Alla Corte costituzione la legge provvedimento sul Piano Faunistico Venatorio del Veneto

Alla Corte costituzione la legge provvedimento sul Piano Faunistico Venatorio del Veneto


Caccia – Piano faunistico territoriale – Legge provvedimento - Irragionevolezza - Questione legittimità costituzionale

 

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge regionale del Veneto n. 2 del 2022, che approva con legge il Piano faunistico venatorio del Veneto, e degli allegati B) e C) della medesima legge, questi ultimi nella parte in cui escludono il territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla Zona Faunistica della Alpi, per violazione degli articoli 3, 24, 25, 97, 100, 111, 113 e 117, primo comma - quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – nonché 117, secondo comma, lett. s) e 123 della Costituzione, secondo quanto precisato in motivazione (1)

 

Ha, in particolare, chiarito il T.a.r. che la giurisprudenza della Corte costituzionale ammette che la legge ordinaria possa non solo prevedere, ma anche provvedere. Ma ciò non può avvenire senza il rispetto di una serie di limiti da accertare attraverso uno “scrutinio stretto, ovverosia particolarmente severo, poiché in norme siffatte è insito il pericolo di un arbitrio, connesso alla potenziale deviazione, in danno di determinati soggetti, dal comune trattamento riservato dalla legge a tutti i consociati (ex plurimis, sentenze n. 1872 del 2017 e n. 64 del 2014)” (così Corte Cost. 27 luglio 2020 n. 168, n. 15, parte in diritto). Non solo: la necessità di uno scrutinio stretto nasce anche e soprattutto dal fatto che sotto più profili la tutela giurisdizionale viene ad essere dequotata e nello stesso tempo si incide sulla naturale e fisiologica elasticità dell’azione amministrativa (v. ancora Corte Cost. n. 116 del 2020 che richiama, tra l’altro, le sentenze n. 20 del 2012 e n. 258 del 2019). I dubbi di costituzionalità nascono anzitutto dal fatto che nell’ordinamento nazionale e regionale il Piano faunistico venatorio ha tutte le caratteristiche per poter essere inquadrato tra gli atti naturaliter amministrativi. Sul punto vi è ormai una consolidata lettura da parte della stessa Corte Costituzionale la quale ha rilevato la incostituzionalità per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), dell’approvazione dei calendari venatori con legge anziché con provvedimento amministrativo, perché un vincolo di riserva di amministrazione è rinvenibile

nell’art. 18 della legge n. 157 del 1992, la quale contempla una serie di valutazioni tecniche inserite in un procedimento amministrativo, al termine del quale la Regione è tenuta a provvedere nella forma tipica con cui si concludono i procedimenti amministrativi. Ma identiche considerazioni debbono essere svolte rispetto al Piano faunistico venatorio. L’art. 10 della legge n. 157 del 1992 stabilisce infatti che tale piano costituisce un atto generale, disciplinandone minuziosamente i contenuti, e stabilendo al comma 10 che le Regioni debbano attuare la pianificazione mediante il coordinamento dei piani provinciali secondo i criteri dettati dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica, vincolandone esplicitamente i contenuti a criteri tecnico-scientifici. Del resto la Corte Costituzionale ha già affermato in modo espresso con la sentenza n. 174 del 2017 che per il Piano faunistico venatorio il legislatore statale ha previsto una riserva di approvazione mediante atto amministrativo. In quel caso la Regione Veneto, con l’art. 66, commi 1 e 2, della legge regionale 27 giugno 2016, n. 18, era intervenuta ad attrarre a livello legislativo un ambito di disciplina in materia di addestramento e allenamento dei cani da caccia, che l’art. 10, comma 8, lett. e), della legge n. 157 del 1992, riserva al Piano faunistico venatorio. Vi è contrasto con il principio fondamentale della materia che prevede l’approvazione del piano faunistico con atto amministrativo, tanto più considerato che si versa in materia di ambiente riservata alla competenza esclusiva della legge dello Stato. Come affermato più volte dalla Corte Costituzionale, la caccia e la tutela delle specie protette rientrano all’ambito materiale dell’art. 117, secondo comma, lett. s) (cfr., Corte Cost. n. 313 del 2000; n. 233 del 2010; n. 191 del 2011). In tal maniera si determina infatti la violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), perché la Regione ha violato il vincolo di carattere procedimentale imposto dal legislatore statale in una materia di competenza esclusiva, concernente la fissazione dei livelli minimi di tutela ambientale, e che prevede l’obbligo per le Regioni di approvare il Piano faunistico venatorio con atto amministrativo. Ciò si traduce anche in irragionevolezza in quanto la legge provvedimento investe una materia tipicamente di natura amministrativa. Né si ravvisano ragioni idonee a suffragare la scelta della natura amministrativa che di per sé, per quanto già detto, riduce la pienezza e la effettività della tutela, ragioni tali da giustificare la sostituzione con la legge provvedimento, in una materia affidata alla legge dello Stato e dallo stesso Statuto regionale alla disciplina a livello amministrativo. Difatti la scelta del ricorso alla legge anziché al provvedimento non risulta essere accompagnata da alcuna motivazione (sul punto nulla viene precisato nella relazione di accompagnamento al progetto di legge n. 77 del 2021, divenuto la legge regionale n. 2 del 2022, né nella relazione al Piano faunistico di cui all’allegato C della legge)


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

CACCIA e protezione della fauna, PIANO faunistico territoriale

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri