli articoli 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e 65 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96), che impone di porre a carico dei fornitori del settore postale l’obbligo di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione per il settore postale, senza possibilità di distinguere la posizione dei fornitori dei servizi di corriere espresso dalla posizione dei fornitori del servizio universale e, dunque, senza possibilità di valorizzare la diversa intensità dell’attività di regolamentazione svolta dall’ANR in relazione alle differenti tipologie di servizi postali (1). 

 

(1) Ha ricordato la Sezione che la Corte di Giustizia con le sentenze del 16 novembre 2016 (in causa C-2/15, DHL Express (Austria) GmbH) e del 31 maggio 2018 (nelle cause riunite C-259/16 e C-260/16, Confetra) ha già fornito importanti precisazioni sulla corretta interpretazione dell’art. 9 della direttiva n. 67 del 1997, chiarendo che: - dall’analisi dell’impianto dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 97/67, emerge che il termine «autorizzazioni» usato in tale disposizione designa tanto le autorizzazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, di tale articolo, quanto quelle di cui al paragrafo 1 dello stesso (sentenza del 16 novembre 2016 cit., punto 28); - le attività spettanti alle autorità nazionali di regolamentazione riguardano il settore postale nel suo complesso e non solo le forniture di servizi che rientrano nel servizio universale (sentenza del 16 novembre 2016 cit., punto 29); - il ruolo e i compiti devoluti alle autorità nazionali di regolamentazione sono stati pensati dal legislatore dell’Unione come diretti ad avvantaggiare tutti gli operatori del settore postale, ragion per cui l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67, deve essere interpretato nel senso che tutti i fornitori di servizi postali possono, come contropartita, essere assoggettati all’obbligo di contribuire al finanziamento delle attività delle suddette autorità (sentenza del 16 novembre 2016 cit., punto 31); - la direttiva 97/67 non definisce quanto debba intendersi con «servizio di posta espressa», limitandosi a prevedere, al considerando 18, che «la differenza fondamentale tra servizio di posta espressa e servizio postale universale risiede nel valore aggiunto (in qualsiasi forma) che il servizio di posta espressa rappresenta ed è percepito dal cliente». I servizi di posta celere si differenziano dal servizio postale universale per il loro valore aggiunto fornito ai clienti, per il quale essi accettano di pagare di più. Prestazioni del genere corrispondono a servizi specifici, scindibili dal servizio di interesse pubblico, rispondenti ad esigenze specifiche di operatori economici e che richiedono prestazioni supplementari che il servizio postale tradizionale non offre (sentenza del 31 maggio 2018 cit., punti 37 e 38); - benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio, occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all’articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67. La circostanza, quindi, che detti servizi apportino, eventualmente, un valore aggiunto non è tale da far venir meno la loro qualità di «servizi postali», ai sensi della menzionata disposizione (sentenza del 31 maggio 2018 cit., punto 40). 

Alla stregua delle precisazioni fornite dalla Corte di Giustizia, deve dunque ritenersi chiaro (con conseguente insussistenza al riguardo dei presupposti per l’obbligo di un ulteriore rinvio pregiudiziale) che l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67/CE, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, quale quella italiana, che pone a carico di tutti i fornitori del settore postale, inclusi quelli che non forniscono servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, l’obbligo di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione per il settore postale (sentenza del 16 novembre 2016 cit. e sentenza del 15 giugno 2017, in causa C-368/15, Ilves Jakelu Oy).  

La Corte di Giustizia, parimenti, ha chiarito che l’articolo 2, punti 1, 1 bis, 6 e 19, e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale: - secondo cui le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali ai sensi dell’articolo 2, punto 1 bis, della menzionata direttiva (sentenza del 31 maggio 2018 cit.); - che impone a tutte le imprese di autotrasporto, di spedizione e di corriere espresso di disporre di un’autorizzazione generale per la fornitura di servizi postali, purché siffatta normativa sia giustificata da una delle esigenze essenziali elencate all’articolo 2, punto 19, della direttiva in parola e la medesima normativa rispetti il principio di proporzionalità, nel senso che sia tale da garantire l’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare (sentenza del 31 maggio 2018 cit.). 

Non sembra che dalla giurisprudenza unionale siano, invece, desumibili indicazioni certe in ordine alla possibilità di intendere l’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, direttiva 97/67 nel senso di legittimare: 1) un finanziamento dei costi operativi dell’ANR interamente a carico dei fornitori di servizi postali; 2) un finanziamento dei costi operativi soltanto in via indiretta riferibili alla regolamentazione del mercato dei servizi postali; 3) un onere contributivo indifferentemente gravante su tutti i fornitori di servizi postali, senza tenere conto delle differenze intercorrenti fra i fornitori dei servizi di corriere espresso e i fornitori di altri servizi postali. 

Sul finanziamento integrale dei costi operativi dell’ANR a carico del mercato di competenza. 

Un primo dubbio interpretativo concerne la possibilità di interpretare l’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, direttiva 97/67 nel senso di giustificare un finanziamento dei costi operativi dell’ANR interamente a carico dei fornitori di servizi postali, con esclusione di ogni forma di compartecipazione statale. 

Nei giudizi nazionali, come osservato, si controverte sulla legittimità di tre delibere con cui l’AGCOM, designata quale ANR del settore dei servizi postali, ha definito la misura della contribuzione a carico dei fornitori di servizi postali per gli anni 2017, 2018 e 2019 in maniera tale da fare gravare interamente su tali operatori l’onere di finanziamento dei costi operativi relativi alla regolamentazione del mercato di competenza; una tale forma di contribuzione, come rilevato ai punti 49 e seguenti della presente ordinanza, è ammessa dalla disciplina nazionale, in forza della quale il cofinanziamento statale di tali costi è considerato meramente eventuale. 

Come precisato nella stessa sentenza del 16 novembre 2016 cit., ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (punto 19). 

L’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, cit. consente di subordinare, se opportuno, la concessione delle autorizzazioni “all’obbligo di contribuire finanziariamente ai costi operativi delle autorità nazionali di regolamentazione di cui all’articolo 22”.  

La lettera della disposizione non sembra, ad una prima analisi, fornire indicazioni dirimenti ai fini interpretativi, richiamando soltanto la possibilità di una contribuzione dei fornitori di servizi postali al finanziamento dei costi operativi di un’ANR, senza precisare se sia possibile imputare in capo al mercato di competenza l’intero onere economico necessario per finanziare i relativi costi e se, dunque, possa escludersi una compartecipazione pubblica a carico del bilancio statale. Al riguardo, sembra, tuttavia, doversi tenere conto che, da un lato, la regola generale alla base della disposizione unionale è il finanziamento statale, occorrendo un’espressa previsione nazionale - all’esito di una valutazione di opportunità dello Stato membro- per porre i relativi oneri economici a carico del mercato, dall’altro, il quarto trattino cit. non prevede un obbligo di finanziare i costi operativi, ma un obbligo di “contribuire finanziariamente”, impiegando una espressione letterale che sembrerebbe significativa di un concorso finanziario (con altri soggetti) e, dunque, di un cofinanziamento dei relativi costi; per l’effetto, parrebbe potersi sostenere che, avuto riguardo alla lettera della disposizione, la contribuzione richiesta ai fornitori di servizi postali sia diretta ad assicurare una compartecipazione a spese altrimenti gravanti per intero sullo Stato, ai fini, dunque, di una riduzione (e non eliminazione) dell’onere finanziario a carico del bilancio statale. 

Una tale interpretazione pare confortata dal dato sistematico: il legislatore europeo, quando ha inteso ascrivere in capo agli operatori del mercato l’intero onere economico necessario per finanziare i costi operativi di un’Autorità Nazionale di Regolamentazione, sembra avervi espressamente provveduto; l’art. 12 direttiva 2002/20/CE, ad esempio, in relazione ai servizi di comunicazione elettronica, prevedeva che i diritti amministrativi imposti alle imprese che prestano servizi o reti ai sensi dell'autorizzazione generale o che hanno ricevuto una concessione dei diritti d'uso “coprono complessivamente i soli costi amministrativi che saranno sostenuti per la gestione, il controllo e l'applicazione del regime di autorizzazione generale, dei diritti d'uso e degli obblighi specifici di cui all'articolo 6, paragrafo 2,…”. Emerge, dunque, una previsione che consentiva di gli definire oneri economici a carico delle imprese in misura tale da coprire “complessivamente” i costi operativi elencati dal legislatore (cfr. oggi art. 16 Direttiva (UE) 2018/1972). Al riguardo, la Corte di Giustizia, pure alla luce della formulazione del testo normativo, ha confermato che il gettito complessivo di tali diritti percepito dagli Stati membri non poteva eccedere il totale dei costi relativi a dette attività (ordinanza del 29 aprile 2020, in causa C-399/19, punto 45), ammettendo, dunque, che i diritti amministrativi, pure non potendo eccedere, potessero comunque interamente finanziare i costi operativi dell’ANR contemplati dal legislatore europeo. 

Una previsione analoga non è invece contenuta nella direttiva 97/67, ragion per cui, alla luce del principio ermeneutico “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, la circostanza per cui il legislatore europeo abbia avvertito l’esigenza di prevedere la possibilità di una copertura complessiva dei costi operativi solo in relazione al mercato delle comunicazioni elettroniche, potrebbe manifestare una volontà contraria per il differente mercato dei servizi postali, in cui, non essendo specificata la possibilità di una copertura complessiva dei costi da finanziare, dovrebbe ammettersi soltanto una contribuzione non esclusiva dei fornitori di servizi postali, ferma rimanendo la perdurante necessità di un cofinanziamento a carico del bilancio statale. 

Una tale interpretazione potrebbe pure apparire maggiormente compatibile con il principio di proporzionalità, richiamato dall’art. 9, paragrafo 3, della direttiva 97/67 – utilmente valorizzabile anche ai fini interpretativi, per una corretta ricostruzione della portata applicativa del diritto unionale –, in quanto volta a determinare un minore sacrificio in capo agli operatori di mercato. 

Anche l’elemento teleologico sembra consentire una lettura dell’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, cit. nel senso di ammettere una contribuzione dei fornitori di servizi postali non esclusiva. 

Il Considerando n. 39 della direttiva 97/67 e il considerando n. 47 della direttiva 2008/6 richiamano la necessità di separare le funzioni di regolamentazione da quelle di gestione, essendo necessario assicurare che le funzioni di autorità nazionale di regolamentazione siano attribuite ad organismi indipendenti in maniera da garantire l’imparzialità delle loro decisioni. Sebbene il requisito dell’indipendenza lasci impregiudicata l’autonomia istituzionale e gli obblighi costituzionali degli Stati membri, le autorità nazionali di regolamentazione devono comunque essere dotate “di tutte le risorse necessarie, sul piano del personale, delle competenze e dei mezzi finanziari, per l’assolvimento dei compiti loro assegnati” (considerando n. 47 cit.). 

Nella ricostruzione dello statuto delle Autorità nazionali di regolamentazione assume, dunque, particolare rilievo anche il requisito dell’indipendenza finanziaria, rappresentando la disponibilità di risorse finanziarie adeguate a garantire l’espletamento dei compiti assegnati dal legislatore europeo all’ANR un elemento suscettibile di condizionare in misura rilevante le modalità di azione dell’Autorità e, in ultima analisi, la possibilità che la stessa operi con indipendenza di giudizio e di valutazione, senza subire alcuna influenza politica, pubblica o dei singoli operatori privati (cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Libro bianco sui servizi di interesse generale - COM/2004/0374 def – in cui si sottolinea l’importanza che gli Stati membri tengano conto delle funzioni sempre più complesse delle autorità di regolamentazione e forniscano a queste ultime tutte le risorse e gli strumenti necessari). 

Di regola, il finanziamento dei costi di un’ANR può avvenire attraverso il mercato o la fiscalità generale: l’impiego esclusivo di una sola fonte di finanziamento, tuttavia, non sembra garantire pienamente l’indipendenza dell’Autorità, potendo generare fenomeni di cd. “cattura del regolatore”; ciò, non soltanto da parte della politica, qualora si propenda per un finanziamento integrale a carico del bilancio statale - che imporrebbe all’Autorità di rivolgersi periodicamente al decisore politico per ottenere l’assegnazione delle risorse ritenute necessarie per la propria operatività, con conseguente emersione di una dipendenza finanziaria dell’ANR verso i pubblici decisori (profilo pure valorizzato dall’AGCOM in sede nazionale) -, ma anche da parte del mercato, ove il finanziamento sia esclusivamente posto a carico degli operatori regolati o vigilati, specie in contesti connotati dalla presenza di pochi operatori o di operatori di rilevanti dimensioni in grado di atteggiarsi quali grandi contribuenti dell’Autorità.  

Anche in tali ultime ipotesi potrebbe emergere, di fatto, un nesso di dipendenza finanziaria dell’Autorità dagli operatori sottoposti a regolamentazione: la scelta di omettere o di ritardare il pagamento dei contributi, assunta pure da un numero esiguo di operatori dominanti nel settore, potrebbe infatti privare l’ANR delle risorse necessarie, sul piano dei mezzi finanziari, per l’assolvimento dei compiti alla stessa assegnati, minando in tale modo la capacità dell’Autorità di operare con indipendenza di valutazione e di giudizio. Del resto, il riferimento, recato dall’art. 22, par. 1, della direttiva n. 67 del 1997 all’indipendenza “dagli operatori postali” non sembra possa intendersi soltanto come necessaria separazione giuridica e funzionale delle attività di gestione e di regolamentazione, emergendo una generale esigenza di evitare condizionamenti di qualunque natura (e, dunque, anche finanziari) esercitabili dagli operatori di mercato nei confronti dell’Autorità, altrimenti venendo pregiudicato il ruolo di garanzia alla stessa riservato.  

Tali problematiche sembrano essersi verificati nel caso di specie, avendo l’AGCOM dedotto nei propri scritti difensivi, che “Dal 2012, infatti, (anno dal quale l’AGCom è operante quale autorità di regolazione anche del mercato postale) l’Autorità non ha potuto registrare alcun incasso a fronte di spese comunque sostenute per l’attività di regolazione svolta” (tra le altre, memoria del 7 dicembre 2020 depositata nell’ambito del giudizio nazionale n.r.g. 8028 del 2020, pag. 23), tanto che l’Autorità è stata costretta a coprire “i relativi costi attingendo a pregresse riserve legali e anticipando somme ricevute ad altri fini per finanziare le attività dedicate al settore dei servizi postali, così peraltro ponendosi la delicata questione del vincolo di destinazione delle somme versate dagli operatori di ciascun settore alla copertura esclusiva dei relativi costi (e non quelli relativi ad altri settori) […] È da escludersi, pertanto, che l’Autorità abbia la possibilità non soltanto materiale, ma anche giuridica, di proseguire le attività di ANR del settore dei servizi postali e di fare altrimenti fronte all’ormai enorme deficit registrato negli anni 2012-2016 in cui la contribuzione non è stata versata per le competenze svolte per tale settore, ove anche per l’annualità 2019 (e quelle successive) i corrieri espresso continuassero a sottrarsi al pagamento, nonostante l’adozione di un nuovo sistema contributivo” (pag. 26 della stessa memoria del 7 dicembre 2020); il che conferma come un sistema di finanziamento dei costi operativi a carico del solo mercato di competenza possa effettivamente minare l’indipendenza (finanziaria) dell’ANR garantita dal diritto unionale. 

Nell’interpretazione del dato positivo non sembra, dunque, potersi prescindere dalla necessità di assicurare un fondamentale obiettivo di interesse generale sotteso alla istituzione delle autorità nazionali di regolamentazione, dato dall’indipendenza, anche finanziaria, di tali organismi di garanzia. 

Anche l’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, cit. pare, dunque, debba essere inteso in maniera da garantire lo statuto di indipendenza (pure sotto i profili finanziari) dell’ANR: a fronte di espressioni letterali non dirimenti per la ricostruzione della portata precettiva della norma, sembrerebbe preferibile un’interpretazione che tenda ad assicurare l’indipendenza finanziaria dell’Autorità, evitando un sistema di contribuzione incentrato in esclusiva sul concorso degli operatori di mercato: le esigenze di tutela sottese alla previsione in esame e, più in generale, alla istituzione di un’ANR, potrebbero essere infatti maggiormente garantite ritenendo possibile per gli Stati membri istituire un sistema contributivo a carico dei fornitori di servizi postali per il finanziamento dei costi operativi dell’Autorità, ferma rimanendo la perdurante necessità di un cofinanziamento pubblico nella misura da determinare nel rispetto dei principi di cui all’art. 9, paragrafo 3, cit. 

Si chiede, pertanto, di chiarire se l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e paragrafo 3, nonché l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, quale quella rilevante nell’ordinamento italiano (espressa dagli articoli 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e 65 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96), che consente di porre esclusivamente a carico dei fornitori del settore postale, inclusi quelli che non forniscono servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, l’obbligo di contribuire finanziariamente ai costi operativi dell’autorità di regolamentazione per il settore postale, in tale modo ammettendo la possibilità di escludere qualsiasi forma di cofinanziamento pubblico a carico del bilancio statale. 

La soluzione del quesito interpretativo in parola rileva nell’ambito dei giudizi nazionali, tenuto conto che, in caso di riscontro positivo, le delibere dell’AGCOM per cui è causa non potrebbero ritenersi fondate su una disciplina compatibile con il diritto unionale; con la conseguenza che non potrebbe essere tutelata in giudizio la pretesa dell’AGCOM di ascrivere in capo agli operatori del mercato l’intero onere economico necessario per la copertura dei propri costi operativi. 

 

3.2 Sul finanziamento dei costi operativi dell’ANR indirettamente riconducibili alle funzioni di regolamentazione del mercato di competenza. 

Un ulteriore dubbio interpretativo posto dal diritto unionale concerne la nozione di costi operativi accolta dall’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, direttiva 97/67/CE, non essendo chiaro, in particolare, se in tale nozione possano essere compresi i soli costi direttamente riferibili alla regolamentazione del mercato di competenza ovvero anche i costi indirettamente riferibili a tali compiti. Tenuto conto delle censure svolte in ambito nazionale, si ritiene opportuno chiedere, altresì, una conferma circa la possibilità di includere, tra i costi operativi finanziabili, anche i costi generati da attività di regolamentazione dei servizi di corriere espresso. 

Alla luce di quanto emergente dal contenuto dispositivo delle delibere e dalle relazioni tecnico-finanziarie predisposte dall’Autorità per la contribuzione relativa agli anni 2017 (doc. 4) e 2018 (doc. 5) acquisite in atti, l’entità del contributo annuale è stata determinata tenendo conto della stima delle spese di funzionamento che sarebbero state complessivamente sostenute dall’Autorità nell’anno di riferimento, in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale (con esclusione, dunque, delle spese riferite ad altri settori parimenti regolati dall’Autorità, quali le comunicazioni elettroniche e i servizi media).  

I costi delle attività di regolamentazione dei mercati dei servizi postali sono stati determinati attraverso l’attribuzione a tale settore delle spese relative ai centri di costo dell’Autorità concernenti: - le strutture operative (c.d. “core”), per le quali l’attività svolta dal relativo personale è direttamente destinata allo svolgimento dei compiti di regolazione, vigilanza e controllo dei mercati dei servizi postali; - le strutture amministrative e di indirizzo politico (c.d. strutture “trasversali”), la cui attività risulta funzionale allo svolgimento di tutte le competenze istituzionali dell’Autorità (Consiglio e relativo staff, Gabinetto, Segretariato Generale, Servizio sistema dei controlli interni, Servizio giuridico, Servizio programmazione, bilancio e digitalizzazione, nonché Servizio risorse umane e strumentali).  

 

Dai dati emergenti dalla documentazione in atti, tali spese sono state stimate in circa: 9,1 milioni di euro per l’anno 2017, di cui 5,863 milioni di euro per “spese direttamente attribuibili” in relazione alle strutture operative c.d. core (€ 4,266 milioni per spese per il personale ed € 1,597 milioni per spese di funzionamento e per acquisizioni di beni e servizi strumentali ad attività per il settore dei servizi postali) e 3,278 milioni di euro per spese indirettamente attribuibili (relative a strutture amministrative e di indirizzo politico trasversale); 9,3 milioni di euro per l’anno 2018, di cui 5,631 milioni di euro per “spese direttamente attribuibili” in relazione alle strutture operative c.d. core (€ 4,149 milioni per spese per il personale ed € 1,482 milioni per spese di funzionamento e per acquisizioni di beni e servizi strumentali ad attività per il settore dei servizi postali) e 3,648 milioni di euro per spese indirettamente attribuibili (relative a strutture amministrative e di indirizzo politico trasversale). 

Le spese delle strutture operative direttamente impegnate nella regolazione dei mercati dei servizi postali, che danno luogo a spese direttamente attribuibili al settore, includono i costi sostenuti con riferimento all’unità organizzativa dell’Autorità istituzionalmente competente, la Direzione servizi postali, e ad altre unità organizzative dell’Autorità, in tale caso per la quota di attività specificatamente riconducibile al settore dei servizi postali (Servizio economico e statistico, Servizio rapporti con la UE ed attività internazionale, Servizio Ispettivo, registri e Co.re.com). Quanto alle spese per acquisto di beni e servizi strumentali allo svolgimento delle competenze istituzionali dell’Autorità in tema di regolazione del settore dei servizi postali, l’Autorità ha ritenuto di computare la quota parte delle spese di funzionamento generale dell’Autorità allocate alle diverse strutture organizzative in ragione della consistenza del personale incardinato (metodo pro-capite). 

Le spese indirettamente attribuibili al settore dei servizi postali, invece, sono state individuate mediante un’operazione di ribaltamento su tale settore della quota/parte delle spese sostenute dai centri di costo che svolgono attività trasversale ai tre settori regolati, tenuto conto dell’incidenza percentuale delle risorse umane impiegate nello svolgimento di attività relative al settore dei servizi postali sul numero complessivo delle risorse umane impegnate direttamente nella regolazione dei settori delle comunicazioni elettroniche, media e postale.  

Alcuni operatori economici hanno dubitato della possibilità di ricondurre alla portata dell’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della menzionata direttiva, da un lato, i costi sostenuti per lo svolgimento di attività di regolamentazione in relazione a servizi esulanti dall’ambito di applicazione del servizio universale, dall’altro, i costi (di carattere generale, come ad esempio i costi del Consiglio e dello staff, i costi del Servizio Bilancio, i costi degli immobili, ecc.) sostenuti dall’Autorità per attività diverse da quelle operative e non generati dalla, o strettamente connessi alla, regolamentazione del settore postale. 

Al riguardo, la disciplina nazionale, recata dall’art. 65 d.l. 24 aprile 2017, n. 50 cit. fa riferimento alle “spese di funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale”, impiegando una espressione letterale (spese di funzionamento) che deve ritenersi coerente con quella prevista dal diritto unionale, incentrata sulla nozione di “costi operativi”. 

Occorre, dunque, verificare la corretta interpretazione di tale nozione del diritto unionale, in quanto il significato precettivo ad essa attribuibile deve essere preso in esame anche per l’applicazione della corrispondente disciplina nazionale. 

Anche in tale caso, da un lato, non sembra che il dato letterale fornisca sicure indicazioni, non avendo chiarito il legislatore europeo cosa si intenda per “costi operativi”; dall’altro, emergono significative differente rispetto alla disciplina dettata in relazione ad altri settori economici (quale quello delle comunicazioni elettroniche), per i quali il legislatore europeo ha elencato la tipologia di costi suscettibili di finanziamento a carico del mercato (cfr. art. 12 della direttiva 2002/20 in cui vi è un elenco dei costi compresi tra quelli finanziabili con i diritti amministrativi posti a carico degli operatori economici) . 

Lo scopo della disciplina in tema di costi operativi sembra, invero, quello di garantire l’indipendenza finanziaria dell’ANR, assicurando il finanziamento di tutti i costi che la stessa Autorità deve comunque sostenere per lo svolgimento della missione istituzionale alla stessa affidata dalla direttiva n. 67 del 1997. 

Tra tali costi sembrano, pertanto, dovere essere compresi anche: a) i costi sostenuti in relazione ai servizi esulanti dall’ambito di applicazione del servizio universale, facendosi comunque questione di servizi postali soggetti all’ambito di applicazione della direttiva n. 67 del 97, sottoposti, dunque, all’attività di regolamentazione svolta dall’ANR; come precisato dalla Corte di Giustizia (punto 31 della sentenza DHL Austria cit., in causa C-2/15), il ruolo e i compiti devoluti alle autorità nazionali di regolamentazione sono stati pensati dal legislatore dell’Unione come diretti ad avvantaggiare tutti gli operatori del settore postale, con la conseguenza che anche i servizi esulanti dalla portata applicativa del servizio universale devono ritenersi influenzati dalle attività istituzionali dell’ANR; per l’effetto, non sembra prospettabile, ai fini della determinazione dei costi operativi finanziabili ex art. 9, par. 2, secondo comma, quarto trattino, cit., una differenziazione tra attività di regolamentazione riferite al servizio universale a attività riguardanti ulteriori servizi postali; b) i costi sostenuti dalle strutture amministrative e di indirizzo politico (c.d. strutture “trasversali”), la cui attività è funzionale allo svolgimento di tutte le competenze istituzionali dell’Autorità, ivi comprese quelle relative alla regolamentazione del settore postale: tali costi, infatti, pro quota, dovrebbero poter essere finanziati con i contributi previsti dall’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, cit., in quanto afferiscono pur sempre a strutture amministrative essenziali per permettere all’Autorità di poter operare, altresì, nel mercato postale. Una diversa interpretazione condurrebbe a privare l’ANR di quelle risorse finanziarie necessarie per l’assolvimento dei compiti alla stessa assegnati, in violazione di quanto previsto dal considerando n. 47 della direttiva n. 6 del 2008 cit. 

L’Autorità, peraltro, sembra avere correttamente inteso la disciplina unionale, in quanto ha imputato agli operatori del mercato tali costi indiretti, tenendo conto dell’incidenza percentuale delle risorse umane impiegate nello svolgimento di attività relative al settore dei servizi postali sul numero complessivo delle risorse umane impegnate nella regolazione dei settori delle comunicazioni elettroniche, media e postale: in tale maniera, è stata assicurata la valorizzazione di costi operativi concernenti le sole attività amministrative effettivamente deputate a servizio della regolamentazione del settore postale (dunque, funzionali alle relative attività di regolazione, controllo e vigilanza). 

Si chiede, dunque, di precisare se l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, devono essere interpretati nel senso di consentire di annoverare tra i costi operativi finanziabili dai fornitori di servizi postali anche i costi da sostenere per attività di regolamentazione riguardanti servizi postali esulanti dall’ambito di applicazione del servizio universale, nonché i costi per strutture amministrative e di indirizzo politico (c.d. strutture “trasversali”) la cui attività, pur non essendo direttamente destinata alla regolamentazione dei mercati dei servizi postali, risulta comunque funzionale allo svolgimento di tutte le competenze istituzionali dell’Autorità, con conseguente possibilità di una sua attribuzione in via indiretta e parziale (pro quota) al settore dei servizi postali. 

La soluzione di tale quesito rileva nei giudizi nazionali, in quanto se dovesse accogliersi una nozione restrittiva di costi operativi, dovrebbero essere accolti quei motivi di appello che, facendo leva su un’indebita estensione degli obblighi contributivi operata dall’Autorità, tendono a denunciare l’impossibilità di giustificare il finanziamento anche dei costi riferiti ad attività non afferenti al servizio universale o dei costi riferibili alla regolamentazione del settore postale soltanto in via indiretta. 

Sul finanziamento dei costi operativi dell’ANR con un prelievo contributivo indifferentemente riferibile ai fornitori dei servizi di corriere espresso e ai fornitori di altri servizi postali. 

 

Un ulteriore dubbio interpretativo riguarda la possibilità di intendere l’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e terzo comma, nonché l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE nel senso di legittimare un prelievo contributivo indifferentemente riferibile ai fornitori dei servizi di corriere espresso e ai fornitori del servizio universale. 

Come emerge dalle delibere impugnate nei giudizi nazionali, la base imponibile dell’obbligo contributivo è stata individuata nell’insieme dei ricavi realizzati dalla vendita dei servizi postali la cui fornitura è subordinata al rilascio di licenza o autorizzazione generale ai sensi degli articoli 5 e 6 d. lgs. n. 261 del 1999: in ambito nazionale, l’art. 5 regola la licenza individuale per singoli servizi non riservati, rientranti nel campo di applicazione del servizio universale, mentre l’art. 6 ha ad oggetto l’autorizzazione generale prevista per l’offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale (con locuzione riferibile all’offerta dei servizi postali, ivi inclusi i servizi di corriere espresso, al pubblico dei mittenti, a prescindere dalle modalità di negoziazione, per adesione o previa trattativa ai fini della definizione del contenuto contrattuale). La relazione tecnica riferita alla contribuzione per l’anno 2017 prevede espressamente la definizione di una base contributiva imponibile comprendente anche i ricavi di Poste Italiane s.p.a., costituente l’operatore cui è affidato il servizio universale ex art. 23, comma 2, d. lgs. n. 216 del 1999. 

Ne discende che l’AGCOM ha reputato di ascrivere l’onere contributivo per cui è causa indifferentemente ad operatori affidatari del servizio universale, titolari di licenza individuale o titolari di autorizzazione generale.  

Tale decisione è coerente con la normativa nazionale (come recata dagli artt. 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e 65 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96), che rimette all’ANR la determinazione della misura e delle modalità della contribuzione - nel limite massimo del 2 per mille dei ricavi risultanti dal bilancio approvato precedentemente alla adozione della delibera – senza consentire una differenziazione tra gli operatori economici in ragione della tipologia del servizio fornito. 

 

Occorre, al riguardo, evidenziare come, alla stregua di quanto precisato dal considerando 18 della direttiva 97/67/CE cit., sussista una “differenza fondamentale” tra servizio di posta espressa e servizio postale universale, individuata nel valore aggiunto (in qualsiasi forma) che il servizio di posta espressa rappresenta ed è percepito dal cliente. Anche la Corte di Giustizia ha precisato che “i servizi di posta celere si differenziano dal servizio postale universale per il loro valore aggiunto fornito ai clienti, per il quale essi accettano di pagare di più. Prestazioni del genere corrispondono a servizi specifici, scindibili dal servizio di interesse pubblico, rispondenti ad esigenze specifiche di operatori economici e che richiedono prestazioni supplementari che il servizio postale tradizionale non offre” (sentenza del 31 maggio 2018, nelle cause riunite C-259/16 e C-260/16, punto 38). 

Premesso che anche i fornitori dei servizi di corriere espresso costituiscono fornitori di servizi postali, ai sensi dell’articolo 2, punto 1 bis, della direttiva 97/67/CE e che, dunque, gli stessi operatori sono assoggettabili agli obblighi di contribuzione finanziaria per cui è causa, occorre verificare se, in ragione della “differenza fondamentale” intercorrente fra i fornitori dei servizi di corriere espresso e i fornitori del servizio universale, sia giustificato sottoporre al medesimo trattamento contributivo entrambe le categorie di operatori economici: ciò, tenuto conto che, come rilevato dalla Corte di Giustizia, il fondamento della sottoposizione all’obbligo contributivo sembrerebbe doversi rinvenire (altresì) nel vantaggio che l’operatore del settore postale trae dal ruolo e dai compiti devoluti alle ANR (sentenza del 16 novembre 2016, in causa C-2/15, punto 31). 

Tali compiti implicano differenti attività a seconda che vengano svolte nei confronti dei fornitori di servizi di corriere espresso o del servizio universale (cfr. articoli 3, 14, 16 direttiva 97/67/E che regolano le attività suscettibili di essere svolte dalle ANR solo in relazione alla fornitura del servizio universale), con la conseguente emersione di un diverso impegno istituzionale, suscettibile di ripercuotersi anche in una diversa incidenza dei costi operativi sostenuti dall’ANR, a seconda che la missione istituzionale alla stessa affidata sia rivolta ai fornitori dei servizi di corriere espresso o ai fornitori di servizi rientranti nel campo di applicazione del servizio universale. 

 

L’art. 9, paragrafo 3, direttiva n. 97/67 prevede la necessità che le procedure, gli obblighi e i requisiti di cui ai paragrafi 1 e 2 siano, tra l’altro, proporzionati e non discriminatori.  

La giurisprudenza della Corte di Giustizia è ferma nel ritenere il principio di proporzionalità, uno dei principi generali del diritto facenti parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione: “essi devono essere rispettati dalle istituzioni dell’Unione, ma altresì dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive dell’Unione” (Corte di Giustizia U.E., sentenza del 30 gennaio 2019, Planta Tabak-Manufaktur, in causa C - 220/17, punto 78). In particolare, secondo il principio di proporzionalità, le norme stabilite dagli Stati membri o dalle pubbliche amministrazioni in applicazione delle direttive europee devono essere idonee a garantire la realizzazione dello scopo perseguito e non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da tali direttive (cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 14 maggio 2020, in causa C-263/19, T-Systems Magyarország Zrt, punto 71). 

La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha pure precisato che il principio di non discriminazione, costituente parte integrante dei principi generali di diritto dell’Unione, si impone alla normativa nazionale che rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione o che comunque lo applica (Corte di Giustizia, sentenza del 12 dicembre 2019, in causa C 376/18, Slovenské elektrárne, punto 36). La disparità di trattamento, perché possa assumere rilevanza invalidante, implica, tra l’altro, la comparabilità delle fattispecie in raffronto, da accertare non in maniera generale e astratta, bensì in modo specifico e concreto in riferimento alla prestazione di cui trattasi (Corte di Giustizia, sentenza del 19 luglio 2017, in causa C-143/16, Abercrombie, punto 25). 

Occorre, dunque, chiarire se il principio di proporzionalità e di non discriminazione, alla stregua di quanto previsto dall’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, impongano di commisurare la contribuzione dovuta dagli operatori economici al carico regolatorio cui ciascun fornitore di servizi postali è sottoposto, variabile a seconda che si faccia riferimento ai fornitori del servizio universale o ai fornitori di diversi servizi postali, soggetti ad una differente attività di regolamentazione svolta dall’Autorità nazionale. 

 

Le parti private nelle cause principali ritengono che una contribuzione uniforme per i fornitori dei servizi di corriere espresso - quali sono gli appellanti nei giudizi nazionali - e i fornitori di altri servizi postali, in specie del servizio universale, da un lato, determinerebbe la violazione del principio di non discriminazione, in quanto assoggetterebbe allo stesso trattamento fattispecie tra loro differenti, dall’altro, produrrebbe un sacrificio eccessivo a carico dei fornitori dei servizi di corriere espresso, in quanto la relativa attività, non generando un costo operativo a carico dell’Autorità o comunque determinando un costo ridotto in ragione di una minore intensità dell’attività di regolamentazione al riguardo svolta dall’Autorità, non potrebbe essere assoggettata ad obbligazione contributiva o, comunque, dovrebbe esservi assoggettata per un importo proporzionato rispetto al carico regolatorio gravante sulle rispettive attività economiche. 

Tali doglianze non sembrano meritevoli di favorevole apprezzamento, in quanto presuppongono la sussistenza di un vincolo sinallagmatico tra attività di regolamentazione e obbligo contributivo, quando, invece, il contributo non sembra giustificarsi in ragione di un rapporto di corrispettività con le funzioni pubblicistiche istituzionali dell'AGCOM al cui finanziamento è finalizzato: sembra, infatti, si sia in presenza di una contribuzione connotata dal carattere coattivo, dovuta indipendentemente dal fatto che il contribuente sia stato destinatario dei poteri dell’Autorità o abbia beneficiato della sua attività, con la conseguente inammissibilità, a giudizio di questo Consiglio di Stato, di differenziazioni sulla base del diverso carico regolatorio cui ciascun operatore è assoggettato. 

Non emergendo, tuttavia, al riguardo una condizione di esonero dall’obbligo di rinvio pregiudiziale alla stregua dei chiarimenti forniti dalla giurisprudenza unionale (punti 28 e ss. della presente ordinanza), si chiede se il principio di proporzionalità, il principio di non discriminazione, l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e terzo comma, nonché l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana (espressa dagli articoli 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e 65 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96), che impone di porre a carico dei fornitori del settore postale l’obbligo di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione per il settore postale, senza possibilità di distinguere la posizione dei fornitori dei servizi di corriere espresso dalla posizione dei fornitori del servizio universale e, dunque, senza possibilità di valorizzare la diversa intensità dell’attività di regolamentazione svolta dall’ANR in relazione alle differenti tipologie di servizi postali. 

La soluzione di tale quesito rileva nei giudizi nazionali, in quanto se dovesse ravvisarsi la necessità, ai fini della sottoposizione all’obbligo contributivo, di una differenziazione degli operatori del servizio postale in ragione del diverso carico regolatorio cui ciascuno è sottoposto (differente a seconda che si faccia questione di fornitori dei servizi di corriere espresso o del servizio universale), dovrebbe affermarsi l’incompatibilità unionale della base giuridica delle delibere impugnate nelle cause principali; con conseguente impossibilità di tutelare in giudizio la pretesa contributiva fatta valere dall’Autorità in via indifferenziata nei confronti di tutti i fornitori di servizi postali, ivi comprese le odierne parti private appellanti.

 

 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

AUTORITÀ amministrative indipendenti, AUTORITÀ per le garanzie nelle comunicazioni

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri