Alla Corte costituzionale la norma del decreto rilancio che ha imposto il divieto di proporre azioni esecutive contro gli enti del Servizio sanitario nazionale fino al 31 dicembre 2021

Alla Corte costituzionale la norma del decreto rilancio che ha imposto il divieto di proporre azioni esecutive contro gli enti del Servizio sanitario nazionale fino al 31 dicembre 2021


Processo amministrativo -  Giudizio di ottemperanza - Contro gli enti del Servizio sanitario nazionale – Disposizione emergenziale Covid – Art. 117, comma 4, d.l. n. 34 del 2020 - Divieto fino al 31 dicembre 2021 - Violazione degli artt. 24, commi 1 e 2, 111, comma 2, e 3, Cost. – Rilevanza e non manifesta infondatezza. 

        E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, per violazione degli artt. 24, commi 1 e 2, 111, comma 2, e 3, Cost., nella parte in cui ha imposto, per fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria da Covid-19, il divieto di proporre contro gli enti del Servizio sanitario nazionale azioni esecutive, tra cui l’azione di ottemperanza di cui agli artt. 112 e segg. c.p.a., prorogando, per continuare a rispondere al bisogno emergenziale, l’iniziale termine del 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 senza considerare, a favore del creditore, paralleli meccanismi di tutela per equivalente (1). 


 

(1) V. anche Tar Reggio Calabria, ord., 31 marzo 2021, n. 229, differente dalla n. 228 solo per la natura del soggetto creditore: l’ord. n. 228 riguarda una causa promossa da una casa di cura, la n. 229 riguarda una causa promossa da un dipendente.
Ha preliminarmente ricordato il Tar che la questione è stata rimessa al giudice delle leggi già dal Tribunale di Napoli (sez. civ. XIV) con ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale del 20 dicembre 2020, 
Ha quindi chiarito il Tar che l’art. 117, comma 4, d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto “Rilancio”), convertito nella convertito dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, come modificato dall’art. 3, comma 8, d.l. 28 dicembre 2020, n. 183, convertito dalla l. 26 febbraio 2021, n. 21, è una delle molteplici disposizioni intervenute a fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria da Covid-19.
Il primo periodo dell’art. 117, comma 4, d.l. n. 34 prevede espressamente che non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, azioni tra cui rientra, per pacifica giurisprudenza, anche l’azione di ottemperanza di cui agli artt. 112 e segg. c.p.a. (v. sul punto Tar Reggio Calabria 31 luglio 2020, n. 480).
La norma in questione rappresenta un’ipotesi di “sospensione” dell’azione di ottemperanza, che comunque preclude o condiziona per un arco di tempo inizialmente limitato alla scadenza del 31 dicembre 2020 l’intervento sostitutivo ad opera del Commissario ad acta.
Chiara la finalità della disposizione in questione resa già palese dal suo tenore letterale: assicurare la concreta operatività dei pagamenti a cura degli enti del Servizio sanitario nazionale per fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria, rendendo sempre disponibili risorse economiche allocate nei bilanci degli enti del Servizio sanitario nazionale, altrimenti destinate al finanziamento di crediti nascenti da sentenze esecutive ed azionate attraverso i rimedi processual-civilistici dell’espropriazione forzata o del giudizio di ottemperanza previsto dall’art. 112 c.p.a..
Il perseguimento di tale risultato, suggerito dalla attuale situazione emergenziale, ma che preclude adesso l’effettività del rimedio sostitutivo dell’azione per ottemperanza fino alla data del 31 dicembre 2021, non appare né ragionevole né proporzionato perché, nel bilanciamento tra i contrapposti interessi, quello del privato di veder soddisfatto il proprio credito pecuniario, già accertato con sentenza o atto equipollente, e quello pubblico di liberare risorse necessarie per lo svolgimento di attività legate alla citata eccezionale emergenza sanitaria, sacrifica il primo nella misura in cui il Legislatore prevede la proroga per continuare a rispondere al bisogno emergenziale senza considerare, a favore del creditore, paralleli meccanismi di tutela per equivalente.


​​​​​​L’art. 117, comma 4, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, si pone, dunque, in contrasto con: a) l’art. 24, commi 1 e 2, Cost., in quanto - per effetto delle proroghe dell’efficacia temporale del divieto di azioni esecutive verso le ASL - il diritto dei creditori di agire in executivis è stato ulteriormente congelato per un tempo molto lungo, solo in apparenza definito e senza il riconoscimento di alcuna utilità compensativa a favore di coloro che pur avrebbero ragione ad essere tutelati in tempi ragionevoli a fronte della perdurante inerzia del debitore inadempiente; b) l’art. 111, comma 2, Cost., poiché genera una disparità tra le parti in causa, ponendo l’amministrazione in una posizione di ingiustificato privilegio, e un oggettivo prolungamento dei tempi di definizione del processo esecutivo e ciò nella considerazione che la ragionevole durata del processo non costituisce solo il limite per le parti, ma è prima di tutto un obiettivo al quale il legislatore deve informare l’esercizio della potestà legislativa; c) l’art. 3 Cost., nella parte in cui, inserendosi in modo temporalmente asimmetrico in un sistema normativo di proroga generalizzata imperniato sul comune presupposto della situazione di emergenza sanitaria in atto, prevede un termine (31 dicembre 2021) sganciato dallo stato di emergenza sanitaria e comunque diverso da quello previsto in situazioni creditorie e debitorie sostanzialmente analoghe ed omogenee o persino in danno di soggetti coinvolti nella gestione della emergenza sanitaria. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, GIUDIZIO di ottemperanza

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri