Alla Corte costituzionale l’esclusione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di vincolo sopravvenuto

Alla Corte costituzionale l’esclusione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di vincolo sopravvenuto


Paesaggio – Tutela – Vincolo sopravvenuto - Sanzioni amministrative pecuniarie – L. reg. Sicilia n. 17 del 1994 - Violazione artt. 9 e 117, comma 2, lett. s), 3 e 97 Cost.. 

 


          E’ rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 9 e 117, comma 2, lett. s), 3 e 97 Cost., la questione legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, l. reg. Sicilia n. 17 del 1994, con specifico riferimento all’ultimo periodo di detta disposizione, che inibisce l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di vincolo sopravvenuto (“il nulla osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell'autore dell'abuso edilizio”) (1). 

 

(1) Analoghe remissione sono state disposte con ord. 16 febbraio 2022, nn. 215-217

Ha ricordato il C.g.a. che nella Regione Siciliana viene, infatti, in evidenza l’art. 5, comma 3, l. reg. Sicilia n. 17 del 1994, recante “norma di interpretazione autentica” dell’art. 23, comma 10, l. reg. Sicilia 10 agosto 1985, n. 37, che nel testo “sopravvissuto” alla sentenza della Corte costituzionale 8.2.2006 n. 39 (che dichiarò costituzionalmente illegittimo l’art. 17, comma 11, l.r. 16.4.2003 n. 4) dispone che “il nulla osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell'autore dell'abuso edilizio”. 

Viene in particolare in evidenza l’ultimo periodo di detta disposizione, che inibisce l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di vincolo sopravvenuto. 

rima di affrontare il tema della costituzionalità di detta disposizione, ritiene utile premettere di ritenere vigente la medesima (sulla scia di CGARS, sezioni riunite, 12.5.2021, n. 149; Id., sezioni riunite, 12.5.2021 n. 147; Id., e sezioni riunite 10.5.2021 n. 354) in una duplice prospettiva. 

Quanto al primo profilo, si rileva che – secondo gli insegnamenti del Giudice delle leggi - il fenomeno della reviviscenza di norme abrogate non opera in via generale ed automatica in quanto esso produce come effetto il ritorno in vigore di disposizioni da tempo soppresse, con conseguenze imprevedibili per lo stesso legislatore e per le autorità chiamate a interpretare e applicare tali norme, con ricadute negative in termini di certezza del diritto, che esprime un principio essenziale per il sistema delle fonti (Corte cost. 24.1.2012 n. 13) ed alla tenuta del sistema giuridico, in quanto espressione delle esigenze di sicura conoscibilità delle norme che compongono l’ordinamento. 

Esso può pertanto essere ammesso in ipotesi tipiche e molto limitate. 

La Corte costituzionale ha ritenuto di poter parlare di reviviscenza nell’ipotesi di annullamento di norma espressamente abrogatrice da parte del giudice costituzionale, che viene individuata come caso a sé (Corte cost. 24.1.2012 n. 13). 

Nel caso di specie l'art. 17 comma 11 l.r. n. 4 del 2003 (“Il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria, solo nel caso in cui il vincolo sia stato posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera abusiva”) ha sostituito l'art. 5 comma 3 l.r. n. 17/1994 (“il nulla osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva”), offrendo, dell’art. 23 l.r. n. 35 del 1987, un’interpretazione opposta. Sicché di fatto ha abrogato l’interpretazione contenuta nell’art. 5 comma 3 l.r. n. 17/1994 nella sua originaria formulazione. 

L’inoperatività della reviviscenza renderebbe priva di effetti la pronuncia di incostituzionalità. Fra le due interpretazioni possibili (il vincolo sopravvenuto comporta comunque la necessità di chiedere il nulla osta paesaggistico in caso di abuso, oppure il vincolo paesaggistico sopravvenuto inibisce il potere dell’autorità paesaggistica), avrebbe continuato ad essere applicata la regola dettata dalla disposizione costituzionalmente illegittima: è la stessa Corte costituzionale a rendere conto, nella sentenza n. 39 del 2006, della concezione opposta e inconciliabile recata dalla due disposizioni di legge che si sono succedute (in particolare la seconda, quella dichiarata costituzionalmente illegittima, avrebbe un “significato addirittura opposto a quello che in precedenza si era già determinato come autentico”). 

Non potendosi ammettere tale evenienza (cioè che la disposizione costituzionalmente illegittima continui a produrre effetti) non può che ritenersi che, dichiarata costituzionalmente illegittima la sostituzione, riviva la norma che è stata sostituita, posto che il meccanismo sostitutivo evidenzia come non sia venuta meno l’esigenza di normare la specifica materia. 

Né depone in senso contrario, nel caso di specie, la circostanza che la norma sostituita e quella che la sostituisce costituiscono, entrambe, disposizioni di interpretazione autentica (così la richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2006), sicché la regola ermeneutica successiva (e costituzionalmente illegittima) ha prescelto il parametro legislativo opposto rispetto a quello precedente, ma non ha fatto venir meno l’esigenza interpretativa. 

E’ pertanto evidente che sia tuttora in vigore la norma contenuta nell’art. 5 comma 3 l.r. n. 17/1994 nella formulazione precedente alla sostituzione operata dall'art. 17 comma 11 l.r. n. 4 del 2003, anche in considerazione del fatto che l’eventuale non conformità a Costituzione di detta disposizione non si riverbera sul meccanismo della reviviscenza, determinando piuttosto l’illegittimità costituzionale di esso (se riportato in vita dalla precedente declaratoria di illegittimità costituzionale). 

Si aggiunge che nell’occasione di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 30 del 2006 non è stato valutato l’ultimo periodo dell’art. 5 comma 3 l.r. n. 17/1994 (“nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell'autore dell'abuso edilizio”) nella formulazione precedente alla sostituzione operata dall'art. 17 comma 11 l.r. n. 4/2003, neppure laddove si afferma (comunque in riferimento a un orientamento giurisprudenziale risalente) che l’interpretazione autentica dell'art. 23 comma 10 della l.r. n. 37/1985, fornita dallo stesso legislatore regionale con l'art. 5 comma 3 l.r. n. 17/1994, ha contribuito al consolidarsi a livello regionale di una interpretazione analoga a quella in uso a livello nazionale rispetto all'art. 32 della legge statale n. 47/1985, specie dopo l'intervento dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 22.7.1999 n. 20.

Sicché si ritiene di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte costituzionale proprio in relazione a quella proposizione, anche in ragione di quel principio di certezza del diritto (funzionale a rendere conoscibile la norma a tutti gli operatori del diritto, anche all’autorità amministrativa e al privato) cui è preordinato l’orientamento della Corte sulla reviviscenza. 

 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

BENI culturali, paesaggistici e ambientali

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri